Le fanfic di X-Files
Recuerda al Morir
Essenzialmente Memento MoriPubblicata il: 08/10/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: PG, da leggere con i genitori
Genere: ANGST, MRS/RSM
Sommario: Essenzialmente Memento Mori
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"… ignorance is kind
there’s no comfort in the truth
pain is all you find."
Careless Whisper - Wham
Sai chi sono?
Sono una bambina buona, perduta nella notte argentata, mentre le stelle si burlano di me.
Scully era cresciuta nella credenza che a tutte le bambine buone le cose andavano bene. All’uscire di casa al mattino, non nega mai un sorriso ovunque vada ed il suo sorriso sembra un’oasi di pace.
"Come può esistere l’alba per una come me?
Resta seduta per quasi un’ora davanti allo specchio, studiando quegli occhi, contemplandoli, avendone compassione. La sorgente cristallina che minaccia di traboccare la intristisce, fa sì che desideri piangere.
Perché no più magra? Perché no più alta? Perché no più carina? Perché no sana? Perché no amata?
Ora ormai lo sa, non ci sono nemici. Solo lei. Il destino che porta molto dentro della sua testa, sotto gli occhi.
La verità è lì, davanti a lei, dentro di lei.
Ed in qualsiasi circostanza è preferibile conoscerla.
Anche se nella verità non c’è sollievo. Anche se la verità porta solo dolori.
Pesantemente si mette in piedi. Va verso la cucina, accompagnata dal rumore della sua vestaglia di seta aperta, e si prepara un bicchiere di latte caldo.
Andando verso la camera da letto la ferma il suono del telefono.
Rimane paralizzata, guardando l’apparecchio, sostenendo la tazza calda tra le mani.
No. Non risponderà.
Sa chi è. E’ meglio che le consuetudini si perdano, è meglio che si abitui.
Il telefono smette di suonare e si accende la segreteria telefonica.
- Scully? Sono io. Stai bene? Immagino che hai preso qualcosa che ti aiuti a riposare e... bene, volevo solo domandarti se vuoi che passi da te per andare al lavoro. Chiamami quando ti svegli, sì?
Ha sentito la fine del messaggio sistemata nuovamente nella trincea della sua camera, di fronte allo specchio.
La sua voce calda, dolce… più del solito, la disarma.
E nuovamente si domanda perché gliel’aveva dovuto dire, quale strana debolezza si era impossessata di lei per essere lui la prima persona a cui si era rivolta.
-E’ lui che lascerai?-mormora e fa di no con il capo.
Perché deve succedere a loro?
***
Nostalgia di ieri
" Non pensai che era amor e lo lasciavo correre
andava legando le mie mani, mi allontanò dall’ieri e il mare
che prima guardavo stando solo oggi non vale niente senza di te
lo so, resta poco, e già devi andar via…"
Non pensai che era amor- Pedro Suárez Vértiz
Mulder la individua appena entra, seduta al bancone. Senza sapere perché gli viene in mente un’immagine simile di quattro anni prima, quando le aveva dato appuntamento in quello stesso posto, per la prima volta, perché voleva parlarle della scomparsa del Colonnello Budahas. Lei allora lo aspettava esaminando degli appunti.
Non è la stessa ora; quella che sta con lo sguardo perso nel fondo del bicchiere.
Si avvicina e mette la testa sulla sua spalla.
- Ciao- sussurra- scusa per il ritardo.
Sì, decisamente le cose sono cambiate. Non scosta più il viso sorpresa. Ora lo riconosce anche a distanza. E’ il suo odore, la raggiunge prima che lui si avvicini. Chiude gli occhi solamente un momento, sentendo il calore del suo viso vicino. Poi lo guarda.
-Perché mi hai dato appuntamento qui?
- Vieni, andiamo ad un tavolo- mormora lui- Ti invito a bere un bicchiere.
Lei inarca un sopracciglio e guarda l’orologio.
- Mulder, sono le due del pomeriggio.
- Non rimproverarmi, Scully- le circonda la vita con un braccio- voglio che parliamo.
Sente che il corpo di lei si tende, ma si lascia guidare. La conduce verso un piccolo tavolo un poco distante e l’aiuta a prendere posto, di fronte a lui.
- E bene? Che è questa cosa di cui non possiamo parlare in ufficio?
Mulder sorride quasi con nostalgia. Questa scena gli risulta familiare. Mette la mano all’interno della giacca e tira fuori un file che mette davanti a lei.
Scully lo guarda con l’espressione di chi sta vivendo un dejà vu. E Mulder sente che non è l’unico che ha inciso a fuoco quei momenti condivisi.
"E allora perché diavolo ci costa tanto abbattere le barriere?"
-Oh no, Mulder- dice lei muovendo la testa negativamente- Non dirmi che è un’altra caccia agli Ufo perché...- la Scully di sempre.
- Guardalo solo, sì?
Apre il file perché… non sa perché. "Suppongo per questo sguardo", pensa. Ed il fatto è che questo sguardo è stato capace di trascinarla, senza prevedere le conseguenze, fino ai limiti della follia.
E’ che lui inchioda il suo sguardo in quello di lei, sul suo viso. Non vuole perdere nessun dettaglio per quando lei si… No, non la penserà in questo modo. Li guarda solamente perché sa che il linguaggio che possiedono solo i suoi occhi lo possono esprimere.
Lei osserva il contenuto e la meraviglia si dipinge sul suo viso. Si sorprende.
Sono fotografie di una vecchia casa, un paio di sedie pigre sotto un ombrellone, una ripresa del tramonto che si riflette nel mare.
Si sente confusa. Le foto sono così quotidiane che le risulta sorprendente e fino ad un certo punto, minaccioso.
- Cosa significa questo?
Vuole dirglielo, che non permetterà che le barrire restino lì fino al momento che non possono fare più niente, che non ritornerà a quel mare se non con lei perché non avrà mai più qualche significato, che non le permetterà un addio.
Ma le parole si rifiutano di uscire. Così che mormora solamente, molto basso, tanto che per un secondo lei dubita d’averlo sentito.
-Verresti con me?
Ma nessuno sa che ogni sorriso è immensamente doloroso. Perché il primo raggio di luce ferisce i suoi occhi che si rifiutano di guardare; perché al guardarsi nello specchio, si domanda con quale diritto albeggia.
Dove va l’amore che tace
Che si porta nell’anima
E va allontanandosi
Dove va l’amore… -
Ricardo Montaner
Esce dalla casa a respirare l’aria pura e fredda della notte stellata. La sabbia umida entra nei sandali mentre la gelida brezza l’avvolge, la fa tremare, come (trema) la sua fede.
" Forse questo è il tempo di lasciarsi andare, di raccogliere le pietre e di piangere"
Ha bisogno di farlo, piangere con tutte le sue forze. Ha perfino la tentazione camminare a ritroso, verso il luogo dove lui la osserva in silenzio.
Veramente non sa come l’ha fatto. Lo ha visto mettere sotto sopra i Files per cercare la scusa perfetta. Il caso ha voluto che ha ottenuto il permesso per tutti e due, lo fa sempre.
Nemmeno sa com’è che stanno qui. Non ricorda d’aver detto di sì. Ricorda che davanti alle coppe che hanno chiesto quel giorno, lei aveva parlato del fatto che non potevano lasciare il lavoro, e che non era necessario che si preoccupasse per lei.
E poi, molto vagamente, mentre strofinava il bordo del bicchiere con il dito indice, senza sollevare la testa per non incontrarsi con gli occhi di lui, aveva sussurrato unicamente "quando?"
Il caso è che stanno qui. Sono arrivati da appena qualche ora e si sono dedicati a mettere in ordine le stanze, a tirar fuori il poco bagaglio che hanno portato, senza scambiarsi una parola.
Ed è che tutto finisce dove comincia, nello stesso laconico silenzio.
Mulder si avvicina silenziosamente e si ferma accanto a lei, molto vicino, ma senza guardarla. Sa che se lo fa, malgrado l’oscurità, lei leggerà questo mosaico di colpe, milioni, minuscole come granelli di sabbia.
Allora sente la mano fredda di lei unirsi alla sua, stringerla. Perché si sta allontanando. Va via e non sa che porta con lei il suo tutto, quello che sente, l’essenza della sua umanità. Vorrebbe seguirla. Ma dove?
Non sa come rassegnarsi. Come in ogni gioco, c’è sempre un perdente e questo deve farsi da parte per continuare.
Già conosce la sensazione, ma non vuole accettarla nuovamente.
Da quando lei era entrata da quella porta, la ruota della sua vita aveva iniziato a girare nuovamente.
Solo che ora è diventata incredibilmente pesante, tanto che forse non arriverà a completare l’ultimo giro.
Domande, mille domande. Silenzi e paure. "Dio, non lo permettere, non allontanarla da me. Non posso gravitare come un’entità senza speranza"
Non vuole sentirsi di nuovo come prima, il residuo della creazione. Ed è per questo, senza sapere cosa sta facendo, eleva una preghiera verso un Dio invisibile ed irraggiungibile, un Dio sordo alle sue suppliche, un Dio in cui non crede, per questo Dio nemmeno crede in lui.
Stanno seduti nella casa, appoggiati al divano ancora coperto dal lenzuolo bianco. "Ho freddo" gli aveva detto al sentire che era assente, soffocando in colpe che non aveva motivo di portare. "Ritorniamo". Non voleva essere la causa di quello, della sua autoflagellazione.
Scully si rende conto che ingerisce il cibo per abitudine, che esiste poco piacere per lei al mondo ultimamente.
Anche se vedere brillare gli occhi di lui per alcuni secondi mentre sorride è un regalo. La televisione è accesa e sta vedendo dei cartoni animati.
Ma non può sentire quello che dicono, può sentire solo una voce, la sua, quella che la disprezza.
Improvvisamente si rende conto che lui non sta guardando la televisione. La guarda, preoccupato.
-Ti senti bene?- domanda.
No. Si sente stanca, troppo. Vorrebbe poter dormire una notte, una notte di molte ore, senza freddo, senza sussulti, senza un domani…
Sente il conflitto. "Io non voglio morire". Ed è la verità. Non vuole morire, perché non vuole fare del male. Avrebbe preferito non esistere, non essere mai esistita… E per un secondo sembra che stia arrivando la bruciante ora dell’oblio, perché improvvisamente ha dimenticato i sentimenti, c’è solo vuoto, c’è solo dolore addormento.
-Sono stanca- gli dice.
E’ una mezza verità.
Perché rifiuta a sé stessa il pronunciare l’altra metà della risposta.
"Io non voglio più continuare"
" Sono due storie diverse
che si mescolano senza pensare
che unendo due romanzi
diventa più lungo il finale"
Due storie - Gianmarco
Aveva cercato di portare alla quotidianità questi due giorni insieme a lei. Un commento su "Credo che abbiamo dimenticato un dettaglio importante Scully, moriremo d’inedia" e un "dammi una possibilità, sì?"
O la notte precedente sulla spiaggia, con un falò acceso, a cercare di arrostire salsicce, e finire per bruciarle.
- Perché mi hai chiesto di venire con te, Mulder?- una domanda con aria distratta.
"Perché non posso farlo con nessun altro" voleva dirle. "Perché solo con te posso mettere in fuga i miei fantasmi"
-Immagino perché sei un’agente dell’FBI assegnata ad un’area di fenomeni paranormali.
- Fin’ora non ho visto nessun demonio a tre teste, un uomo lupo o qualche fantasma.
- Deve essere perché li hai catturati- sorriso malizioso.
- La verità, Mulder…
- Questo posto è pieno di fantasmi della mia infanzia, Scully. Volevo sentire che non ero solo.
"Volevo che sapessi che tu non lo sei"
Non aveva voluto domandare a cosa si riferiva quella notte con quel "sono stanca" perché si era promesso di rispettare il suo spazio, il suo tempo.
Ma, soprattutto, perché intuiva il doloroso sottofondo di quella risposta.
Avrebbe voluto aiutarla, ma lei non gli avrebbe permesso di entrare. Aveva sollevato intorno a sé un invisibile torrione di silenzi e sguardi schivi.
Ed assenze.
Ed ora, fermo sulla soglia della sua stanza, quando poteva vederla dormire, che gli sembrava reale, presente.
"Con quale diritto pretendi d’entrare in questo mondo?"
Con il diritto che gli dava l’am…
Chiuse gli occhi e strinse i pugni. Era questo quello che sentiva? Non era sicuro, non poteva definirlo.
Forse erano le circostanze quelle che lo spingevano a stare insieme a lei, cercando di acchiappare tra le mani tutto il tempo che poteva per offriglielo.
Aveva paura. Come quella piccola donna l’aveva fatto diventare così vulnerabile? Come si era trasformata in qualcosa d’indispensabile per respirare?
"Insostituibile"
E malgrado questo l’avrebbe perduta, presto. A meno che non fosse accaduto un miracolo.
Ma lui non credeva ai miracoli.
L’avrebbe perduta irrimediabilmente.
"Sono stati gli anni" si disse.
E’ che in realtà non poteva dire di essersi invaghito di lei dal primo momento che l’aveva vista. Era troppo romantico per essere applicato a loro.
Anche se in realtà, quando l’aveva vista entrare nell’ufficio quella prima volta, gli era sembrata carina, come l’esca perfetta di un agguato ben calcolato.
E quella notte in Oregon, alla luce della candela, gli sembrò una statua d’avorio.
"Troppo irreale perfino al toccarla"
Forse la sottovalutò.
"Non fidarti di nessuno"
Quando aveva incominciato a dimenticare le sue regole di vita? Quando aveva incominciato a permettere a questa piccola e fragile donna l’accesso al suo mondo solitario e sicuro?
Forse in Alaska, chissà in quel "desidero aver fiducia in te"
I primi raggi dell’alba filtrano attraverso la fessura della tenda.
Lei li aspettava. Aspettava sveglia da quasi due ore, quando aveva sentito il lieve rumore dei suoi passi che si allontanavano per il corridoio.
Sono giorni difficili questi. Giorni di anime perse.
Sa che gli sarà difficile rassegnarsi e sa che è un errore essere venuta in questo posto con lui, un posto che teme e che adora, un posto pieno di speranze vuote, un posto pieno di fantasmi.
E presto lei sarebbe stata uno in più a tormentarlo.
Poteva intuire la sua angoscia, in ogni scherzo, in ogni ironia.
E’ il modo in cui lui piange. Come lei lo fa attraverso il suo silenzio.
Perché si conosce la causa di questo pianto, perché sa che lasciandolo, i suoi giorni trascorreranno di nuovo nello stesso modo in cui si succedevano nell’ieri dei suoi incubi, perché tornerà ad afferrarsi all’idea che la sua strada è tracciata per continuarla in solitudine.
E si rende conto che forse sarà così.
Chiude gli occhi cercando di allontanare il pensiero, cercando Morfeo disperatamente, pregandolo di accettare il suo invito.
Il rumore del mare l’addormenta, la porta in alto. Invece, ogni dettaglio del mondo in cui gravita è coperto della sua assente presenza, i suoi occhi indefinibili si riflettono dovunque.
Deve uscire di lì e lo sa, fuggire, non da lui, ma da sé stessa e da questa incontenibile ansia della sua presenza, da questa sete delle sue carezze tenere e forti in ogni sottile contatto, questa sete della sua voce che l’avvolge e la consuma lentamente come un fuoco che si espande attraverso ogni cellula del suo essere.
E anche così sente che il freddo si avvicina.
Ha bisogno di lui più che mai. Fondersi con lui per portarlo con sé, perché la fine della strada non sia così solitaria e così triste.
Perché lui la porti con sé, perché non la dimentichi.
Deve dirgli addio.
"E’ un errore" si dice sentendosi egoista.
Sa che stare insieme solo rende più lunga la fine.
Non ricorda come né quando, se lo aveva sentito o l’aveva letto o forse l’aveva visto in televisione, nemmeno ricorda l’origine. La verità è che nemmeno ricorda con esattezza le parole. Solo l’essenza.
Al principio l’essere umano era unico, completo, perfetto, quasi tanto come gli stessi dei.
Ma un giorno, non sa perché, i suoi creatori, simboli classici di ogni potere, lo castigarono in un modo crudele.
Lo divisero. Fecero di questa creatura due metà e inviarono ognuna di esse, sanguinante e confusa, attraverso due strade opposte, condannate a vagare per il mondo da sole, condannate a cercarsi sempre, a non trovarsi mai.
E’ una storia triste – gli dice lei mentre il suo sguardo si perde sull’orizzonte colorato d’arancione e d’addio.
Lui l’osservava, seduto sulla sabbia tiepida, di spalle all’oceano per perdersi in un altro che ha lo scintillio moribondo del tramonto. Il vento che gioca con i suoi capelli, la brezza che gli ruba il privilegio di accarezzarle la pelle.
-Sono due- le dice.
-Cosa?- lo guarda sorpreso, come se si fosse appena svegliata da un letargo.
"Si sta rassegnando" pensa con dolore. "Non lo permetterò"
- Hai detto che era una storia triste. Credo che siano due storie tristi.
- Ma alla fine sono due metà di uno stesso tutto, no?
E’ una domanda che non ha bisogno di risposta. Così non la pronuncia. Continua solamente a guardarla. Improvvisamente si lascia trasportare da un impulso, allunga la mano verso la guancia di lei e l’accarezza con la stessa lentezza con cui la notte si avvicina per fondersi con il giorno in un istante supremo, la magica comunione della vita con la morte di uno sguardo azzurro.
"Ma se lei se ne va, la notte non potrà mai più baciare il giorno"
- A quanto sembra, gli dei non lasciano i loro castighi incompleti, Scully- sussurra.
Sta quasi tremando. A Scully sembra incredibile il freddo che fa quando la luna è più bella.
Forse perché la sua bellezza proviene dal suo pallore e dalla sua tristezza.
Rare volte ha avuto il tempo di contemplarla, ed estasiarsi, la magica ora in cui la notte abbraccia il giorno e si fondono; l’incontro perfetto a cui arrivano gli amanti un'unica volta, per poi perdersi.
"Porterò il ricordo con me"
E lì, mentre l’oscurità s’impossessa di tutto, lui aveva detto che i castighi non rimangono mai incompleti.
Era vero.
Ingiusto, ma vero.
"Non abbiamo peccato tanto da meritarlo" pensa. Ma non può dirglielo. Gli prende solo la mano e sospira profondamente, per cercare di controllare il lieve tremore che si sta impadronendo del suo corpo man mano che le calde dita maschili si allontanano dalla sua guancia per scendere lungo il suo collo.
- Hai freddo- sussurra lui-Vuoi che torniamo?
- No.
- Allora andrò a prendere delle coperte- dice mentre si mette in piedi.
Ora poteva sentire il contatto del plaid sulla spalla e il respiro compassato di lui sulla nuca.
- Stai bene così?
- No…
- Vuoi che ne prenda un’altra?
Non risponde. Allunga solo una mano invitandolo a mettersi sotto la coperta, insieme a lei.
Sorride quando lui accetta e si mette dietro il suo corpo, abbracciandola, cullandola, sentendola, desiderandola.
Come lei desiderava lui.
- Mulder?
- Dimmi.
- Qualche volta hai pensato a quanto sia peccaminosa la notte?- sussurra in un vano tentativo di allontanare i suoi pensieri.
- Peccaminosa?- Lo sente sorridere- Non mi era mai venuto in mente di utilizzare questo termine per qualificare la notte.
- Pensaci solamente. Sta lì, abbigliata di segreti e misteri, complice di tutto ciò che è proibito.
- Proibito?- ora ride- E cosa è proibito per una devota cattolica agente dell’FBI?
Lei gira il viso verso di lui, lasciando scorrere lo sguardo tra le sue labbra ed i gli occhi.
E non può evitare un leggero tremito delle labbra al pronunciare la verità.
- Tu...-Ed osserva trasformarsi il volto maschile, mentre può quasi marcare con un dito la nube di tristezza che opacizza il suo sguardo.
- Questo credi? – sussurra lui.
- Non importa- dice mentre permette alle sue mani di disegnare i contorni di quel viso.
- Cosa?
- Niente- sussurra avvicinandosi fino al punto che i loro respiri si confondono- Tranne che è notte.
E sotto la sua protezione tutto risulta tentatore, un fatto nascosto che il sole non conoscerà mai e, così, qualsiasi cosa è possibile; all’alba non ci sarà memoria di ciò che è accaduto, e se sia mai accaduto.
Può continuare a chiudere gli occhi per non vedere la distanza e forse domani, tornando al mondo, potrà continuare con la mascherata di essere capace di calcolare ogni passo che fa, il tempo che le resta, lo sguardo freddo, la serenità nella voce.
Ma questa notte no.
Non può definire il perché, ma questa notte vuole dargli ogni minuscola frazione di quello che è. Non per desiderio, non per sesso.
Sotto il peso del corpo di lui, mentre l’aiuta a togliersi il maglione, mentre avvolge tra le sue braccia il torso nudo maschile, ha la risposta.
Lo fa perché è lui, perché quello è stato sempre. Perché se qualcosa cambiasse, lei non potrebbe riconoscere le mani che ora l’accarezzano per la prima volta sotto la blusa, né le sue labbra, non potrebbe riconoscere i suoi dettagli, la sua debolezza e la sua arroganza. Se non fosse lui, non sarebbero parte del suo mondo il silenzio e le parole, il sussurro che ora arriva fino a lei pulsando di timore e d’agonia mentre dita tremanti cercano di esplorarle il viso.
- Dimmi che stai piangendo, Dana…
No lei non gliel’avrebbe detto e lui sa in anticipo perché.
Intuisce abbondantemente che quella goccia salata che inumidisce le sue labbra non è una lacrima cristallina, ma il preludio di un torrente incontenibile che ora gli arriva alle mani per farlo svegliare da un sogno e metterlo di nuovo faccia a faccia con quella infausta realtà scarlatta.
Preda della disperazione, cerca alla cieca la maglietta per pulirle il viso mentre lei si solleva sui gomiti con sconcertante serenità.
- Rimani distesa per favore.
- Tranquillizzati, si?-sente la sua voce mentre gli toglie dalle mani dolcemente la maglietta- Lo faccio io.
- Ti porterò dentro.
E la prende in braccio, sorprendendosi ancora una volta di quanto sia leggera in realtà.
"Come una lieve speranza"
- Mulder, mio Dio…- lei sorride- è solo una piccola emorragia nasale, non sono invalida.
Lui non ascolta le sue proteste. Può solo sentire l’eco della sua risata nel suo sangue e questo lo fa rabbrividire di trepidazione.
Nel metterla sul letto, quando alla fine può guardarla, sa che quella risata porta attaccata la paura.
- Non muoverti- le dice mentre va a cercare un panno bagnato.
-E ’ già passato….
- Da quando succede questo?
- Dai, Mulder, già lo sai.
- Quanto sono frequenti?
- Succede a volte- lei incomincia a suonare mortificata.
Può solo guardarla mentre la mano invisibile che gli attanaglia la gola gli impedisce di esclamare tutte le maledizioni trattenute, tutta la sua frustrazione e la sua impotenza.
- Ti lascerò riposare- Si gira per andarsene , ma la mano di lei gli trattiene il polso.
- Rimani con me.
Si sdraia accanto a lei, nascondendo la testa nel grembo femminile, solo per evitare che veda come si sta dissolvendo.
Perché gli chiede di rimanerle accanto? Non è lei che se ne va?
La sta stringendo con forza quando sente la mano di lei giocherellare con i suoi capelli e poi scivolargli lungo la guancia il collo, le spalle, per ripercorrere la strada di ritorno alle sue labbra.
Senza pensarci, sale fino al suo viso e la bacia, con ansia, con angoscia. E la percorre con le mani mentre la sente gemere, mentre sente che la sua anatomia cerca di incastrarsi a quella di lui, impaziente.
E anche se non vuole guardarla perché è cosciente che questo lo riporterà alla realtà, sa che deve farlo.
- Dana…
- Shhhhhh…
- Per piacere guardami.
- No…
- Per piacere…
E così incontrando queste due sorgenti azzurre che minacciano di trasbordare, il desiderio di fare l’amore sfuma, lasciando a fior di pelle solo il desiderio per lei, di trattenerla.
- Non possiamo farlo…
- Lo so… non è corretto.
- No, non lo sai. Non ha niente a che vedere con questo- e le accarezza il viso- Se ti permetto che tu ti dia a me ora, in questo modo, starò accettando che mi stai dicendo addio e non l’accetto, capisci?
- Mulder, io…
- Non mi arrenderò e non permetterò che tu lo faccia. Non permetterò che tu perda la fede.
Ora lei piange, in silenzio. E lui l’abbraccia di nuovo, con forza, baciandola sulla fronte, asciugandole le lacrime con le dita, fino a che può sentire che il suo respiro diventa più calmo.
Cerca di coprirla.
- Qualche volta hai trovato qualcosa in cui hai avuto fede?- la sente dire con voce assonnata.
Si affretta a farla rifugiare tra le sue braccia quest’ultima notte, cercando la risposta.
- Senz’altro- le sussurra all’orecchio e lei, muovendo le palpebre sempre più pesantemente, gli regala un sorriso.
"Senz’altro" ripete ora per sé stesso "Qualcosa nei tuoi occhi…"
Fine
Aqp – Perú.
17/05/06