Torniamo a fare quello che ci piace di più, cioè parlare di X-Files.
L’occasione ce la porta, su un piatto d’argento, una nuova intervista di Frank Spotnitz realizzata dalla rivista Hidden Remote. Sebbene il tema principale che viene trattato in questo incontro (potete leggere la versione integrale a questo link) ruoti attorno alla realizzazione di altre due serie televisive curate da uno dei nostri autori preferiti, “Medici” e “Leonardo”, quello che ha attirato la nostra attenzione è un riferimento a X-Files.
In particolare, a Frank vengono chiesti dei chiarimenti riguardo l’arco di storia della serie che vede protagonisti Mulder, Scully e William. Visti gli sviluppi delle ultime due stagioni, la giornalista chiede a Frank se la storia che abbiamo visto raccontata è la stessa ideata tanti anni fa, quando anche lui era coinvolto nella serie.
Questa è la risposta di Frank Spotnitz:
“La storia non era quella che Chris ha raccontato nelle ultime due stagioni. E ne abbiamo parlato insieme.
Penso che quello che ha fatto sia stato molto coraggioso. Non ha dato alle persone quello che volevano, e quella è stata una sua scelta precisa. Non ho mai pensato alla storia originale nel modo in cui lui l’ha sviluppata, e non ho mai pensato neanche a William in quel modo.
Ovviamente, non ero coinvolto. E non è necessariamente quello che avrei fatto se fossi stato coinvolto nelle ultime due stagioni. Capisco il motivo per cui l’ha fatto. Ammiro il suo coraggio e il suo voler ancora sorprendere le persone in uno stadio così avanzato della serie.
Ma capisco ugualmente il motivo per cui molte di loro, molti fan della prima ora fossero… Non era quello che volevano, e non era la storia che speravano di vedere.”
Lo abbiamo detto e ripetuto tante, tantissime, volte in queste pagine, soprattutto a cavallo delle ultime due stagioni della serie, e le parole di Frank Spotnitz non fanno altro che avallare quello che noi qui sosteniamo da sempre.
X-Files non è una serie normale.
Le storie che tanto amiamo sono fatte di colpi di scena inaspettati, di domande sollevate lasciate senza risposta, di argomenti scomodi da trattare, di balzi nel futuro all’apparenza arditi (qualcuno ha detto per caso “pandemia di un virus sconosciuto di cui non si conosce un vaccino”?), di spunti di riflessione su temi importanti che si intrecciano con le avventure che Mulder e Scully si trovano a vivere.
E’ vero, i fan chiedevano da tempo la risoluzione di quella storia, e si aspettavano che finisse in un modo preciso, con un lieto fine che non è mai stato nelle corde di X-Files e che, al massimo, lo ha sfiorato in piccoli e brevi momenti (il finale di Existence, il finale di The Truth, il finale del secondo film).
Sebbene siano momenti simili i più citati, condivisi o retwittati sui social, quei momenti rappresentano una parte della serie che non può – e non deve – prescindere da tutto il resto se vogliamo comprendere appieno la serie. X-Files non è nato nell’era dei social, e non sarà mai un prodotto social.
Penso a molti fan di Guerre Stellari, rimasti delusi per la quantità, a loro dire, esagerata di fanservice presente negli ultimi film realizzati che raccontano dell’universo magicamente creato da George Lucas.
La verità è che in quanto fan, siamo esseri molto difficili da accontentare, e non esiste nessun autore o produttore in grado di far felici tutti.
Ecco perché la scelta di Chris Carter, di scompigliare ancora le carte, di ribaltare tutto dopo più di vent'anni, di raccontarci esattamente l’opposto di quello che - più o meno - inconsciamente tutti ci aspettavamo, era l’unica scelta possibile per rimanere fedeli ed onesti alle radici di X-Files.
Una scelta impopolare e coraggiosa. Così come lo sono sempre stati Mulder e Scully.
Una scelta che impone una riflessione per poter essere compresa veramente.
Perché come diceva sempre Kim Manners: “X-Files non è una serie per stupidi, devi metterti lì e pensare”.
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