Le fanfic di X-Files
Sussurri della lancetta dei secondi
Credo che una grande sfida per un autore di ff è scrivere qualcosa che rifletti il dark side della relazione M&S, quello che mai ci azzardiamo a pensare, ma che in fin dei conti stà lì; che ci piaccia o no…Pubblicata il: 25/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: PG, da leggere con i genitori
Genere: ANGST, M/S OTHERS
Sommario: Credo che una grande sfida per un autore di ff è scrivere qualcosa che rifletti il dark side della relazione M&S, quello che mai ci azzardiamo a pensare, ma che in fin dei conti stà lì; che ci piaccia o no…
Note sulla fanfic: …Beeeene…Benvenuti nel mondo reale…Che consiste nel fatto che sono shipper fino al midollo…Il titolo? Un' estate, un ragazzo, una canzone…Se indovinate quale me lo dite…
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"Nei vertici del tempo…
…si annidano i sentimenti…"
Molte volte rimango completamente assorto a guardare le lancette degli orologi…percorrono sentieri sinistri nel tempo e vogliono imitare il tictac del cuore…Sempre armoniose, sempre monotone…Seguendo il ritmo della melodia che è la vita…Come un pezzo di Chopin troppo stanco d'esistere…Dietro ogni scia della lancetta dei secondi resta un momento unico che non si ripeterà di nuovo e molte volte non è stato sfruttato come lui avrebbe voluto…Non è una metafora che il tempo è oro…E' forse più prezioso del metallo giallo e si distrugge senza rimedio nel mercurio del cosmo e dello spazio.
Sempre ossessionato dal tempo…
E' così come vivo e come vivrò sempre perché gli ingranaggi fluiscono nelle mie vene. Mio nonno era un orologiaio…e anche mio padre…Ed io non ho mai giocato con macchine di latta o meccani di metallo…La mia infanzia è stata scritta nelle viti di un vecchio orologio a cucu..
Anton vai a giocare…
In molti pomeriggi, i ragazzi del mio rione venivano a cercarmi nella vecchia officina di mio padre…Io non volevo abbandonare gli angoli bui dell'officina, né il suo odore di olio per ingrassare i macchinari…Potevo passare tutto il pomeriggio a contemplare la calma dubbiosa con cui mio padre guardava ogni millimetrico ingranaggio, non avendo fiducia in lui, temendo che mangiasse qualche secondo e dimenticasse di marcarlo.
Ossessionato dal misurare del tempo…Il tempo si può misurare? O è qualcosa di corruttibile che si lascia corrompere dai sentimenti?... Se lo è, io voglio prevaricare al suo fianco come un capo della mafia siciliana…Voglio sentire quello che non ho mai sentito…Voglio innamorarmi per smettere di vedere i secondi come secondi…
***
Ufficio centrale del FBI, Washington,D.C.
15 marzo 1999 18:55
L'Agente Speciale Dana Scully faceva scorrere il suo sguardo sulle lamine di plastica trasparente che, dal tetto del suo ufficio nel seminterrato, lasciavano passare la luce del sole. Non è che l'appassionasse questa visione, ma c'erano giorni e specialmente periodi in cui stare vicino al suo collega dagli occhi piccoli le faceva perdere la concentrazione.
Il fatto è che ultimamente, vedeva troppi sguardi sfuggenti, troppi rimproveri silenziosi.
Avevano restituito loro gli XFiles, ma niente in quell'ufficio era nemmeno lontanamente la stessa cosa di prima.
L'ultima volta che Mulder e Scully lo avevano condiviso era stato giusto prima che un incendio bruciasse con fiamme arancioni quell'habitat così particolare nel quale loro due avevano visto scorrere milioni di ore e rapporti…Giusto prima che lei volesse andare lontano, a Salt Lake City o in qualsiasi posto del indiavolato mondo per scappare dalla sua onda d'urto. Fox Mulder era energia allo stato puro, il miscuglio perfetto di megatoni e testosterone…
Quel pomeriggio di giugno, in cui Scully si presentòa casa sua con una smorfia di sconfitta e il vestito sgualcito, qualcosa dentro Fox Mulder emerse in superficie. Lui era sempre vissuto con l'amaro timore che la sua compagna era troppo in gamba per lui…Aveva sempre vissuto con angoscia quasi demenziale il fatto che qualche giorno, un dio in cui lui non credeva poteva strapparla da suo fianco…Una cosa è aver vissuto e un'altra molto diversa è che un'estate vedi arrivare la tormenta e la possibilità reale che tutti i tuoi timori ti colpiscano in faccia con un caldo schiaffo.
Immaginava che per questo arrivò quasi a baciarla.
A volte si rimproverava la sensazione che aveva d'averla voluto utilizzare…Altre, vedeva le cose da un'altra prospettiva…Quello che accadde nel corridoio non fu un inganno né qualcosa di premeditato…Furono i suoi occhi…Azzurri enormi, placidi come l'oceano che annuncia una tempesta… Fu una ribellione del suo stesso essere e dei suoi sentimenti. Voleva gridarle con la lingua e senza parlare che non solo lo manteneva onesto, che non voleva che rimanesse solo per gli XFiles…In realtà cercava affannosamente un segno che gli dimostrasse che loro avevano più valore di tutto questo…A volte lo pensava solamente…In giorni grigi di quelli che cambiano colore all'iride…In giorni tristi. Nel tempo restante si vedeva come un disonesto egoista che cerca di trovare il suo punto debole.
Poi gli XFiles non tornarono nelle loro mani. Scivolarono come l'acqua benedetta farebbe un colino. Niente prove, niente XFiles…E Diana Fowley tornò sulla scena senza preavviso, calpestando in modo erculeo il seminterrato dell'Edgar Hoover e quello che è peggio, il filo della fiducia di Mulder e Scully…
Mulder e Scully…Due partiture per l'opera di Vienna nella cassa di un chitarrista dell'ingresso del metro…Due eccellenti agenti che verificavano precedenti…E Diana Fowley che strisciava nel sottosuolo del palazzo…Ci poteva essere un ambiente di lavoro più affascinante?
Fortunatamente, le cose erano cambiate da qualche giorno e gli XFiles erano tornati nelle mani di chi dovevano… O questo era ciò che voleva pensare Scully, non era stata lei che aveva scoperto prima di Mulder questa pila di casi irrisolti. Lei no…Diana sì… Questo fatto pesava sulle sue spalle come la croce su quelle del Cireneo che saliva il Golgota. Forse non pensava solo a questo… Non solo, sentiva una gelosia irrefrenabile verso quella donna per questo; si sentiva meno padrona di Fox Mulder di lei, perché per molto che le costasse, Diana conosceva di lui cose che lei poteva solo delineare con l'immaginazione…Cose come docce condivise o corpi intrecciati nelle lenzuola di un hotel… Mille delizie che Scully sognava ogni notte e che si censurava ogni mattina. C'era un timore ancora più profondo; il fatto che considerava la possibilità che il suo compagno e Diana Fowley stessero dividendo in questo periodo qualcosa di più che idee comuni…
….E l'uccideva…
L'uccideva ogni mattina entrare in ufficio…L'odore di caffè e dentifricio di Mulder…I nodi perfetti della sua cravatta…Non poteva evitare che la mente cavalcasse posti che non voleva e incominciava a domandarsi se Mulder aveva passato da solo la notte….In realtà domandava a se stessa se Diana era stata con lui. Arrivava a sfiorare la paranoia e rimaneva tra loro due come una sega tagliente. Ed evitavano il contatto visivo. E i silenzi tra loro incominciavano a diventare scomodi come se si tagliassero le vene con un coltello affilato ogni volta che lasciavano che si sentissero voci.
Decisamente; sentivano la mancanza dei pomeriggi nell'ufficio di non molto tempo prima, e i sorrisi complici e i caffè fumanti….Qualcosa li stava separando e faceva male.
Credo che già sia abbastanza la tortura silenziosa per oggi; sento che ho già avuto la mia dose extra di incomunicabilità…
Tutto è personale, Mulder….E' personale che tu creda in Diana, personale che tu vada dietro il suo culo di gallina ogni volta che ti offre la "verità" ed è personale che io non sopporti uno stramaledetto minuto in più in questo posto…
Terapia: tè caldo: Bagno di schiuma. E qualche pezzo di Michael Nyman….Spero che questo sia sufficiente per recuperare parte del mio ego… Ultimamente mi amo poco….E credo perché non la smetto di domandarmi che cosa Mulder può vedere in questa arpia da notte di tregenda. E' gelosia, ma preferisco che mi strappino le unghie prima di riconoscerlo.
Chiudo la cartella gialla in cui stanno i dati di uno dei nostri casi…Mulder continua a fare le sue cose…Apro l'archivio e cerco la M per metterlo a posto…Mulder succhia un seme di girasole, ma non si degna di guardarmi…Prendo la mia giacca…Niente….
" Mulder…"
Alza parzialmente lo sguardo… Dirige le sue pupille sotto i miei occhi, rimanendo inespressivo…
" Vado a casa…Ci vediamo domani". Fa cenno di si con la testa allo stesso tempo butta un guscio di seme di girasole nel posacenere. Sai che mi stai uccidendo, Mulder? Sai che mi manchi come mai ho pensato che potessi sentire la mancanza di qualcuno?
Prendo la macchina nel parcheggio e percorro il tragitto fino a Gergetown. Sembra che marzo si sia pentito di lasciar passare il sole. Ora nubi intense color madreperla rivoltano il manto che avvolge la città. E la tentano con la piaggia…Anche se nella mia mente sta piovendo da più tempo di quanto possa sopportare…Mi sento coinvolta in un ciclo senza fine, nell'oroboro che è tatuato nella parte bassa della mia schiena…Forse la tinta è così immersa nella mia pelle come il pesciolino che si morde la coda sta nella mia vita. Sempre girando, sempre arrivando al principio senza raggiungere la fine…Mulder ed io; yin- yang cosmico e confuso…Che a volte si affannano a separarsi…
Mi fermo nella strada F. Parcheggio la macchina in doppia fila. Non è da me, ma oggi ho una vena ribelle e dopo tutto a qualcosa deve pur servire essere un agente del FBI, no? C'è un bel negozio di tè ed infusioni al piano terra di uno dei palazzi della strada…Mi piace vezzeggiarmi con bagni di schiuma profumata e quantità industriali di tè caramellato. Credo che oggi niente sarà abbastanza.
Entro nel negozio e sembra che il mondo cambi e che non sia come sia. Un sonaglio di metallo tintinna ad aprire la porta. Da la sensazione che questo posto sia il piccolo mondo del proprietario. Terribilmente personale….Con un odore cosi gradevole che può farti fare le fusa. Diversi recipienti riempiono gli scaffali. Sui lati, le teiere mute adornano con le loro pance colorate gli armadi. Affascinante, decisamente. Il signor Crigel è dietro al banco e mi saluta chiamandomi per nome. Io gli rispondo e mi avvicino.
Allora lo sento. All'altro lato del negozio. Un uomo di spalle, sta leggendo una delle guide sulla storia delle infusioni che tanto piacciono al signor Crigel. Spalle ampie, un metro e ottanta approssimativamente, capelli chiari…sono abituata ad osservare la gente, fa parte del mio lavoro.
"Cento grammi di Earl grey cream e cinquanta di caramello e tè verde alla vanilla…" Il signor Crigel annuisce con un amabile sorriso.
" Vedo che sa apprezzare i buoni sapori…" mi giro. L'uomo mi ha rivolto la parola e per uno strano motivo, mi sono soffermata, senza volere, sui suoi occhi risplendenti…Color miele. Ma senza dolcezza. Sembrano più aggressivi; quieti, ma lussuriosi…E senza sapere il perché gli sorrido. La maggior parte delle volte quando un bel prepotente cerca di attaccare con me, ho voglia di un'unica cosa scaricargli il caricatore tra le gambe, ma…
" Oh! Mi dispiace, sono stato troppo intromettente, forse…" Torna a sorridere, ma non in modo gentile. E' molto più naturale …Mi tende la mano…"Mi chiamo Anton Henlein". Mi sorprende, ma anche così e dopo essere rimasta letteralmente imbambolata, gli tendo la mano.
"Dana Scully" E voglio sorridere in modo distante, senza riuscirci.
Crigel ci interrompe e non so se gli sono grata o se glielo rimprovero.
" Ecco qui…Sono otto e novantacinque…" Cerco il mio portafoglio e lascio sul bancone un biglietto da dieci. E allora Anton mi prende il polso sinistro. Mi fermo a guardarlo cercando di fare una brutta faccia, ma c'è qualcosa in lui troppo pacifico. Mi è sembrata un'audacia da parte sua. Separo il mio polso dalla sua mano per riflesso.
" Il suo orologio…Si è fermato…" Lo guardo con una domanda silenziosa sul viso…Lui lo nota e cerca di spiegarsi. E' diventato nervoso e sembra che la sicurezza eccessiva di qualche minuto fa sia scomparsa."Ummmm…Sono un orologiaio…E non avrei nessun problema a dargli un'occhiata se vuole…"
Rispondo quasi per inerzia, sentendomi leggermente arrossita senza sapere molto bene perché." E' costantemente così…Ritarda quando ne ha voglia…Sono giorni che penso di comprarne uno nuovo…" Voglio spiegarmi e le parole non mi escono così fluide come l'avrei desiderate.
Crigel lascia il resto sul banco. Gli sorrido, mi da un sacchetto, lascio cinque centesimi di mancia e porto di nuovo tutta la mia attenzione su Anton.
" Non credo che l'orologio si meriti di essere strappato da questo polso senza dargli un'opportunità…Bisogno vezzeggiare gli orologi perché è come se fossero vivi" Mi sfiora leggermente di nuovo il polso con la punta delle dita…"Un'opportunità…" ed è come se non stesse chiedendo un'opportunità solo per l'orologio. E non posso resistere…. Anton mi toglie l'orologio …Mi guarda negli occhi e lo mette con cura nel taschino…Sotto ogni gesto c'è una sensualità sotterranea e un candido fruscio costruito con la punta delle dita. Tira fuori dalla parte interna del suo giubbino un biglietto da visita con l'indirizzo della sua orologeria e lo lascia nella mia mano sinistra. " Passi domani a quest'ora e vedremo quello che si è potuto fare…" Detto questo, esce dal negozio con grandi falcate, lasciando un alone d'aftershave ed enigma.
Vado a casa e mi faccio quel bagno che mi ero ripromessa e non posso smettere di pensare a tutto…A Mulder e alla distanza che c'è tra noi…A Diana…Alla mia vita in generale… Mi domando cosa starà facendo Mulder in questo momento e, da una parte, desidero che interrompa il mio bagno, che il telefono suoni e mi svegli dal letargo che mi sono imposta…
Questa notte sogno Anton…
Il mio subcosciente fa le stragi che desidera fare e capta ciò che più mi ha impressionato del giorno anche se non voglio rendermene conto. Sogno Anton, ma non è un sogno irreale fatto di colori sgargianti come Il Grido di Munch…Non è un orizzonte fasciato di colori rossi che avvolge Anton e me…E' una stanza silenziosa e tranquilla…E sembra quando più reale possa apparire…Come una foto fatta con una qualità invidiabile…un sogno così iperealista che arrivo a sentirlo…Perché Anton mi accarezza e mi fa sorridere…e forse facciamo l'amore…So solo che mi sento molto bene con lui, ma sento la mancanza di qualcuno. Ed è giusto allora quando mi rendo conto che Mulder mi sta guardando dalla porta e vuole quasi piangere… Vedo cose nei suoi occhi che mi annientano poco a poco…Non mi da il tempo di reagire…Il rumore della mia sveglia mi massacra le orecchie e mi sveglio. Sola. Cercando di dare una spiegazione quasi freudiana al mio sogno.
Faccio una lunga doccia. Ho la speranza che mi strappi da dosso le carezze del sogno quando l'acqua mi cade lungo la schiena…Ma soprattutto desidero con tutte le mie forze dimenticare quello sguardo di Mulder e non posso…Perché? Chi è il regista torturatore dei miei sogni? Perché sento che devo una spiegazione di tutto a Mulder anche dei sogni? E' sconvolgente…Stomachevole…E se lui non vuole fare niente per noi, non sarò io quella che supplicherà come una stupida scolaretta…
Faccio colazione con un paio di fette biscottate integrali con marmellata e succo d'arancia. Mi vesto con un tailleur con pantaloni e vado per le strade del distretto di Columbia fino all'Edgar Hoover. Il sogno non la smette di perseguitarmi, come una coperta appiccicosa. Vedo gli occhi di Mulder ad ogni curva, ad ogni semaforo.
Entro nel FBI e schiaccio il pulsante dell'ascensore per scendere nel seminterrato. Le porte si aprono con un ding. E davanti al mio naso compare la donna che più odio a questo mondo.
"Buongiorno, agente Scully" L' alone di falsità che la segue mi fa venir la voglia di romperle le faccia, e forse chissà le farei un favore.
" Buongiorno, agente Fowley" " Calco il tono della voce con un filino d'ironia. Mi sorride, non ricambio, entro nell'ascensore e non smetto d'osservarla mentre si allontana ancheggiando per i corridoi come una prostituta da poco. Sembra che oggi sia un giorno promettente.
Arrivo in ufficio. Mulder ha aperto una sacco di rapporti sul tavolo e a giudicare dall'ombra della barba e dai vestiti di ieri, ha passato la notte in ufficio.
" Hai dieci minuti di ritardo…" Magnifico…Giusto quello di cui avevo bisogno.
" Ah! Buongiorno anche a te, Mulder…" Lo dico con sarcasmo puro e radicato in ogni parola. Non ci fa caso. Ultimamente non discutiamo nemmeno.
" Ho tra le mani una confidenza unica. Una primizia…Ho bisogno che tu vada a Quantico subito per fare l'autopsia al capitano Peter Warhol…credo che il cadavere già sia arrivato dal Nevada…" Esuberanza…occhi che scintillano…E mentre io mi sento come un semplice arnese da cucina per lui.
" Ma, Mulder, dovresti sapere che se è un militare, l'autopsia è di competenza del dipartimento della difesa…E io non posso fare niente…" Un lampo di saggezza mi ha attraversato la mente e mi è uscito direttamente dalla bocca
"Il mio confidente ed io l'abbiamo già risolto…" IL MIO CONFIDENTE ED IO… Mi bolle il sangue e…
…dico qualcosa che non avrei mai dovuto dire…
" Dove? Tra le lenzuola del tuo materasso ad acqua?" E' il peggior errore che potessi commettere…Ho lanciato la bomba in maniera odiosa…Non è proprio da qualcuno come me essere così viscerale. Ho paura della risposta. Anche se avevo bisogno di espellere tutta l'irascibilità che ci sta mangiando in questi ultimi giorni…
Allora mi viene in mente, come un raggio…Lo sguardo del sogno…E poi si diluisce e contrasta con gli occhi che sto vedendo….Perché non rassomigliano a niente, né colpevolezza, né odio, né pena, né rabbia…E mi fa male… Solo un secondo…Solo un rimprovero che non sento…Lo vedo solo…Mantengo le pupille sul Mulder e lui non sopporta la mia forza. E' strano perché accade sempre il contrario…Vigliacco, Mulder…Affannati a negare ciò che è evidente, mentimi, ma non chiudere la bocca…
I peggiori silenzi sono quelli in cui è già stato detto tutto…
Stiamo morendo…Te ne accorgi Mulder?
Oggi non ho nemmeno voglia di morire con te…La mia vita ha bisogno di epinefrina e di una scarica di due mila jaules…
"Me ne vado a Quantico…" Secco ed inespressivo…Tutto detto…E lo lascio così, fermo in un'apparente inespressività, ancora con la testa bassa…
Chiudo la porta dell'ufficio e prometto a me stessa d'essere egoista. Mi costa lasciare la maniglia… Ci separano solo dei metri? Forse è una piccola distanza, ma è contornata da cose custodite in cassetti che da troppo tempo chiedono un'opportunità e semplicemente si sono stancate d'esistere…
L'autopsia del buon capitano non rivela nessun'anomalia e il cadavere finisce nello stesso posto da cui è uscito tre ore prima con l'unica differenza di un'incisione ad Y. Nessuna traccia d'impianti extraterresti o qualcosa di simile. Una cardiopatia e non un attacco di omini verdi è stata la responsabile della sua morte.
Non sono capace di tornare al seminterrato. Faccio colazione in una caffetteria vicino al FBI. Mentre mangio il mio piatto combinato, faccio finta di leggere il giornale… Anche se lo sguardo scappa senza rimedio verso la strada. Persone che vanno, persone che vengono….frenetiche, stanche, felici, piene d'illusioni, tristi…Se io vedessi me stessa mentre passeggio per strada…Che cosa penserei di me?
Salgo in ufficio un'ora dopo. Non c'è luce. Mulder se n'è andato, lasciando il suo odore nella stanza.
Rimango fino alle sette e dieci, aspettando tra impaziente e arrabbiata. E forse colpevole. In fondo so che ha fatto la stessa cosa un milione di volte e che in questo momento può star volando in elicottero sulla penisola Scandinava o sull'Everest.
Anche se esiste un impulso persistente in fondo al mio stomaco, vado verso il parcheggio con la chiara promessa di non marcare il suo numero sul cellulare…
Prima di arrivare al mio posto in garage, la voce beffarda di una donna mi dice che il cellulare del mio compagno è spento… due minuti e tredici secondi sono bastati per fare a pezzi la mia forza di volontà. Affascinante.
Che hai, Mulder? Qual'è la tua componete tossica e devastante?
Guido fino a Gergetown e guardo con dubbio i segnali che indicano Alexandria. Sii più forte, Dana. Allora guardo l'orologio, vedo che non è quello di tutti i giorni e mi rendo conto che devo andare all'orologeria di Anton. Fermo al semaforo e cerco nel taschino del mio cappotto. Un bigliettino di color rosso, indica la strada dove si trova l'officina. Giro la macchina all'incrocio successivo, percorro un paio di isolati e cerco il posto per parcheggiare.
La luce vuole andar via anche se i giorni si accorciano come la vita di tutto ciò che muore. La temperatura è ideale e i fanali delle strade incominciano ad accendersi in tutta la città.
Henlein, & Son. L'insegna dell'orologeria è una tavola dipinta di verde con accuratezza. Le lettere di color vanilla risaltano sotto la luce di un faro non molto grande. L'insegna è agli antipodi di un appariscente iscrizione a neon.
La prima cosa che noto entrando è un silenzio strano che non la smette di suonare…Suona perché è un silenzio fittizio….Sotto si sente il brusio di decine di orologi…Il silenzio bugiardo si mescola con l'insicurezza e un attacco di vigliaccheria fa in modo che mi giri per uscire da dove sono entrata…
La sua voce dall'altro lato del locale, me lo impedisce…
"Le dissi che meritava un'opportunità" Anton sorride con mistero, il mio orologio sta nelle sue mani e con una delicatezza infinita, il suo pollice e il suo indice scivolavano sul di esso per registrare l'ora.
Accenno un sorriso di cortesia e mi avvicino.
"Ma guarda…lei aveva ragione. Quanto le devo?" Tiro fuori il mio portafogli.
"L'orologio vuole restituirmi il favore e come ieri sono intervenuto a suo favore perché non finisse fatto a pezzi, oggi lui chiede un'opportunità per il suo orologiaio…Che cosa le sembra se l'invito a cena?Vivo giusto su questo negozio. Una cena e l'orologio tornerà ad essere suo" Intensità esuberante e uno sguardo così espressivo che fulmina l'inespressività dell'ultimo di Mulder…Un uomo che si rivolge a me con tono insinuante. Troppo strano, troppo lontano nel tempo. Mi sento strana, insicura, stupida, diversa…. La riparazione è troppo cara o troppo tentatrice?
Non diciamo niente. Sembra che gli orologi parlino per noi. Voglio dire di no…ma la curiosità ha la meglio; Anton è magnetico, oscuro come un enigma di una tomba egiziana…E perché negarlo; così attraente che l'aggettivo acquista nuovo significato sulla sua persona.
" Chi tace, acconsente. Immagino che oggi sia il mio giorno fortunato e mi prenderò la libertà di interpretarlo come un "sì"." Sorrido e abbasso lo sguardo allo stesso tempo. Non so che diavolo mi succede. Grido ad ognuno dei miei muscoli di reagire, ma l'ordine è intercettato prima di raggiungere il mio obiettivo. Non mi riconosco. Anton attraversa il negozio. Passa vicino a me lasciando una traccia invisibile del suo odore di dopobarba. Gira il cartellino di "chiuso" che sta sul vetro della porta, indica una scala a chiocciola in fondo all'officina e m'invita a salire con un gesto.
"Il suo orologio è ancora nel mio taschino… Posso darglielo e lei si domanderà ad ogni movimento delle lancette chi è Anton Henlein…O può smettere d'aver paura e salire. Ogni secondo è in mano sua." Lo dice al tempo stesso che mi tende la sua. Da tanto tempo che non ho fiducia in una persona che dopo averci pensato per un tempo che a me sembra eterno, sfioro le mie dita con quelle di lui e queste stringono forte le mie.
La strada a chiocciola finisce e le nostre teste emergono dal buco nel pavimento. Anton va avanti.
" Questo è il salone…"Accende le luci e fissa il suo sguardo sulla mia espressione, cercando un qualsiasi accenno di cambiamento.
Le pareti sono piene di orologi da muro…Che ululano con il loro pendoli, segnando il ritmo della storia…Piangendo. Ridendo. Possedendo il tempo con le loro sfere e i loro dodici numeri….Ripetendosi….Martirizzandosi a non fermarsi mai come lo fanno il battiti…
C'è qualcosa che mi sorprende veramente, qualcosa che non mi aspetto…E finalmente, parlo…
" Nessuno segna l'ora esatta…" E non parlo perché voglio parlare, ma perché il pensiero è troppo alto e armonizza con il subcosciente come un colpo di proiettile armonizza con il silenzio.
"Mi piace averli così perché disegnino momenti con le loro lancette, perché mi ricordino che il tempo non è il tempo, ma quello che vogliamo fare di esso" continuo ad esplorare la stanza, quasi senza battere ciglio. I muri sono dipinti in vermiglio. Una libreria di ciliegio copre una delle pareti di separazione, è piena di libri di grandezze differenti. Di lato a quello che sembra un divano con braccioli, c'è un pianoforte verticale e sopra, un metronomo appare come il compagno ribelle di tutti gli orologi che lo circondano...E' fermo...vicino ad un busto di J.S. Bach. Entrare nella sua casa non ha fatto altro che aumentare in maniera esponenziale il mio interesse per lui.
" Siediti se vuoi, la cena sarà pronta in poco tempo" Si permette di darmi del tu, ma la sua voce è calda, con un tono ruvido che è gradevole all'orecchio: mi permetto sentirlo senza essere vinta dalla colpevolezza....Giusto quando Anton sparisce attraverso la porta della cucina, tiro fuori il cellulare dalla tasca, guardo lo schermo con poca o nessuna speranza e lo spengo senza sapere molto bene il perché.
E' la mia vita, Mulder...E non osare dire che è anche la tua, forse dovrei iniziare a viverla...
Ricordo per un momento tutta la faccenda di Ed Jerse. Quella notte, a Filadelfia, volli dimostrare a me stessa che la mia vita era ancora la mia...Sono le mie ribellioni idiote ed anticonformiste; mi allontano perché ne ho bisogno...Anche se in questo momento non credo di essermi allontanata da Mulder; credo che lui tutto da solo ha costruito questa muraglia cinese tra noi due. Non è che sono irritata...E' la ricerca urgente d'ossigeno. Da tutta una vita ho bisogno di figure autoritarie vicino a me...A volte sento che sparisco e ho bisogno di qualcuno che mi dica che esisto.
" Posso quasi sentire il rumore dei tuoi neuroni..." Anton mi guarda dall'angolo della porta. Si è tolto il pullover e indossa una maglietta nera non troppo larga nè troppo aderente. Abbastanza da disegnare i suoi bicipiti e lasciare il resto del lavoro all'immaginazione. Dopo si gira, entra in cucina e ne esce con un paio di piatti.
" Ti do una mano?"
" Oh, no...Non è necessario..." mette una tovaglia azzurra sul tavolo e poco a poco ordina ogni cosa finchè ottiene un insieme veramente perfetto. Niente da vedere con le mie solite cene davanti alla televisione o con il cibo a domicilio di Mulder nelle serate in cui i rapporti si allungano più del dovuto. E che solo a guardare i suoi gesti e i bicchieri di Bohemia del Signor Henlein, si vede che è una maledetto perfezionista...Come la copia del dottor Lecter senza gli istinti omicidi.
****
Finiscono il resto della cena tra un aneddoto e un altro. Parlano appena del loro lavoro o della routine delle loro vite. Prima i bei ricordi, quelli per i quali gli occhi s'illuminano al ricordarli. In qualche momento della serata, i due trovano se stessi. In qualche momento....In qualche secondo... In un vertice del tempo inserito nel corso temporale della vita
Per quando Anton arriva con il dolce tra le mani, gli occhi di Scully non si sentono più a disagio, non serpeggiano per sfuggire ad un' insinuazione. Si sente sicura di se stessa come non lo faceva da molto tempo, Anton lo vede ogni volta che il suo sguardo scintilla quando sorride... In ogni modo, vede nelle sue pupille una sensazione onnipresente, un pensiero incatenato ad esse...Arriva il momento in cui non ne può più e domanda che cosa ha in testa da quando la sera prima l'aveva conosciuta nel negozio del signor Crigel.
" Questa sera non sei scappata da me... E non lo hai fatto perché in questo modo fuggi da un'altra persona..." Ed è allora che quasi può sentire come Dana Scully si separa da lui con un mantello di cemento armato.
Un fiotto improvviso di coraggio sembra emanare dalla donna che ha di fronte. Il coraggio che si unisce con umidità nei suoi occhi e parole sincere
" Forse scappo per non rimanere ferma e rompermi..." E Anton vuole essere complice della fuga della sua vita. E la guarda più da vicino...
" Non l'ho detto ieri...Ma oltre ad apprezzare i buoni sapori, hai gli occhi più belli che ho mai visto...." Sdolcinato, galante e intrigante allo stesso tempo...Come un tubetto di latte condensato; troppo dolce, ma intossicante tutto sommato.
" Non so se potrai aiutarmi, Anton…Non so chi sono, né quello che voglio…" Il bacio era imminente. Lei lo sapeva. Lei doveva scegliere se scappare o tornare a casa, alla monotonia lacerante e al mare cristallizzato della sua vita.
"Qualcuno di noi lo sa?" Pensò alle sue parole finchè nessun neurone del suo corpo rimase sveglio. Anton prese l'orologio dal suo taschino e lo mise al polso di lei.
Si baciarono come il mare e la sabbia nelle spiagge tristi di settembre. Preludio di un immenso temporale perché finirono nella stanza di Anton molti baci dopo… Inframmezzati da sussurri incontenibili…E gli orologi parvero zittirsi per Anton e i secondi smisero di essere secondi, smisero di essere momenti….Incominciarono ad essere sussurri e bolle di sapone brillanti. In qualche momento…In qualche secondo…In qualche sussurro…
Nei vertici del tempo…
" Ed ogni volta peggio e ogni volta più rotti
E ogni volta più tu…e ogni volta più io…
…Senza traccia di noi….
A volte posso sentirlo perché lascio me stesso sentirlo…Sento che la perdo, che si allontana…Ed io non so se voglio fare qualcosa né perché lascio che si separi da me.
Niente è quello che era e forse io sono il maggior colpevole. Ma a volte, solo a volte, ho bisogno che l'intuire si trasformi in sapere…
Mi mantieni onesto…Ti devo tutto, Scully…Tu a me non devi niente.
Potei vedere nei suoi occhi che per lei io significavo tanto come lei per me…Lo intuii, ma non lo capii perché mi dette la sensazione che esistono due Scully diverse; entrambe sentono, ma solo una di loro si permette di riconoscerlo. Una tace sempre e l'altra sussurra versi con le pupille…Da troppo tempo sento la mancanza di una delle due. E mi prendo tanto disturbo a chiudermi in me stesso che non so più se la rivedrò
Certo vedo Scully ogni mattina, immersa in rapporti noiosi, traendo conclusioni battendo sui tasti del computer…Sento la mancanza di Scully che mi guarda negli occhi…Mi mancano le nostre parole azzurre e verdi, quelle che non sono scritte né si possono scrivere.
Una notte il risentimento fu troppo grande e il rimpianto mi fece finire con una bottiglia di vodka, seduto sul pavimento del mio appartamento, con il capo abbassato….Perchè se ti ho detto tutto quello che volevo dirti sembri averlo dimenticato? Sono andato per te alla fine del mondo, letteralmente…Ci ritornerei un milione di altre volte…Una stupida ape è bastata perché tutto significasse niente?
Mi sentivo solo e disperato. Mentre il mio angelo terrestre si rifugiava nella scienza e aveva paura di credere, io bevevo nell'oscurità del mio piccolo appartamento…Non è solo paura di credere…Non solo ti rifuggi nella scienza…
Hai paura di noi due…
Se credi solo nella scienza la prenderò come un'offesa personale.
Dopo tutto, può darsi che hai ragione: tutto è personale.
Fu un impulso e per la prima volta dopo molto tempo, mi sentii enormemente addolorato con lei. Volli smettere di averne bisogno.
Feci il numero in maniera quasi automatica. Mi odiai per farlo, ma questo non m'impedì di smettere d'averne bisogno…
Diana arrivò venti minuti più tardi. C'era alcool nelle mie arterie, ma non abbastanza per non sapere quello che stavo facendo.
Lei mi crede, Scully…Lei mi lascia toccarla…
Andai a letto con lei quella notte, giusto dopo tre giorni che ci avevano restituito gli XFiles. Non fu per ricordare vecchi tempi, né per riempire un vuoto chiamato Scully che è impossibile da colmare…Ebbi bisogno che le sfumature smettessero di esistere e che le carezze cominciassero ad essere più profonde e no ieratiche ed eteree. No volevo scrivere un requiem mistico con ogni bacio, volevo una dedica da porta di toilette.
La colpa non è solo mia…Non sono io quello che si fa a pezzi nella negazione per segnare la strada che ci separa…
Questa notte è simmetrica e gemella…Io bevo vodka con la gola secca e il cuore ammaccato. Continuo ad aver bisogno di te, amandoti, disegnandoti nell'oscurità del mio appartamento…Non voglio ore morte avviluppato al corpo di qualcuno che non è niente per me… Voglio solamente che tu mi guardi come nel corridoio.
Nè ho abbastanza di tutto questo schifo….Prendo il telefono…Questa volta non commetterò lo stesso errore…Schiaccio l'uno perché il numero che è memorizzato si converta con lettere nere nel numero di Scully…Spento…Faccio il numero di casa sua; l'impersonalità della segreteria telefonica mi massacra con la sua voce…
" Se sei lì, prendi il telefono, per favore…" le mie parole suonano come una supplica patetica.
Il silenzio non mi aiuta, mi mangia troppo, come gli avvoltoi hanno strage nelle viscere di Prometeo. Mi alzo da terra, disposto ad andarla a cercare a Georgetown.
Può darsi che moriamo, ma non sarà perché io non provi il contrario.
Mi metto la giacca ed esco come un'anima profuga dall'appartamento.
Lei non è in casa…M'impedisco di pensare…Non m'importa dove sta. L'unica cosa che so è che è notte e continuo ad essere solo nella città.
Alle tre del mattino arrivo ad Alexandria. Diana è al numero 42, nelle ombre spesse del salotto. Non dico niente. Si alza e si avvicina. La scosto da me...Mi giro.
"Diana, veramente…credo che sia meglio che tu vada via…" Tutto è ancora al buio, semplicemente illuminato dall'azzurro del mio acquario.
" Fino a quando continuerai a pensare a qualcuno che non si lascia raggiungere?" So perfettamente a chi si riferisce." Sai? Deve amarti molto poco per lasciare che tu stia così per lei…Invece, io sì che sto al tuo fianco, sopportando i tuoi baci che non sanno di niente…" Voglio troncare la sua voce, che vada via, che mi dimentichi…"Fox, io sì che credo in te.."
Apro la porta all'ingiustizia perché è notte a Washington e Scully ed io non la smettiamo di farci del male in un circolo vizioso che è come l'eroina per un tossicomane. E sì, perdo la mia lingua nella bocca di una donna che non è quella che amo e muoio un poco e mi deterioro come l'acido mangia la pelle. Forse qualche volta piango con l'anima…Non smetto di sentire la sua mancanza…Sono avviluppato a Diana e tutto quello che mi viene in mente sono i suoi sguardi taglienti…
Non è solo colpa mia…
****
Passò molto tempo prima che mi rendessi conto che la musica non faceva parte del mio sogno…era una melodia dolce, ma con un tocco malinconico ed infantile…Suonava di pomeriggi sulla spiaggia, di ricordi in bianco e nero…Di rimpianto, tutto sommato…era un pezzo, perfettamente ritmato e bello. Ogni nota sembrava una lacrima…
Anton non stava nella stanza. Il mio orologio stava sul comodino, la melodia continuava a volteggiare nel mattino del sabato. Non sapevo come sentirmi rispetto a quello che era accaduto la notte precedente. In questo momento mi sarebbe piaciuto sparire e sfumare, ma la musica continuava a cullare l'aria come lo fa una sera pigra…
Cercai i miei vestiti a terra. Ogni indumento che raccoglievo, arrossivo un poco. Questi slanci d'impulsività non erano propri di me.
All'altro lato della finestra, il cielo mattutino si vedeva grigio, poco allegro. La stanza di Anton si trovava nella mansarda, così che scesi le scale con cautela fino al salotto.
Lì, bagnato nel chiarore vespertino, Anton Henlein accarezzava i tasti del suo piano. Con gli occhi chiusi, racchiuso in un castello di cristallo, come un bambino che non fu mai e che mai smise di essere. Sentiva ogni nota, muoveva le dita con maestria sorprendente come se lo strumento e lui fossero una cosa sola. Le sue mani trasmettevano quello che sentivano, come avevano fatto la notte precedente con me.
La mano sinistra sempre monotona, chiusa nella chiave di fa mentre la destra tracciava il calore della partitura. Le note del rimpianto…
Rimasi lì in mezzo al salone, domandandomi cosa sentisse realmente. Musica di caramello…Di lacrime in autunno…Di bambini che dicono addio ad un pesce dorato…Chi diavolo poteva portare tanta malinconia dentro? Chi era Antion?
Il pezzo terminò dolcemente...Anton respirò profondamente...Aprì gli occhi...
" Compitine d'un autre été: l'après midi...Da anni che non ero capace di suonarla senza sbagliare nel cambio di ritmo…perdevo sempre il tempo…" Gli scintillavano gli occhi ed io sorrisi, ma il sorriso non fu sincero…
"Nyman e Tiersen sono i miei attuali compositori preferiti..." Mi scrutò dall'altro lato della stanza, con i suoi occhi felini ed accesi.
" Fino a stanotte avevo avuto solo due passioni: gli orologi ed il piano...Con il piano, fai del tempo quello che vuoi, lo domini, lo annulli con ritmi e note musicali. E' come se per un momento il tempo si fosse arreso a te…E' una battaglia campale…E' la stessa cosa che mi succede con te…Il tempo smette di essere qualcosa che mi disfa…" una pausa, un' intensificarsi delle sue pupille…" So che ti penti di quello che è accaduto stanotte". Mi spaventai, ma contemporaneamente sentii un sollievo enorme. Ci sono volte che costa dire le cose che non arriviamo a dire e questo fa più male…Sembravo un libro aperto per Anton e questo mi faceva paura e mi dava sicurezza allo stesso tempo.
" Non mi pento...Semplicemente ho bisogno di pensarci...Lontano da qui" Non sapevo se stavo mentendo, non sapevo perchè volevo andarmene...E la cosa peggiore di tutti, non sapevo perchè volevo rimanere.
" Starò qui ad aspettarti..."
Si girò verso il piano e riprese a suonare, questa volta la melodia era più tranquilla, ma andava aumentando d'intensità mentre scendevo la scala a chiocciola…me ne andai senza dire nient'altro. Avevo voglia di piangere senza sapere il perché. Sentivo che abbandonavo un bambino che viveva tra biglie e soldatini di piombo…Lo abbandonavo e tornava a rimanere solo nel suo castello senza finestre.
Marzo allattò tutti con la sua pioggia. Coprì i parchi della capitale della nazione con un alone di malinconia fatta gocce. La città diventò più triste se possibile.
Quel sabato passò in maniera strana. Come se il filo del telefono fosse per loro tutto e niente allo stesso tempo.
" Se sei lì, prendi il telefono, per favore..."
Dana Scully era dipendente da questa frase; l'aveva sentita due miliardi di volte senza sapere come interpretarla...due miliardi di volte d'accenni per prendere il telefono e chiamarlo...due miliardi di forme diverse di colpevolezza, d'insicurezza, di sentimenti infondati di tradimento…
Scully stava nel suo appartamento; pensando...Guardando dalla finestra, sentendo nella sua mente il pezzo che Anton aveva suonato al piano...Si domandava perchè la sua vita era così strana. Senza volere e senza sapere come, si vide immersa in un album di foto immaginario; nei suoi giorni alla base di Miramar, negli sguardi di suo padre al salpare della nave…Nei ricordi confusi…nei pomeriggi a cacciare lucertole con i suoi fratelli…Nelle mattine di domenica facendo torte di mele con sua madre e Melissa…Nell'elettricità di Mulder, in come sentiva la sua mancanza…il suo sfiorarla, i suoi sguardi…Questo era sentire…Ma le dava la sensazione che non esisteva più. E chiedeva gli occhi. E tentava di far riempire tutto ad Anton, ma non poteva.
Non puoi innamorarti di qualcuno quando già lo sei di un'altra persona.
Tictactictac..L'oralogio del salotto marcava i momenti...Dipanava il tempo finchè i secondi diventavano sussurri e le ore morivano.
A Scully sarebbe piaciuto poter smettere di sentirne la mancanza, ma per quanto lo tentava non ricavava niente. Voleva solo scappare dal tempo per smettere di sentire quel nodo allo stomaco. Scappare da qualcosa da cui non si può scappare…Da qualcosa che ci condanna…
Perchè ci facciamo tanto male, Muder?
Pensava ...
Perchè non posso smettere d'amarti?
Sentiva...
Passo la notte intera tra le coperte del suo letto, volendo sparire, avendo così la speranza di smettere di sentire. Voleva dimenticarlo perché al vedere i suoi occhi vuoti smettesse di dolerle l'anima.
Volle uscire dalla spirale impossibile della sua vita e disfare l'ouroboro...che smettesse di mordersi la coda.
La pioggia continuava mangiare con acqua e nuvole grigie il profilo della città. Dana Scully era stanca di sentirsi catturata, di non tenere le redini della sua vita, di credere che si stava bruciando da sola… Forse furono questi i motivi che la portarono a bussare il campanello della casa di Anton il mattino seguente. Lui aprì la porta con il viso della speranza e uno sguardo che attraversava i sensi…
...E lei volle dargli un'opportunità per cancellare dalle sue note tutta la tristezza di infanzia appassita…
Aiutami a non scappare da te...Insegnami a dimenticarlo...Lascia che la tua malinconia sfumi con al mia...Voglio lasciare che tu mi ami, Anton...Voglio darti quello che mi piacerebbe che mi desse lui...
Gelosie per fidanzante del passato che tornano, lacrime silenziose in seminterrati scuri, sguardi indiavolati, frasi taglienti…Volle riciclare tutto in un bacio…
Non è solo un'opportunità per te, Anton...E'un'opportunità per la mia vita.
Quella domenica mattina volle strapparmi per sempre dal mio mondo di carta pesta. Il campanello suonò a mezzogiorno…scesi le scale a due a due e aprii il mio negozio di orologi.
Credo che tutte le lancette si fermarono all'unisono perchè gli occhi di Dana Scully rubarono tutti i sussurri.
" Voglio tentare. Anton..."
Mi disse...
...Ed io le risposi con un bacio che non potei trattenere.
A partire da lì, il mio unico fine al mondo è stato amarla...Aiutarla a sentire meno paura...A coccolare la lancetta dei secondi della mia aura cronometrica..
Nel momento in cui lei incrociò i suoi occhi con i miei in una domenica piovosa di marzo, promisi a me stesso che mi sarei afferrato all'opportunità di innamorarla come le remore fanno con lo scafo delle navi.
Per la prima volta in vita mia ebbi la sensazione che qualcuno mi lanciava una corda per uscire dal castello del tempo...
Solo un mattino di una qualsiasi domenica...Per me comportò il suicidio delle ore, dei minuti, dei secondi…Il tempo morì e si dimenticò di resuscitare…Pioveva a Georgetawn ed io continuavo a baciarla…Trasformando il tempo in qualcosa più di un'ossessione insipida e monotona…Ammazzando le ore…
Trasformandole in lei...
Ed appresi a togliere al tempo i secondi"
Le notti cambiarono…Gli sguardi di Mulder nell'ufficio si fecero metallici, orribili come una lamina di una falciatrice arrugginita. Mi dava la sensazione che non ero mai stata vicino a lui…E' il brutto della lontananza; cerchi di ricordare quello che è avere vicino una persona, ma non ci riesci, è come se tutte le sensazioni e gli odori che un giorno furono legati a lei fossero spariti in un oceano d'amnesia.
Immagino che non mi lasciai sentire che mi mancava…Mi permisi solo di credere che l'avevo superato e che un uomo chiamato Mulder un giorno era sparito dietro una crisalide di cinismo, megalomania e notti con ex fidanzate ospitate in pelle di agnellino innocente.
Misi i sentimenti da parte e detti ruota libera alle sensazioni…
Alle passeggiate per il Lincoln Memorial, ai baci eterni in stanze al buio…Ai sorrisi di Anton tra un pezzo e l'altro al piano…E giorni di pioggia sotto ombrelli condivisi…Volli risuscitare un poco…Lasciai che Anton dipingesse tutti i miei giorni in bianco e nero…
Il primo giorno che vidi Mulder dopo aver passato la notte con Anton, sentii la sensazione che la colpevolezza mi avrebbe fatto piccola perché lui mi potesse calpestare. Diventai una formica, stetti sotto le sue scarpe alcuni attimi, ma lui sembro non avere intenzione di rimproverarmi nemmeno la telefonata a cui non ho mai risposto…sembrò non notare niente; i suoi movimenti rivelavano un'inquietudine speciale, ma non abbastanza diversa da quella dei giorni precedenti…Continuammo a morire poco a poco, immagino… E i silenzi si seppellirono gli uni sugli altri in una fossa comune gigantesca.
In più di un'occasione dovetti sopportare le visite odiose di Diana nel seminterrato...Sempre nel più rigido contesto professionale di buona samaritana che offre un caso sorprendente...Fox...Vomitevole…Io continuavo sempre a guardare rapporti o comporre righi al computer…Se dicessi che un giorno non arrivò a produrmi nausea il suo modo di guardarlo, mentirei…Potevo credere che avevo smesso di sentirne la mancanza, ma non potevo far lo stesso con la gelosia verso l'arpia-fox.credo-in-te…Ci sono mezze verità a cui si può credere, ma non ci sono bugie sincere.
Non riuscii mai a sapere se lui sapeva qualcosa di Anton fino ad un pomeriggio in cui ci vide prendere un cappuccino nella caffetteria dell'Hoover. Guardò all'altro lato del locale. Attraversò la moltitudine con le sue iridi verdi. Non sorrise, fissò solo i suoi occhi su di me e mi congelò il sangue e l'anima con lo sguardo. La sottigliezza è sempre stata un'arte tra noi due.
Ogni volta passavo più tempo con Anton...L'affetto aumentava, mi mancava quando dormivamo separati e divideva le colazioni del sabato con mia madre e con me. In due mesi, Anton Henlein si era trasformato in tutto quello che ho sempre pensato che volevo in un uomo….Salvo un piccolo dettaglio; non era Mulder. Paradossi indemoniati dell'amore…Il mio compagno di lavoro poteva ottenere con un semplice sfiorarmi quello che ad Anton costava rose e discorsi. Comunque mi lasciavo andare a volergli bene…Ma avevo la sensazione che amare una persona come Anton non era difficile, era qualcosa che ti chiedeva ogni cellula del tuo corpo; tutti erano capaci d'innamorarsi di un ragazzo amante della musica e follemente attraente…Il merito stava nel cercare un diamante grezzo e tagliarlo, nello scavare in un bambino ribelle dedito ai semi di girasole e al cinema porno…la disgrazia stava nell'amarlo al di là di tutto; dei silenzi, della lontananza…
Sottili cambi...Come lo sguardo perso che s'incrociava alcune volte con il suo viso mentre faceva scivolare la penna sulle labbra…O il modo in cui la sua caviglia si muoveva ipnoticamente, dondolando e oscillando…Sfogo di nervosismo…Caviglia di Scully…Una parte della sua pelle che mi era vietata, come tutto il resto…
Era sconvolgente sapere un signor nessuno stava uscendo con qualcuno come Dana Scully…Quel tale Anton sembrava uno stronzo integrale a cui non spaccavo la faccia semplicemente per il presupposto che la vita della mia compagna non era un affare mio.
Infondo, sapevo che era meglio così, lei aveva bisogno di questa evoluzione, di questo tipo di distanza…Che aveva bisogno che qualcuno nella sua vita potesse darle tutto ciò che io le negavo. Chi poteva competere con un orologiaio da niente? Sapevo tutto su di lui; Frohike ed i ragazzi avevano avuto moltissima cura di frugare nella vita di quel tale Anton: Nato in Svizzera, nel 1962, figlio unico, seguace di una saga di orologiai che risaliva alXVIII…I suoi genitori emigrarono negli Stati Uniti quando lui aveva due anni….Scapolo, senza nessuna relazione duratura…Nessun precedente che sporcasse la sua documentazione…Un ragazzo Boy-Scout patetico degno della pulita Dottoressa Scully che per il colmo di tutti i mali la invitata a cappuccini negli intervalli e la veniva a cercare di tanto in tanto all'Edgar Hoover.
Lo promettevo a me stesso ogni volta che accadeva; ogni volta che mi svegliavo accanto a Diana…Curiosamente sognavo sempre Scully e nel sogno esistevamo solo lei ed io e ci perdonavamo tutto. Poi suonava la sveglia e mi odiavo perché dovevo aprire gli occhi.
Ogni volta che lei mi chiedeva di Scully, finivamo p0er discutere, io volevo sempre allontanarmi da Diana, ma per qualche strano motivo non lo facevo.
Molte notti, quando l'insonnia cronica s'aggrappava a tutti i miei muscoli, prendevo il telefono per chiamarla come facevo prima; ogni volta che lo facevo, giusto prima di marcare l'ultimo numero, l'immagine profusa di Mister Perfetto e lei nudi nel suo letto mi faceva mollare il telefono come se fosse un focolaio di peste bubbonica…
I fine settimana erano la cosa peggiore; arrivavo sempre alla domenica notte con la barba di tre giorni ed i vestiti del venerdì. Se normalmente i miei sabati a Washington erano come una bomba H di ricordi e colpevolezza, in questi momenti erano qualcosa di insopportabile. Cadenzato, decadente, straripante…
Sei poco per lei, sai che ha diritto ad essere felice...
La mia coscienza me lo ripeteva per convincersi che era meglio così
Il vero problema arrivò il giorno in cui fui informato della mia definitiva morte; American Airlines: volo 926, destinazione Vienna…Biglietto di andata per Anton Henlein e Dana Scully…Frohike me lo annunciò quando andai a cercare il numero di maggio del "Lone Gunman"
Uscii dal bunker senza nemmeno pensare di non andare a vederla. Una cosa era sentirla lontana e un'altra molto diversa è AVERLA lontana. Non dico che non mi costava presentarmi a casa sua… Né ho dimenticato lo sguardo strano all'altro lato della porta quando suonai il campanello. Mi lasciò entrare perché le domandai se potevo farlo. Sembrava che stesse sola, aveva un pigiama a righe di raso color indaco che potenziava la freddezza mal contenuta dei suoi occhi.
Mi sarebbe piaciuto mangiarmi le parole con un bacio. In quel momento, sulla soglia, senza dire niente. Il rispetto mi frenò, la distanza emozionale mi inchiodò i piedi per terra.
" Cosa vuoi , Mulder?" Un tentativo così terribilmente cortese che mi fece ridere. E' da molto tempo che non vogliamo essere gli stessi, bella, ma questo non significa che ci siamo riusciti…
" Voglio parlare con te" E riconosco che non sapevo da dove stavo tirando fuori la fermezza e doveva essere stata molta perché lei fu la prima ad abbassare gli occhi.
" Credi che ci sia qualcosa di cui parlare?" E se fosse stata un'altra situazione o un'altra persona, avrei preso l'uscita senza pensarci su due volte…ma continuava ad essere Scully e i suoi occhi leggendari quelli che me l'avevano domandato.
" Credo si sì...Voglio crederlo..." Volli buttar la frase nell'ambiente, polverizzarla nell'aria perché giungesse ai suoi polmoni… Voglio credere… Una frase mitica che aveva coronato moltissimi momenti per tutti e due… Tra noi…
"Tu vuoi solo credere in quello che t'interessa credere... E molte volte sono stata all'altro lato della linea…" Una forza rinnovata aveva posseduto le sue parole e sputava le lettere con abbondanza di rimproveri. " E per questo è meglio che tu vada…" Si chiuse in se stessa…non poteva scappare, ma poteva obbligarmi a sparire. Ordine rifiutato.
"perché non hai mai voluto rendertene conto?" La guardai senza rancore, senza colpevolezza, senza dolore…E sorrisi leggermente come quando sentivo la sua voce all'altro lato della linea telefonica nelle notti insonni. Non rispose, ma i suoi occhi enormi e curiosi parlarono senza suoni." Non m'importa che tu mi mantenga onesto o che ti devo tutto…L'unica cosa che so che nessuno al mondo mi ha importato tanto come te e che sono stufo di non dirtelo e di sentire la tua mancanza…"
E dopo mesi d'in comunicabilità, le trincee che circondavano il cuore di Dana Scully, si sgretolarono come un castello di sabbia nelle onde. E potei vedere il tremito delle sue labbra e i suoi occhi vagabondando nelle lacrime trattenute e il suo sguardo fisso in punto indefinito e protetto dai miei occhi. Sentii la sensazione che aveva bisogno di un abbraccio…Volli crederlo perché che lei aveva bisogno di me era l'unico motivo per cui io respiravo in quel momento.
" Anch'io ho sentito la tua mancanza..." La sette parole furono magia sincera, una rivelazione mistica nel linguaggio di Scully"…E non si sente la mancanza di qualcuno che non si ama…" La vidi così abbandonata e così perduta che non ho la certezza reale del momento in cui smisi di avere le mie braccia vuote di lei. Solo allora capii che ero stato morto.
E volli risuscitare completamente e solo le sue labbra erano la comunione perfetta; solo esse potevano battezzarmi con saliva benedetta e farmi rinascere...Così la baciai e mi restituì il bacio. Volli annullarmi, gridare, mettere da parte la mia vita…Tornare a morire se risuscitare era questo. Scully mi stava baciando…Sì, me…
" Per favore, non andartene...." le sussurrai tra le labbra…E si separò rapidamente, come se la mia voce avesse rotto uno strano sortilegio da racconto di fate.
" Non andartene con Anton..." Aggrottò le sopracciglia e mi scrutò con uno sguardo in modo cosi penetrante che la radioattività accendeva nell'aria.
" Non andartene in Austria con lui..." Mi resi conto che lei non sapeva assolutamente niente.
Errore. Madornale. Titanico. Gigantesco. Smisurato.
E i suoi occhi feriti. Come mai prima…Lei aveva incastrato i pezzi…
" Mai nessuno mi ha utilizzato come hai fatto tu oggi...Il mio punto debole sei tu e lo sai e lo utilizzi perché io stia sempre accanto a te...Fai lo stesso ogni volta che pensi che posso andarmene e lasciare te e i tuoi XFiles". Il silenzio tornò a mangiarci. " Voglio che te ne vada da qui". La sincerità esplose da dentro di lei come mai prima nella nostra vita…Sincerità fatta pugnali e dolore…fatta proiettili di piombo.
Avrei potuto dirle molte cose. Ma in quel momento seppi solo andar via. La guardai negli occhi prima di chiudere la porta dietro di me, sembravano ansiosi di perdermi di vista fosse solamente per svuotarsi di lacrime.
Forse l'avevo perduta...Completamente....Per sempre...
Chiuse la porta...Prima mi guardò, in un modo cosi sommamente speciale che non posso descriverla...Disse tante cose con quello sguardo, tanti rimproveri, tante verità, tanti ti amo...Disse tanto che tutto era niente e mentre il tocco delle sue labbra continuava a rifugiarsi sulle mie. Il bacio era terminato, ma continuava a palpitare tra tutti e due, nell'aria…Finchè chiuse la porta.
Credo che passai tutta la notte piangendo senza volere. Sola. Meditando tra scatti di quello che io credevo odio verso di lui e flaches lampeggianti di un bacio delle sue labbra…
Non andartene...
Anton. Le labbra di Mulder. Austria.
Nessuno a questo mondo mi ha importato tanto come te...
Il tempo fatto sussurri. Pezzi al piano. Ore morte. Diana.
Ho bisogno di allontanarmi da te...Ora lo so come non l'ho mai saputo...
E la sua lingua. Le sue mani. La sua passione...Le lacrime di lui che vidi alcune volte...
Non voglio vederti più...Voglio iniziare a sentire la tua mancanza ora con la speranza che smetterlo di farlo un giorno...
Un ospedale ad Allentown, una notte senza speranze...Un angelo vestito di nero che mi riscatta per poi farmi piangere..Tictac...Un sussurro...
Pensieri, parole sconnesse...Sentimenti indescrivibili, inenarrabili...pennellate impressioniste che mi cullarono tutta la notte…frasi fatte di un macello grammaticale…Come la notte stellata di Van Gogh applicata all'espressività e al cuore…Si sente, si percepisce, non si vede, non si descrive…
Cinque minuti prima che la sveglia suonasse, qualcuno fece scivolare la sua chiave nella serratura della porta della mia casa.
Il color rosso dei biglietti dell'aereo stava sul tavolo della cucina. Ad Anton erano venite meno le parole in molte delle situazioni più trascendentali della sua vita. Per questo aveva lasciato i biglietti in vista, per risparmiarsi spiegazione e balbettii.
Tre giorni prima gli avevano offerto un'opportunità tremendamente promettente per la sua carriera; Innsbruck, Austria, sei mesi per restaurare l'orologio della cattedrale; una nuova esperienza per lui, il sogno di tutti i maestri orologiai...Una prova per lei.
Anton sapeva che l'Agente speciale Fox Mulder non smetteva di girare nella testa di Dana. A volte, quando stava con lei, notava come si perdeva il suo sguardo. Avevano parlato di lui in più di un'occasione, nelle sere tra note di jazz e tè di Cylon. Molte volte avevano conversazioni che sfioravano il misticismo, insieme avevano cercato di risolvere i grandi enigmi della vita…Parlavano anche della loro infanzia, di anni di adolescenza confusa…di cosa era stata la vita fino a quel giorno che entrambi si incontrarono in un negozio di infusi.
A volte mi piacerebbe andare lontano, dimenticare d'averlo conosciuto...Avere un'altra vita...
Una volta lei aveva detto questo, quasi con le lacrime sul viso, con la voce spezzata:per questo Anton voleva tenderle una mano; Se vuoi questo è il momento...la svolta sul cammino. La tua opportunità per dimenticarlo. Aveva paura che lei non accettasse di andar via con lui. Era cosciente che poteva perderla, ma ora non si accontentava della stessa cosa con cui si accontentò all'inizio della loro relazione; Volevo che lei fosse felice…Felice con lui…Felice senza Mulder. Aveva bisogno che lei avesse bisogno di lui, voleva smettere di essere uno scudo tra loro.
Due minuti al suonare della sveglia della bella addormentata. Anton aveva messo un paio di fette di pane nel tostapane e aveva messo a riscaldare il caffè.
I biglietti dell'aereo erano sempre sul tavolo della cucina; ognuno a nome di uno di loro. Parlando nella loro quiete inanimata. Mormorando silenziosi mentre Anton sembrava sentire solo il pulsare eccitato del suo cuore.
Forse avrebbe detto si. Il suo lavoro? Immaginava che un'aspettativa di sei mesi non sarebbe stata difficile da avere per un'agente del FBI.
Sei mesi e migliaia e migliaia di chilometri. Per quanto l'amasse non l'avrebbe mai obbligata ad andare con lui; non avrebbe giocato con i suoi sentimenti, tortura psicologica messa da parte…Un crocevia per Dana Scully…Un'opportunità per dimenticarlo? Era un tutto e un niente patetico…La differenza tra una vita insieme nel centro dell'Europa o l'esilio reciproco dalle loro vite.
Gli piaceva immaginare come sarebbe stato vivere con lei. Aveva un milione di piccoli dettagli che lo facevano impazzire e ogni giorno ne scopriva uno nuovo.
Sentì il suono della sveglia all'altro lato dell'appartamento. Poi i passi di lei alle sue spalle. Continuò a spremere arance come se non l'avesse sentita. A questo punto avrebbe già dovuto vedere i biglietti sul tavolo.
Dana si avvicinò a lui e lo circondò parzialmente con le braccia.
" Buongiorno…Cosa ci fai qui? Pensavo che oggi dovevi aprire il negozio…" Anton la guardò in faccia dopo averle dato un bacio sulle labbra. Poi osservò le due segni color viola che facevano atto di presenza sotto i suoi occhi.
" Hai dormito male?" Lei negò con la testa. Anton fece una faccia preoccupata e le fece segno di sedersi al tavolo. Allora lei li vide. Senza dubbio. Una smorfia strana inondò la sua espressione. Anton continuava a guardarla, estatico, cercando di disfarsi del panico e dell'immagine sinistra di se stesso inginocchiato davanti a lei chiedendole di non abbandonarlo.
"A te l'ultima parola...E' un'opportunità unica per me..." Anton mentì…L'orologio di Innsbruck era la scusa perfetta per chiedere tutto o non avere niente…Tutto o niente…Tra l'incudine e il martello…Voleva che lei scegliesse… Ma l'ambito professionale non era per niente quello che più gli importava.
" Quanto tempo?" Per la prima volta nella sua vita sentì che la misura del tempo era qualcosa di inconsistente , qualcosa che rimaneva al margine e che non importava.
" Sei mesi."
Quante volte avrebbe sentito la sua mancanza in sei mesi? Anton si accoccolò giusto al suo fianco. Lei era seduta, con i biglietti ancora in mano. Anton afferrò le sue mani come se ne andasse della sua vita. Nessuna tortura psicologica, disse a se stesso.
" La decisione è tua. Io la mia già l'ho presa." E sì, il tempo tornò ad espandersi fino a confondersi con l'aria. Il tempo arrivò ad essere respirabile. Sei mesi…Definizione...Periodo di tempo...Metà di un anno...Troppe notti...Mezza dozzina di pagine di un calendario...
Gli occhi di lei non la smettevano di guardarlo. Di tanto in tanto andavano verso l'alto per trattenere le lacrime, ma tornavano sempre ad Anton, cercando di essere audaci, volendo dimostrare alla loro padrona che non avevano paura di niente.
" Quando?" Un'altra particella interrogativa indiavolata...Un'altra domanda in relazione con il tempo...
"Fra tre giorni. Venerdì. C'è su i biglietti." Altro tempo fatto di parole...Altre parole che volevano essere tempo...
" Verrò con te..." Solo sussurri ed un abbraccio e un bacio e lo strano sorriso di Dana Scully davanti alla decisione presa, davanti alla supplica a se stessa di essere coraggiosa.
Sei mesi per stare con lei.
Skinner mi dette il permesso senza nessun problema...
" Il suo posto starà a sua disposizione tra sei mesi, glielo assicuro..."
Uno sguardo di ringraziamento eterno da parte mia. Una stretta di mano.
" Lo sa già l'Agente Mulder?" Una domanda che giusto dopo averla formulata, il vice direttore si rese conto che aveva sfiorato l'impertinenza.
" Le sarei grata se glielo dicesse lei." Semplicemente volli fargli capire che le sue congetture sui motivi della mia aspettativa non erano del tutto infondate. Annuì e me ne andai per i corridoi del terzo piano dell'Edgar Hoover
Non volli passare per l'ufficio. Non volevo nemmeno un commiato. Semplicemente non potevo vederlo.
Passai i tre giorni restanti a fare le valigie e risolvendo tutti gli affari inconsistenti quelli di cui bisogna preoccuparsi in queste circostanze. E poiché in Austria davano l'alloggio ad Anton decisi che potevo permettermi il lusso di pagare sei mesi d'affitto a Washington. Mia madre mi promise di prendersi cura della mie piante; Perché quando tornerai non dovrai comprarle nuove, mi disse…
Mentre mettevo i miei vestiti in valigia ebbi bisogno che il tempo sfumasse, come tante volte...Desideravo stare sul Concord, senza ritorno…
Non so se in realtà volevo arrivare in tempo o semplicemente volevo che lei già fosse andata via…Volevo vedere decollare l'aereo, vedere come l'apparecchio l'allontanava da me…
Arrivai troppo presto e rimasi come uno spettatore muto, facendo foto mentali di Scully in coda alla porta d'imbarco. Guardavo il suo viso e le confrontavo con tutte le altre foto che avevo trattenuto come oro in un panno nel magazzino della mia memoria fotografica. Poi i suoi occhi e sentivo che i miei due particolari pezzetti di cielo stavano per andar via…E i suoi capelli rossi e il colore vainilla della sua pelle…Volli morire, ma avevo bisogno di auto-consumarmi per rendermi conto di quanto l'amavo e di come mi sarebbe mancata. Stare lì ad assistere agli ultimi momenti prima di perderla per sempre era tutto quello che potevo fare; protetto in un negozio di giornali e souvenirs con un viso patetico e una smorfia scura da maschera di tragedia greca. Uno spettatore muto e vigliacco…
La stai perdendo, Mulder...Lui la tiene per mano...Se ne va, Mulder...
Non volli fare niente; così avrei fatto qualcosa di veramente buono per lei per la prima volta nella vita...Non l'avrei liberata da un pericolo nel quale io stesso l'avevo messa, ne l'avrei lasciata piangere per la perdita di uno dei sui cari dovuta al mio santo graal…Semplicemente avrei fatto qualcosa di buono per lei anche se questo non avrebbe portato per me nessun sollievo .Qualcosa di buono veramente…Solo per lei…Anche se avrebbe presupposto la mia definitiva sepoltura.
Avrei potuto correre a gridarle di non la sciarmi solo, avrei potuto inginocchiarmi… Credo che lei avrebbe ceduto…E non sarebbe stato giusto per nessuno dei due.
La signorina che avrebbe raccolto i biglietti d'imbarco, apparve sulla scena…
Secondi, Mulder...Solo secondi...
Come mi sarebbe piaciuto che tutto fosse diverso! Mi sarebbe piaciuto essere Anton Henlein, con la sua vita decaffeinata ed i suoi maledetti noiosi orologi.
Solo una persona davanti a loro nella fila...Solo una...
L'hostess chiese loro la carta d'imbarco...Anton aveva tutte e due...Scully lo fermò...L'abbracciò forte...Lui le sussurrò qualcosa all'orecchio...Lei rispose…I suoi occhi si appannarono fino a che arrivarono a piangere…Anton le asciugò le lacrime…E si baciarono… E mi fece male, ma mi fece vedere la luce perché il bacio suonò a commiato e si mischiò nell'oceano del tempo e nella moltitudine dell'aeroporto…Si lasciarono le mani e Scully rimase quieta, parzialmente separata dalla fila, vedendo come l'hostess obliterava il biglietto di Anton e questi si allontanava; prima con piccoli passi andando all'indietro, senza smettere di guardarla, poi con passi lunghi in avanti, volendo guardare di fronte, trattenendo le lacrime con quasi tutta la sua sicurezza.
Scully rimase a Washington...Forse il destino volle darmi una seconda opportunità...
Il miglior modo di sapere quanto amiamo qualcuno è che un giorno un cataclisma ci faccia immaginare quello che sarebbe perderla...Sapere così quanto ci manca...
Non sentiamo la mancanza di qualcuno che non amiamo...
Uscii all'esterno dell'aeroporto Dulles...Un aereo che era appena decollato mangiò il cielo e divenne piccolo in lontananza...
Una nuova opportunità...
Il cuore me lo dice, me lo dice con battiti nello stesso tempo in cui sto per dare la carta d'imbarco all'hostess e Dana mi sfiora la mano.
Era troppo bello per essere vero...Immagino...Credo che parte di me muore in questo momento...una parte con occhi azzurri oltremare e bocca di fragola…Poi mi abbraccia…E anche se continua ad abbracciarmi sento già quello che significa non averla vicino e voglio svanire.
" Anche se siamo in estate l'Austria sarà fredda senza di te..." Le sussurro all'orecchio…Un sussurro, no un secondo…
" Posso solo ringraziarti...Promettimi che farai del tempo quello che vuoi, che vivrai ogni secondo, Anton…Mi dispiace non venire con te, ma sai che mentirei a tutti e due…" Asciugo le sue lacrime perché piange e io non posso fare nient'altro che questo nel maledetto mondo perché smetta di avere lacrime sulle guance…Non sono io chi non farebbe qualsiasi cosa per lei, o quello che è perdutamente innamorato…E' lei…E nessuno dei due può far niente per combattere questo supplizio. Quello che si sente non si può cambiare…Forse questa è la vera costante universale…
Ci diamo un bacio che vuole raccogliere tutta la nostra storia... E sento che la perdo e un buco nel cuore e nell’anima e nell'aura e in qualsiasi cosa metafisica con un nome bello e sdolcinato che abbiamo noi esseri umani.
Non voglio separarmi, ma il tempo mi mangia e mi fa male...Tictac…Mi svincolo dalle sue braccia con un ticchettio di piaggia dentro di me…Ti amo…le dico con gli occhi mentre mi separo dalle sue dita…
Mi dispiace...Mi sussurra con secondi e sguardi...
Sei mesi che non sono sei mesi…Sei mesi che saranno una vita anche se mi piace pensare il contrario, pensare a dicembre e ad una sua visita nella mia orologeria…
Mi allontano e le lacrime mi scappano...L'aria di Comptine d'un autre été suona al ritmo del mio cuore…le mie arterie la suonano a fiotti di liquido rosso… E giurerei che suona anche nell'aria…
I secondi sono secondi...
Anton se ne andato...Tutti i passeggeri sono imbarcati e due minuti fa c'è stata l'ultima chiamata con un eco insignificante sulle pareti dell'aeroporto…
Continua a guardare il corridoio attraverso il quale Anton Henlein è svanito...Sto in silenzio...Non piango più, ma ho il viso umido e pieno di piccole tracce.
Qualcosa mi ha detto che non potevo andarmene...e che dovevo dirgli addio...Che il cuore non si può forzare...se forziamo il cuore è perché vogliamo ingannare il destino e questo alla lunga non funziona...
Continuo a pensare finchè non esco fuori, sulla strada...sto per salire sul taxi quando lo vedo...
Che guarda il cielo. Solo. Silenzioso. Mulder.
Mi piacerebbe abbracciarlo, ma non sono preparata per farlo.
I nostri sguardi s'incrociano per un momento...Vuole sorridere, ma non lo fa finchè io non curvo leggermente le labbra per dargli il permesso. Mi avvicino a lui senza essere molto sicura di volerlo fare.
Un aereo sta decollando...Sicuramente c'è altra gente, altri commiati, altri addii...Altri Anton...
" Volevo solo vedere come andavi via..." Continua assorto nel cielo, con gli occhi come due bottoni minuscoli che tagliano le nuvole e le ali dell'aereo. Non so che dire…" Perché non sei andata con lui?" Mi guarda, trapassandomi come un tubo di raggi X. Una domanda con troppe risposte implicite…Troppo difficile…troppo bisogno di sentimenti e verità…Non meriti che io ti risponda, Mulder….Non ancora…
" Domani ci vediamo in ufficio..." Mi giro senza nemmeno analizzare lo sguardo spiazzato ed impotente del mio compagno…Salgo sul taxi e lo lascio lì…
Un altro aereo decolla...E separa Anton da me...
Forse sei mesi...Forse una vita o ventimila chilometri...
Forse è solo spazio..
..o tempo…
…o sussurri…