Aspettavo questo episodio, “Mulder and Scully meet the were-monster” è il titolo originale, da quando ho saputo che Darin Morgan avrebbe fatto parte di questa nuova stagione di X-Files. Darin Morgan è uno dei miei autori preferiti. Tutte le volte che mi chiedono di citare degli episodi della serie, ci infilo sempre un “qualsiasi cosa abbia scritto Darin Morgan” perché adoro il suo modo di scrivere da sempre.
In questo episodio, X-Files torna a fare una delle tante cose che sapeva, e evidentemente sa ancora, fare alla grande, cioè prendersi in giro, e lo fa con una storia in cui la visione della vita, dolce, amara ed ironica, di Darin Morgan è protagonista. In effetti, se ci pensiamo bene, lo è in tutti gli episodi firmati da questo autore.
Qui siamo di fronte all’uomo Mulder che attraversa una fase piena di dubbi sulla sua vita e sull’opportunità del ritorno al suo lavoro. Forse è ora di crescere e di abbandonare quelle che agli occhi di tutti sembrano solo stupidaggini, ma che per Mulder sono tanto importanti? Questo episodio è un percorso attraverso questo tema e, manco a dirlo, ad istigarlo è proprio Scully.
“Ci hanno assegnato un altro caso, Mulder. E c’è un mostro”.
L’entusiasmo di Mulder è inarrestabile anche in un momento di crisi come questo. Darin Morgan sfrutta questo pretesto per tornare a far splendere magicamente il lato ironico di X-Files (Mulder che corre dietro al mostro cercando di fotografarlo con il suo smartphone è una scena che entra di diritto negli annali della serie) e di Mulder e Scully, che vedono crescere il loro entusiasmo per le indagini su questo tipo di caso man, mano che la storia si evolve. I due si divertono parecchio, e noi con loro.
Se Mulder viene abbagliato dalle nuove tecnologie, e in questo riflette l’atteggiamento della maggioranza delle persone, Scully rimane quella ancorata alle prove tangibili e ci ricorda di non credere a tutto quello che si legge su Internet.
David Duchovny e Gillian Anderson sono fantastici in questo episodio e dimostrano, una volta di più, quanto siano entrambi portati per la commedia. La mimica di entrambi, presa singolarmente, è da incorniciare, ma la vera magia accade negli sguardi, nelle occhiate e nelle battutine tra Mulder e Scully che fanno di questo episodio una vera gemma (cito due scene su tutte, quella in cui Scully esegue l’autopsia di una delle vittime e il confronto notturno in motel tra i due).
Poi, ovviamente c’è il mostro… che in realtà è un mostro che non vuole assolutamente trasformarsi in un uomo. Per evitare che questo accada, il mostro, è pronto anche a sacrificare questa mezza esistenza in cui si è trovato costretto a vivere: uomo di giorno, mostro di notte.
Le riflessioni che ci porta la lunga scena al cimitero tra Mulder e il mostro (magistralmente interpretato da Rhys Darby) sono più d’una.
Chi sono i veri mostri? È nella natura umana cadere nell’errore di fidarsi delle apparenze e in questa occasione è proprio il “mostro” a ricordarcelo.
E poi… davvero l’uomo è fatto per alzarsi la mattina, andare a lavorare, crollare a letto la sera e ricominciare tutto il giorno dopo in un ciclo infinito interrotto solo dalla morte? Davvero è tutto qui? Davvero la vita è senza speranza, fatta di brevi e fugaci momenti di felicità circondati da dolori e perdite devastanti?
Ovviamente no e, a suo modo, Darin Morgan ci insegna che l’unica salvezza possibile per l’uomo, l’unica cosa che davvero conta nella vita, è l’amore. L’amore per un animale, per un’altra persona, o per quello in cui si crede.
Alla fine è questo che Mulder impara dal mostro. Non importa se la società vorrebbe farci credere che quello che stiamo facendo siano solo stupidaggini, se per noi sono importanti allora è giusto che continuiamo a crederci e a portarle avanti senza farci influenzare dal giudizio altrui.
Questo episodio mi ha ricordato molto “Clyde Bruckman’s finale repose”, non solo per l’enorme quantità di riferimenti (Queequeg o l’immortalità di Scully arrivano proprio da lì) ma anche per lo stile in cui è stato scritto e girato. Inutile girarci tanto intorno, è evidente che questo episodio sia stato costruito pensando ai fan storici, a quelli abituati a beccare tutte le citazioni nascoste nelle storie (la lista completa arriverà presto nella nostra guida agli episodi, statene certi) ma voglio qui ricordare la citazione meno nascosta di tutte, quella ampiamente anticipata dalle immagini promozionali: il ricordo a Kim Manners. Quando Mulder arriva al cimitero, ruba un mazzo di fiori, lo depone ai piedi della lapide e appoggia la mano sul nome di Kim… in un batter di ciglia le nostre risate si sono trasformate in commozione.
Perché alla fine, Darin Morgan è questo, ci fa ridere fino alle lacrime, trasforma queste lacrime in commozione profonda, ci fa riflettere e poi torna a prenderci in giro.
Si può discutere o meno sull’opportunità di inserire un episodio del genere in una stagione che ne prevede solo sei (per me, ci sta benissimo), si può parlare della “continuità” della storia che viene qui già lievemente intaccata avendo sovvertito l’ordine degli episodi rispetto a come sono stati girati (l’ufficio di Mulder e Scully è sostanzialmente vuoto, mentre in “Founder’s Mutation” era già pieno di attrezzature nuovissime) … ma un fatto rimane: Darin Morgan è un genio.
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