Le fanfic di X-Files
There's a reason for All Things
Post All ThingsPubblicata il: 30/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: R, una via di mezzo tra il PG-13 e NC-17
Genere: UST, MRS/RSM
Sommario: Post All Things
Note sulla fanfic: So che riguardo ad All Things ci sono versioni per tutti i gusti, che lì successe tutto, che lì non successe niente, che sì accadde ma non fu la prima volta...Bene, in fine, questo è quello che ho preferito sempre immaginarmi . E sicuro che non coinciderà con il punto di vista di tutti, ma lo sapete, non piove mai per far piacere a tutti anche se io ho fatto il tentativo che tutti possano goderne leggendolo. Così che...alè, sta qui.
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-Salve, sono Dana Scully, vengo a vedere Daniel Waterston
L'infermiera guardò attentamente il distintivo che Scully le tendeva, poi guardò lei, di nuovo il distintivo e finalmente sorrise.
-Può passare. Stanza 306.
Scully notò come un brivido le percorreva il corpo nel riconoscere nell'infermiera la donna che durante i giorni precedenti aveva incrociato la sua strada, a volte salvandole la vita e altre volte guidandola verso la verità del suo destino. Si domandò se quello sarebbe stato un buono o cattivo presagio. Dopo tutto, non aveva ancora avuto tempo per riprendersi dallo shock che le aveva prodotto la telefonata di Maggie Waterston che le annunciava che il padre aveva avuto una ricaduta.
Con passo nervoso si diresse verso il corridoio, entrò nell'ascensore e premette il tre. L'attesa si fece eterna mentre saliva da un piano all'altro e rifletteva su i fatti che erano accaduti negli ultimi tre giorni. Si domandava cosa era ciò che aveva provocato la ricaduta di Daniel, ma quello che l'angosciava di più, che l'attanagliava dentro era il sospetto che lei, Dana Scully, avesse qualcosa a che vedere con l'accaduto.
Non era ancora uscita dall'ascensore quando vide un'infermiera fuggire frettolosamente dalla stanza 306 chiedendo aiuto gridando. Tanto rapidamente quanto i suoi riflessi glielo permisero, Scully si mise a correre verso la stanza ed entrò presa dal panico.Quello che vide davanti a lei fu così atroce che non avrebbe mai potuto trovare parole per descriverlo. Daniel era steso sul letto con il corpo mezzo decomposto e su di lui stava quello che sembrava un essere non comune, abominevole e raccapricciante. Scully si portò una mano alla bocca e soffocò a mala pena un grido lacerante. Subito, il mostro che stava divorando Daniel si girò verso di lei, e in questo stesso istante Scully credette di riconoscere in lui il terrorizzante extraterrestre che aveva avuto modo di vedere due anni prima in Antartico. Attanagliata dal panico, l'agente riuscì a reagire in tempo per prendere la pistola e puntarla contro l'alieno, che avanzava verso di lei lentamente e minacciosamente con gli occhi iniettati di sangue. Quando l'ebbe di fronte, Scully cercò di premere il grilletto ma scoprì terrorizzata che le dita non rispondevano, che lo strano essere stava a pochi centimetri dal suo viso e che lei era incapace di sparare.Qualcosa d'inspiegabilmente irresistibile, una forza che non seppe indovinare da dove veniva, controllava la sua mente e le impediva di fare fuoco.. L'extraterrestre la scrutò con il suo sguardo che faceva orrore e subito avvicinò una dei suoi artigli insanguinati al viso di Scully, che continuava a rimanere immobile. Ma invece di assalirla, l'alieno fece scorrere la sua zampa dolcemente per la guancia di Scully con un gesto che pretendeva di rassomigliare ad un'incomprensibile carezza. Per alcuni secondi che si allungarono fino all'infinito, l'agente del FBI guardò la bestia negli occhi e in fondo al suo sguardo terrorizzante le sembrò di vedere un cenno di complicità e, più tardi, d'affetto.Improvvisamente l'alieno alzò i suoi enormi artigli verso il collo e con l'aiuto delle unghie tremende cominciò a liberarsi a poco a poco di tutta la pelle squamosa che lo ricopriva. Scully retrocesse spaventata. Quell'essere non si stava spogliando della pelle, ma di una maschera. Quando tutta la testa restò allo scoperto, la sorpresa la soprafece in tale modo si vide incapace di articolare una parola. Di fronte a lei, due occhi la osservavano direttamente con uno sguardo felino incorniciati da tratti umani che Scully avrebbe riconosciuto ovunque. Era Mulder.
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Appartamento di Fox Mulder
1:43 a.m.
Scully si svegliò di soprassalto e respirando agitatamente. Avrebbe giurato di aver fatto un salto sul divano, come se qualcuno avesse azionato una molla. Cercò di calmarsi mentre mentalmente tentava di riconciliare un ondeggiante vai e vieni di idee annebbiate che le ricordavano dove era stata nelle ultime ore. Sì, stava in casa di Mulder. Sul suo divano. Doveva essersi addormentata mentre lui parlava, perché il suo ultimo ricordo era né più né meno che la cadenza dolce della voce di lui a metà di un discorso filosofico che sembrava invitarla a chiudere gli occhi e ad immergersi in un placido sonno. Un sonno che per quel che aveva visto si era trasformato in un incubo.
Si rese conto che tremava ancora e allo stesso tempo stava sudando. La calda coperta indiana di Mulder la copriva dal collo fino alla punta dei piedi e le stava facendo sentire un calore asfissiante. Con un gesto lento cercò di muoversi per togliersela di dosso, ma in quel momento si accorse che non si sentiva più la gambe; al loro posto un intenso solletico che saliva verso la vita, seguito da un dolore insopportabile che si manifestò quando cercò di muoverle. Chi le aveva ordinato di addormentarsi sul sofà con il collo storto e i piedi sul tavolino del soggiorno! Sì, veramente era una posizione scomoda. E Mulder, chiaramente, l'aveva avvolta nella coperta senza nemmeno cercare di muoverla per metterla in una posizione migliore.
Durante alcuni interminabili minuti in cui maledisse i tavolini da caffè, le coperte indiane, gli Anasazi e i loro parenti più prossimi, Scully cercò di riprendere la mobilità delle gambe nel modo meno doloroso possibile. Quando ci riuscì, si liberò della coperta e respirò profondamente. Libera. Fuori, nella notte, la dolce brezza di qualche ora prima si era trasformata un forte vento che sferzava gli alberi nel mezzo di una tempesta estiva di quelle che fanno storia. La luna che prima aveva tinto la stanza di una meravigliosa luce argentata era coperta ora da grandi nuvole che facevano sprofondare l'appartamento nella più nera oscurità. Probabilmente Scully si era svegliata per lo scoppio di un tuono. Chiuse gli occhi e prese il polso sinistro tra le dita della mano destra per controllare se il il battito fosse ritornato al suo ritmo normale. Si domandava che diavolo significava quel sogno, ammesso che significasse qualcosa. Sicuramente c'erano un sacco di interpretazioni possibili, ognuna più rocambolesca dell'altra. Sicuro che qualcuno come Mulder era anche capace di dargli una spiegazione pseudofreudiana.
E la cosa più inquietante era che sicuramente anche lei poteva dargliela se ci pensava un poco.
Mulder. Probabilmente era lì, nella sua stanza, dormendo profondamente sul materasso ad acqua. Se faceva attenzione cercando di separare il silenzio dal ruggito della pioggia, Scully era quasi sicura di poterne sentire il profondo respiro mentre dormiva. Poteva vedere il petto che si alzava e abbassava, in un movimento ritmico in armonia con la respirazione. Poteva vedere gli occhi chiusi in un'espressione pacifica, come se tutte le sue paure e demoni interni sfumassero di notte grazie allo stupefacente potere curativo del sonno. Mulder riusciva a disfarsi delle sue frustrazioni solo mentre dormiva; ed era in questi istanti che il suo viso si trasformava nel riflesso di una pace che Scully non conosceva di giorno. Forse ora Mulder aveva quello stesso viso. Lei poteva quasi vederlo.
Erano circa le due del mattino quando Mulder guardò per l'ennesima volta l'orologio e sbuffò tragicamente. Un'altra notte senza dormire. Bene, che si poteva fare, Fox Mulder soffriva d'insonnia, questo era un fatto irrefutabile e c'erano notti in cui prendeva sonno con più difficoltà delle altre. Fuori, nel buio, le grosse gocce di pioggia sbattevano incessantemente contro le foglie degli alberi, e questo rumore, tra tuono e tuono, arrivava ad essere insopportabile per qualcuno che abitualmente aveva difficoltà ad addormentarsi. Invece, in fondo non era la tempesta che lo stava esasperando. Normalmente Mulder era anche capace di sopportare il rumore della pioggia notturna, quello a cui non era abituato era avere Scully che dormiva nella stanza vicina. Bene, per essere esatti sì era abituato, ma non nel suo appartamento bensì in un motel quando erano in mezzo ad un caso. Sembrava che fosse la stessa cosa, ma francamente, non lo era . Certamente che non lo era.Da quando aveva lasciato Scully placidamente addormentata sul divano, non faceva altro che girare intorno alla conversazione che avevano avuto. E per di più lei era rimasta K. O. a metà del suo monologo. Come se le sue riflessioni trascendentali sul tema non le importassero un accidente. Sempre uguale. Lo ignorava sempre: ogni volta che lui parlava lei lo guardava, i suoi occhi sembravano dirgli, "Sei pazzo, Mulder". Continuamente. "Sei maledettamente pazzo."
Pazzo o no, Mulder le aveva tentate tutte per dormire. Si era messo a dare un'occhiata ad un articolo intitolato" La grande cospirazione: un nuovo punto di vista" di un tale Arthur R. Bruskin che Byers gli aveva lasciato chiedendogli un'opinione prima di pubblicarlo sulla rivista, ma quello che era certo è che il maledetto articolo non era abbastanza soporifero. Aveva cercato di provare il solito potere rilassante dei suoi semi di girasole, ma verificò che era vero quello che aveva letto una volta in non sapeva quale rivista di medicina che il mangiare prima di andare a letto non aiutava precisamente a prender sonno. Alla fine fini con lo spegnere la luce e mettersi a letto, la mente zeppa di un'infinità di idee opprimenti che non lo lasciavano respirare. Gli accadeva di solito. Mulder era un poco iperattivo e se non poteva andare a correre nel parco a mezzanotte o a giocare una partita di palla a canestro per liberare l'adrenalina, stava decisamente male. E nemmeno era il caso di mettere mano al Penthouse di questo mese con Scully che stava nella camera vicina.
Scully nella stanza vicina. E lui senza chiudere occhio. Ma che cavolo ti succede, Mulder. Non è la prima volta che lei dorme lì, sul divano. A cosa diavolo stai pensando.
Malgrado i suoi costanti sforzi di non pensare a niente, a Mulder veniva in mente solo l'immagine perturbante di una Scully addolorata e in un mare di lacrime vicino al letto d'ospedale dove giaceva un certo Waterston. E per qualche ragione inspiegabile l'immagine risultava fuori tono. Fuori del rapporto che condividevano lui e Scully, fuori della noiosa vita sociale di lei. Questo Daniel Waterston che compariva improvvisamente senza che Mulder avesse mai sentito una parola su di lui, stava al margine di tutta la storia che avevano vissuto negli ultimi sette anni. Al margine di loro due. E questo lo frustrava e lo faceva infuriare in parti uguali.
" Questo è Daniel Waterston, l'uomo con cui sono stata sul punto di dividere la mia vita". Mulder era sicuro che se avesse potuto vedersi la faccia nel momento che aveva sentito quelle parole dalle labbra di Scully, avrebbe preso una corda per il pianoforte e senza avere dubbi si sarebbe strangolato. E per aumentare la sua inquietudine, il fatto che il tipo fosse un uomo maturo con una figlia adulta non gli dette , lungi da quello che sperava, nessun sollievo. Si sarebbe detto che Scully poteva vedere qualcosa di speciale in quel Waterston che senza dirle niente si era trasferito seguendola in silenzio niente di meno che fino a Washington per starle più vicino. Malato forse? Ossessivo, potremmo dire? Irrazionale? Sì. Il vivo ritratto di Mulder. perché quanto più ci pensava, più si convinceva che lui avrebbe fatto lo stesso.
Maledizione. Quarantotto ore prima, Mulder si sentiva orgoglioso di essere stato capace di andare fino in Inghilterra senza Scully e d'aver fatto un'unica telefonata disperata dell'ultima ora per cercare di convincerla ad accompagnarlo. E ora, immerso nei suoi pensieri, si rendeva conto che lei si mostrava ogni volta più restia a seguirlo ciecamente alla fine dell'universo, e per di più era lui che incominciava ad accusare una dipendenza più forte di quando mai era arrivato ad immaginare. Aveva incominciato ad accorgersi di ciò qualche anno prima, quando lei era stata sul punto d'abbandonarlo e lui aveva creduto che era la fine del mondo. Ma quello non era stato niente. Questo era molto peggio. E gli dava angoscia pensare che lei potesse vivere perfettamente senza di lui." E' sabato e non mi darebbe fastidio andare a casa a fare un bagno, Mulder"." Non mi interessa inseguire dei coltivatori di grano che per quello che ho visto erano geni in geometria a scuola, Mulder". " Questo è Daniel Waterston. L'uomo con cui sono stata sul punto di dividere la mia vita". Sì. Perfettamente senza di lui.
Ma la cosa preoccupante, quello che veramente era preoccupante della storia era che Mulder incominciava ad accusare al tempo stesso un'urgenza di qualcosa che non sapeva descrivere e che non aveva nemmeno notato fino ad allora, eccetto quella volta nel corridoio del suo appartamento, quando aveva creduto che era ora di essere sinceri e chiamare le cose con il proprio nome. Non erano nemmeno due ore che Scully stava di fronte a lui, addormentata sul divano come una musa lasciata all'ammirazione contemplativa dei mortali, e lui si era sentito improvvisamente invaso dal desiderio di baciarla. Aveva notato con chiarezza l'urgenza di un impulso primitivo che era riuscito a far tacere con una leggera contrazione della mascella, una profonda inspirazione e un pugno di semi di girasole nella sua stanza. Con gli occhi spalancati e fissi in qualche parte indefinita dell'oscurità, Fox Mulder respirò profondamente e si preparò ad affrontare l'insonnia riempiendo i suoi polmoni con l'aria impregnata del profumo di Scully. Sarebbe stata una notte interminabile. E disgraziatamente, il fatto di contare le pecorelle era passato alla storia per lui da venticinque anni.
2:16 a.m.
Un nuovo lampo. Seguito da un tuono. Nè la pioggia torrenziale né il forte vento invitavano a prendere la macchina per cui Scully sembrava premiata o condannata, a secondo i punti di vista, a passare la notte lì, nell'appartamento di Mulder. Sul suo divano. Aveva dormito in posti peggiori e senz'altro il divano non era poi così scomodo, ma dopo tre stressanti giorni senza aver chiuso occhio Scully incominciava a sentire la mancanza del suo letto. A qualche metro da lei, nella sua camera, Mulder riposava come una barca alla deriva sul meraviglioso materasso di onde marine. Si domandò come era possibile che Mulder continuasse a preferire il divano. L'idea di andare nella sua stanza e di suggerirgli un ragionevole cambio di posto le passò fugacemente per la testa, ma la scartò con la strana sensazione che quell'atteggiamento poteva essere sfortunatamente frainteso dalla mente esaltata di Mulder come un discreto tentativo di una proposta indecente. Il solo pensiero di una cosa simile fece si che inspiegabilmente arrossisse come una quindicenne. Si autocensurò per aver preso in considerazione la possibilità, ma sopratutto per essersi sentita arrossire violentemente. In realtà ciò che dava fastidio a Scully non era l'avere coscienza che le possibilità stavano lì, e nemmeno la tentazione d'immaginarle. Quello che le dava fastidio era la reazione che sperimentava al farlo. Sapeva che un improvviso sentimento di pudore e di autocensura implicava che in fondo lei temeva queste possibilità, e non solo questo, implicava che incoscientemente forse le desiderava. Questo la faceva sentire stupida e ridicola, ma sopratutto le dava un'insicurezza tremenda. Se c'era qualcosa al mondo che Dana Scully odiava sopra ogni cosa era, senza dubbio e in quest'ordine, venir meno a chi aveva fiducia in lei, dare impressione di debolezza e sentirsi fragile e vulnerabile. E quando stava con Mulder, lui la faceva sentire molto vulnerabile, insicura e esposta al suo sguardo di psicanalista. A volte aveva l'impressione che, scrutandola con i suoi piccoli occhi vivaci, lui potesse leggere tutti i suoi pensieri. Tutti. Le sembrava che, malgrado il guscio di regina di ghiaccio, le sue paure e i suoi desideri inconfessabili erano completamente trasparenti per lui, e che Mulder si divertisse a giocare con quello.Qualcosa che non le era successo con Daniel, perché in quella relazione era lei che ordinava come e quando, lei teneva le redini e manteneva il controllo. Era Daniel che l'amava platonicamente, era lui il vulnerabile e lei la forte. Non come con Mulder. Con Mulder, lei perdeva assolutamente tutto il controllo mentre le sue reazioni erano rette da una serie d'impulsi disordinati e irrazionali. Così irrazionali che qualsiasi donna nel raggio di chilometri diventava un pericolo in potenza che si doveva tenere alla larga. Tutte quelle frustrazioni le avevano fatto abbassare fortemente l'autostima fino al punto che quasi rimpiangeva la sensazione d'avere qualcuno che sospirasse per lei, qualcuno che la seguisse fino a Washington segretamente e la desiderasse per anni manifestandole ammirazione ed affetto. Per questo Scully era andata più di una volta a trovare Daniel in ospedale. Per questo aveva conversato con lui dopo tanti anni e inoltre, anche se era solo in modo incosciente, forse gli aveva dato false speranze. Le parole cariche d'emozione che Daniel rivolgeva a lei, e solo a lei, le davano conforto e la facevano sentire una donna desiderata. Sembrava una sciocchezza a prima vista, ma questo era qualcosa che non aveva sentito da tempo immemorabile. E fino ad allora nemmeno era stata cosciente di quanto desiderasse sentirlo di nuovo.
Un nuovo tuono risuonò nell'appartamento e un istante dopo Scully potè sentire il sussurro quasi impercettibile delle lenzuola di Mulder che si rivoltava nelle pieghe. Per una frazione di secondo le venne in mente l'immagine dell'alieno che si toglieva la maschera e scopriva il viso del suo compagno. Un brivido le percorse la spina dorsale al ricordarlo. Che diavolo voleva dire? perché non era stata capace di sparare contro il mostro che stava divorando Daniel? Forse nel suo subcosciente quell'extraterrestre rappresentava la crociata degli XFiles che aveva iniziato con Mulder anni prima, e con il passare del tempo stava divorando il ricordo di Daniel e del passato che avevano vissuto insieme? E lei desiderava che questo ricordo si cancellasse per sempre? Era per questo che non voleva sparare? O perché il mostro che divorava tutto rappresentava Mulder? Era Mulder che le stava portando via tutta la sua vita precedente senza che lei potesse o volesse fare niente per evitarlo? Le domande si accavallavano una sull'altra un una sfilata interminabile d'idee apparentemente sconnesse che le bombardavano il cervello con tanta forza che credette che la testa le sarebbe scoppiata da un momento all'altro.
Incominciava a stare male; l'aria era diventata elettrica e pesante, e improvvisamente tutto scorreva piano, molto piano, come se l'appartamento si vedesse trasportato in un altra dimensione.Il passare dei secondi sulle lancette dell'orologio era così lento che sembrava che il mondo stesse girando a rallentatore, fermando la tempesta e paralizzando nel cielo la ramificazione elettrica dei raggi perché Scully potesse analizzare il suo disegno in tutta tranquillità. In mezzo al silenzio, le idee si presentavano molto più nitide e coerenti, ed ad un tratto tutto acquistava una chiarezza stupefacente che dava armonia alla realtà nel suo insieme, incastrando tutti i pezzi come se si trattasse di un miracoloso rompicapo. Sì, improvvisamente le cose avevano un senso per lei. Era la stessa cosa che aveva notato dopo aver parlato con Colleen Azar, nel tempio buddista e al volante della sua automobile quando quella misteriosa infermiera aveva attraversato la sua strada. Solo che ora era tutto molto più chiaro. La sua vita, le sue scelte, le decisioni che l'avevano segnata in una maniera o nell'altra erano destinate ad essere quelle che erano, incanalate dentro a questa forma di grandezza incomprensibile e inevitabile che chiamano Destino. Non aveva importanza chi lei fosse, quali fossero le sue credenze o che cosa scegliesse nella sua vita; il destino la portava inesorabilmente dove doveva portarla. Qualsiasi cosa facesse.
Improvvisamente tutto tornò alla normalità. I tuoni continuarono a risuonare e i secondi incominciarono a scorrere alla solita velocità. Scully respirò affannosamente, ancora sopraffatta. L'idea che le sua vita era benedetta o condannata in anticipo e che lei non potesse fare niente per cambiare la direzione delle cose si fece troppo oppressiva per poterla sopportare. Con fermezza scostò la coperta lontano da lei e prese le scarpe, che stavano poggiate ancora per terra. Doveva andarsene da lì. Quanto prima. Al mettersi le scarpe notò che le solleticavano ancora le gambe, leggermente gonfie, e sollevandosi con molta attenzione si alzò dal divano. Uno dopo l'altro, appoggiò i piedi per terra cercando di camminare con tutta la fermezza che le era possibile. " Attenzione, Dana ti ammazzerai con questi tacchi". Il capogiro iniziale scomparve poco a poco e dopo alcuni secondi aveva già ritrovato la stabilità.
Non aveva ancora raggiunto la porta d'ingresso quando notò una tenue luce azzurra che proveniva dalla camera di Mulder. Lui stava lì, addormentato. Per alcuni brevissimi istanti di stupore Scully rimase lì in piedi, immobile vicino alla porta. E senza sapere molto bene il perché, e nemmeno si preoccupò di scoprirlo, incominciò a camminare verso la camera da letto facendosi strada con attenzione nella penombra dell'appartamento.
Il respiro di Mulder era grave, profondo e calmo. Il suo petto si muoveva ritmicamente su e giù, come lei aveva immaginato minuti prima. L'oscurità era quasi totale, ma poteva scorgerlo. Distingueva la sua figura atletica mezzo nascosta dalle pieghe vaporose delle lenzuola, e percepiva il suo odore come se fosse quello di un profumo che aveva appreso a riconoscere da lontano durante sette anni. Il profumo di Mulder. Ricordò vagamente che aveva incominciato a distinguerlo con chiarezza approsimativamente dopo sei mesi di collaborazione agli XFiles, che iniziò ad analizzarlo e a sentirne una curiosità quasi morbosa quando lavoravano insieme da nemmeno due anni, e alla fine del terzo anno già era capace di ricreare nelle sua mente ogni sua più piccola sfumatura. Qualcosa di cui si sentiva particolarmente orgogliosa. Non era facile ricordare nella sua completezza un miscuglio caratteristico di odori costituito da after shave, shampoo, semi di girasole, ufficio, autunno, ritagli di giornali ed un intenso aroma naturale e indefinibilmente maschile senza tenerlo davanti. La ghiandola pituitaria di Scully si era abituata fino al punto che non aveva bisogno di stare con Mulder per ricordarlo con tutti i dettagli che voleva.
Si fermò a guardarlo senza emettere un suono, immobile come una statua per paura di svegliarlo. L'idea che Mulder aprisse gli occhi e la scoprisse lì, estatica, che lo contemplava apertamente e senza un'apparente motivo non le risultava precisamente gradevole. E invece, rimase lì ad osservarlo per un buon tratto, quieta, come un soldato di sentinella, finchè non seppe determinare da quanto tempo stava in quella posizione. Decisa com'era ad abbandonare l'appartamento minuti prima, ora invece, una forza irresistibile l'obbligava a rimanere lì inchiodata, immobile , senza poter distogliere gli occhi dalla figura di Mulder mezzo nascosta dalla penombra. La cosa più irritante era che tutto questo tempo aveva continuato a guardarlo senza muoversi perché lei lo voleva. perché lo desiderava. Non poteva lottare contro questa cosa e questo la rendeva furiosa perché teoricamente la dottoressa Scully era razionale e calma, e si supponeva che non si lasciasse mai andare ad impulsi primitivi perché lei non ne aveva.Ma Mulder provocava dentro di lei una reazione a catena che la sua abituale freddezza non poteva controllare. Se qualcosa era risultato maledettamente chiaro quel giorno, dopo la sua visione nel tempio buddista e le riflessioni nel cuore della notte, era che un entità più potente e più grande di lei aveva diretto la sua vita per tutto il tempo verso Mulder. Che quella forza , fosse Dio o il destino, aveva maneggiato i piccoli dettagli, le coincidenze e le circostanze come se fossero i fili di una marionetta per portarla quel 6 marzo fino al seminterrato della sede centrale del FBI a Washington DC e farla bussare alla porta di un certo Agente Speciale Fox Mulder. Che Daniel Waterston non era altro che parte del suo passato e come tale lì doveva rimanere; che lei non avrebbe potuto essere più precisa quando gli aveva detto che era arrivato in un momento molto strano della sua vita e che se non fosse stato per quell'incontro fortuito non si sarebbe mai resa conto che ora era un'altra Dana Scully. Più matura, più forte. Con idee ed aspirazioni diverse. Una persona diversa. E che gran parte della colpa di questa trasformazione l'aveva avuta Mulder.
Cosa mi stai facendo, Mulder? Cosa mi hai fatto per tutto questo tempo? perché ho fiducia in te come mai in vita mia avrei creduto di fidarmi di qualcuno e invece ci sono tante cose elementari delle quali non mi sento capace di parlare apertamente con te? perché mi scontro sempre con questo muro che so che è meglio non abbattere?
Scully avvertì un leggero sussulto. La sorpresa fu così grande che non riuscì a muovere nemmeno un muscolo del suo corpo. Era abbastanza sicura che quello era stato un battere di palpebre di Mulder. Un battere di palpebre. Occhi aperti e occhi chiusi. Aperti. Chiusi. Battere di palpebre . Mulder era sveglio. Si era appena svegliato. No. Aveva battuto le palpebre. Aperti, e poi chiusi. Un battere di palpebre. Mulder era stato sveglio per tutto questo tempo. Era stato sveglio per tutto il tempo. TUTTO il tempo. L'aveva vista mentre lo guardava. Lì, in piedi, come un fedele pellegrino che va alla Mecca e passa ore a contemplare in silenzio l'oggetto della sua adorazione.
Appena qualche secondo di lenta riflessione basata sul principio di causa ed effetto, e Scully prese coscienza che il fatto che Mulder era sveglio senza dirle niente sapendo che lei lo guardava, nascondeva un mucchio di conseguenze assolutamente ovvie e un altro mucchio di idee assurde, o forse non così assurde, delle quali sicuramente tutti e due avrebbero finito per rendersene conto presto o tardi. E improvvisamente si sentì così ingenua, così ridicola, così terribilmente piccola nell'immensità della camera da letto sotto lo sguardo inquisitorio di Mulder che l'unica cosa che riuscì a fare fu girarsi ed incamminarsi verso l'uscita il più rapidamente possibile.
Non era arrivata a prendere tra le mani il pomo della porta d'ingresso quando alle sua spalle sentì una voce roca:
-Scully.
Ancora senza girarsi e cercando di nascondere la scarsa stabilità con cui le sue ginocchia la sostenevano, Scully potè sentire il rumore dei passi di Mulder a piedi nudi, sempre più nitidi, che si avvicinavano dall'interno della camera da letto fino all'ingresso dell'appartamento. Il suono di passi si fermò a pochi metri da lei.
-Dove vai?
Si girò lentamente fino a completare un giro di 180 gradi e finire giusto davanti a lui, uno di fronte all'altro. Mulder non indossava quello che si potrebbe chiamare un pigiama, ma solo un pantalone ampio di stoffa estiva e leggera color ocra, e in testa, tra le cortissime ciocche castane, si era formato un piccolo remolino come segnale inequivocabile che si era girato e rigirato nel letto cercando di trovare la maniera di dormire. Sembrava rilassato e tranquillo, al contrario di lei. Tutto il contrario di quello che era abituale tra loro. Invece i suoi piccoli occhi verdi la scrutavano in un modo più insistente, più sfacciato e più oltraggiosamente intimo del normale. Come se pretendesse entrare in lei con il suo sguardo penetrante e scoprire che cosa le era passato per la testa mentre lo guardava in silenzio sulla porta della camera da letto. Vagamente, il suo cervello le ricordò che aveva una domanda a cui rispondere e facendo uno sforzo per non balbettare rispose senza troppa convinzione:
-A casa. Me ne vado a casa.
Mulder la guardò dalla testa ai piedi. Se ne va a casa. Alle due e mezzo del mattino, nel bel mezzo di una temporale, decide di andarsene a casa sua. Che diavolo.
-Qualcosa non va, Scully?
-No. Assolutamente niente.
-C'è qualcosa che dovrei sapere?
Qualcosa che lui dovrebbe sapere? Dio, no. Questa è l'ultima cosa. Per qualche ragione a Scully sembrò che il timbro della voce di Mulder suonasse un poco alterato, come se cercasse di nascondere sotto un'apparente indifferenza una certa agitazione interiore. Sicuramente era avido di risposte. Risposte a domande che si era fatto ogni notte per anni immaginando che cosa era quello che veramente voleva sentire. Forse dopo aver osservato come lei lo guardava nell'oscurità, credeva di essere più vicino che mai ad ottenere queste risposte. Non ti darò la soddisfazione, Mulder. Non lascerò che tu mi strappi una confessione e ne godi
-Non succede niente, Mulder, è solo che non mi sento molto bene e preferisco dormire a casa.
Quella risposta fece sì che Mulder si sentisse improvvisamente colpevole per essere stato disteso senza dormire su un materasso incredibilmente comodo mentre lei faceva l'impossibile per caricarsi sul divano.
Forse dopo tutto avrebbe dovuto portarla a letto, ma la cosa certa era che in quel momento , per qualche motivo in particolare che lui non aveva saputo indovinare, non gli sembrò corretto. Cosa avrebbe dovuto fare? Portarla in braccio in un posto più comodo? perché aveva avuto l'impressione che questo potesse avere delle connotazioni alle quali era meglio non fermarsi a pensare? perché aveva creduto che a Scully non sarebbe piaciuto, se tre o quattro anni prima nessuno dei due avrebbe avuto in minimo problema con una cosa del genere?
-Mi dispiace, Scully. Non avrei dovuto lasciarti lì. Preferisci dormire nel letto? Io sono abituato al divano...
-No, no, no per favore, non disturbarti- rispose lei frettolosamente. In qualsiasi altra situazione, le sarebbe sembrato perfino divertente che la stessa idea che alcuni minuti prima le era sembrata stramba ora Mulder gliela proponeva con la più grande naturalezza- Devi riposare.
-Scully, è una pazzia uscire per strada con quello che sta venendo giù- osservò Mulder stringendosi nelle spalle mentre dirigeva il suo sguardo alternativamente verso la finestra e la sua compagna- non dovresti prendere la macchina ora.
Sicuramente aveva ragione, ma Scully sentiva sempre più che doveva uscire di lì e sparire lasciando che la terra l'ingoiasse per un certo tempo, o almeno fino al mattino seguente. Sarebbe apparsa in ufficio con vestiti puliti e un viso nuovo e Mulder non si sarebbe nemmeno ricordato della stupida conversazione che stavano avendo in questo stesso momento. Sembrava la migliore soluzione.
-Non preoccuparti. Starò bene.
Per tutti i santi, no. No altri " sto bene, Mulder". No altri" starò bene". Ogni volta che Scully se ne usciva con questo lui aveva l'impressione che qualcosa di catastrofico stava per accadere, e la cosa allarmante era che non era solito sbagliare. Lungi dall'avere un affetto tranquillizzante, quella frase si era trasformata in una delle espressioni più comuni di Scully e in generale era solita essere accompagnata da un certo presentimento di sventura. L'osservò fermamente e per la prima volta credette di riconoscere che era leggermente nervosa Non tremava come una foglia né guardava in tutte le direzioni, ma mostrava certi sintomi d'insicurezza che con il passare del tempo Mulder aveva appreso a ad avvertire a chilometri di distanza. Lo notava nella voce, nel modo di muovere le labbra, nei gesti. Lo notava anche nel modo di battere le ciglia. Dio, la conosceva così bene che avrebbe potuto esaminarla meglio della macchina della verità più moderna. E c'era qualcosa che la spingeva ad andare via di lì in tutta fretta ma non sapeva cos'era. Sperava solo che avesse il senno e il senso comune di non guidare come una pazza per la strada sotto ad una delle piogge più torrenziali della Storia contemporanea.
-Sei pazza se credi che ti lascerò guidare con questa tempesta- disse finalmente.
-Mulder...
Per la prima volta, Scully distolse lo sguardo e fissò il pavimento, lontano dalla mordente curiosità del suo compagno, che tanto per cambiare si dimostrava maledettamente protettore con lei quanto meno ne aveva bisogno. Si rese conto che la sua recente aumentata autostima femminile grazie ai gratuiti complimenti di Daniel stava crollando a velocità supersonica. Lo sguardo inquisitore di Mulder era l'unica cosa che mancava. La facilità con cui la riduceva a niente e la faceva scendere dalla categoria di principessa irraggiungibile a semplice testimone delle sue scorrerie paranoiche era qualcosa che l'aveva sempre fatta infuriare. Si domandava come lo faceva e perché lei non poteva fare la stessa cosa con lui. Perché non poteva avere un'autostima così invidiabile come quella di Mulder, che andava in giro proclamando ai quattro venti l'arrivo degli invasori senza importargli assolutamente se la gente rideva di lui o gli credeva. Mulder non la vedeva in questo modo. Ad onor del vero, in merito di autostima lui non era precisamente la persona più indicata per dare un esempio. La sua stessa esperienza gli diceva che era un tipo al margine, un fallito, un difensore delle cause perse e un paranoico impegnato a credere in qualsiasi cosa. Un soggetto particolare che a volte serviva come zimbello per il resto del FBI e altre volte disimpegnava magnificamente il suo compito di spina nel fianco per i suoi superiori. Un gioiello che nessuno voleva avere vicino. Nessuno eccetto Scully, l'unica persona che lo manteneva saggio e forte per continuare a cercare quello che probabilmente non avrebbe mai trovato. Lei sì che era ammirevole. In tutti gli anni della sua esistenza non aveva conosciuto nessuno che potesse far mostra di tanta forza contro le avversità e la sofferenza. Nessuno che potesse offrigli la sua lealtà fino all'estremo. Nessuna donna che lo facesse sentire l'uomo in gamba che lui anelava ad essere. Lui, il pazzo perso dietro alle sue crociate e alle sua ricerche inutili della Verità con la maiuscola. In realtà non lo meravigliava il fatto che Scully preferisse Waterston; la cosa choccante era che l'avesse trattenuta accanto a lui per sette anni in cui le aveva strappato la vita, la sua potenziale maternità e le sue illusioni. Sì, la cosa realmente miracolosa era che non fosse apparso un Daniel Waterston molto prima d'ora. Scully continuava ad avere lo sguardo fisso al suolo e lui capì che c'era qualcosa che non voleva dirgli. E l'ora di affrontare la Verità, Mulder.
-A quest'ora non ti lasceranno vederlo in ospedale.
Le parole di Mulder risuonarono con una gravità insospettata nella stanza. Scully alzò lo sguardo sorpresa. Un lampo illuminò improvvisamente tutta la casa per mezzo secondo e potè vedere nei suoi occhi verdi lo scintillio elettrico del dubbio misto all'amor proprio.
Si sarebbe detto che Scully aveva smesso di respirare, perché rimaneva immobile, inchiodata di fronte a lui, e non riusciva ad articolare nessun suono. Ho indovinato, pensò Mulder. Ho indovinato, vero? Non vuoi parlare però so che stai pensando a lui e ti senti colpevole, Scully. Dimmelo.
-Non ti lasceranno entrare nella sua stanza anche se mostri il tuo distintivo e dici che sei la dottoressa Scully- concluse con cattiveria
-Non vado in ospedale- rispose Scully
-Credi che non fu una coincidenza, vero Scully? Che non fu un incontro imprevisto.
-Credo che c'è un motivo per tutto, Mulder.
-C'era un motivo perché tu lo rivedessi? Te l'ha detto quella visione di cui mi hai parlato?- domandò lui ironicamente.
Scully prese fiato e buttò fuori l'aria lentamente cercando di soffocare il calore delle sue guance. Odiava vedersi in quella situazione ridicola. Odiava vedere la sua vita privata e la sua intimità esposte allo sguardo implacabile di Mulder. Odiava dover sudare per uscirne vittoriosa. perché improvvisamente faceva così caldo? O sembrava solo a lei? Mulder non era sudato, ma chiaramente, non indossava nessuna maglietta. Per chissà quale ragione, questo dettaglio rese tutto inspiegabilmente più difficile.
-Che tu lo creda o no, Mulder, il rivederlo è servito per farmi rendere conto di molte cose. Quale è il mio posto, chi sono, del perché sto qui. Ho imparato molto su me stessa e sulla mia vita mentre tu eri in Inghilterra.
Mulder tardò alcuni istanti a reagire. Con le sopracciglia leggermente sollevate e le labbra aperte come se stesse suo punto di dire qualcosa che non sapeva concretizzare, la sua faccia aveva una smorfia praticamente inespressiva a mezza strada tra l'ironia e la perplessità. Dopo alcuni lunghi secondi finalmente tossicchiò leggermente schiarendosi la gola e si strinse nelle spalle in un atteggiamento apparentemente indifferente.
-Oh, ora lo vedo. Grandioso. Sono contento d'avere avuto la brillante idea di andar via per un poco per allontanare da te la mia energia negativa e lasciare che ti realizzassi come persona- il tono della voce stillava sarcasmo da tutte le parti, ma non gli importò d'andare oltre-. Pensandoci bene, dovrò scomparire più spesso, per vedere se uno di questi giorni scopri il tuo vero io e raggiungi il nirvana.
La reazione di Scully non fu così decisa come lui avrebbe voluto, ma senza dubbio se pretendeva confonderla, ci era riuscito; poteva vederlo nei suoi occhi.
-A cosa si deve tutto questo? Passi sette anni a dirmi che apra la mia mente, che non viva chiusa a quello che non può essere spiegato dalla scienza...E ora che metto in pratica metodi di cura alternativi e mi apro a qualcosa di puramente....spirituale...tu non vuoi accettarlo.
-Me lo stai rinfacciando?
Scully tentennò un momento. Quale risposta era quella giusta? Sì? N0? Gli stava rimproverando il fatto che lui rifiutava sempre la sua freddezza scientifica e invece ora si impegnava a non capire? Mentre ci pensava, non poté evitare che la situazione le ricordasse vagamente quella volta in cui Mulder non volle accettare che lei si sentisse spinta a credere alle parole di Luther Boggs, il medium che cercava di esplorare i suoi segreti intimi durante un interrogatorio in carcere. E per una frazione di secondo ebbe la strana sensazione di un déjà vu, come se già avesse vissuto questa conversazione anni prima.
-Non so, Mulder. Forse speravo in un'altra reazione da parte tua.
Mulder buttò fuori l'aria lentamente e spostò lo sguardo verso il suolo. Un'altra reazione. Scully si aspettava da lui un'altra reazione. In fondo, sapeva perfettamente che reazione era quella, ma non era disposto a darle soddisfazioni.Un "oh, Scully, sono orgoglioso di te" era qualcosa che non era mai entrato nei suoi piani.Non perché non fosse stato orgoglioso di lei- al contrario- ma perché l'immagine della dottoressa Scully che portava a compimento rituali di cura che sarebbero venuti in mente solo a lui era troppo strana. Una Dana Scully che recitava il ruolo che era sempre stato tipico di Fox Mulder. Una Scully che analizzava i suoi sentimenti inginocchiata in un tempio davanti ad un'immagine buddista che le offriva le risposte adeguate. Si rese conto che nonostante lui avesse sempre giocato con l'idea che Scully fosse un poco più simile a lui nelle cose in cui credere, in realtà non era ciò che desiderava. Non l'aveva mai voluto. Lui aveva bisogno della Scully scienziata, fredda e razionale che buttava a terra le sue teorie con dimostrazioni irrefutabili. Una Scully che opponendosi alle sue idee lo aiutasse a crescere, a conoscere se stesso e a non cadere nella tentazione di diventare un qualsiasi paranoico. Una Scully che allo stesso tempo avesse bisogno di lui e del suo lato oscuro nello stesso modo in cui lui aveva bisogno di lei. Una Scully che non fosse capace di trovare la sua alfa e il suo omega fuori del rapporto che avevano. In realtà era questo che lo feriva di più: durante una delle sue fughe a Mandelbrot per osservare cerchi nel grano, lei era rimasta a Washington crescendo interiormente per opera di un certo Daniel Waterston con il quale aveva diviso qualcosa di più che le lezioni all'università. Sì, effettivamente Mulder non era disposto a reagire come lei pretendeva che reagisse. Quando parlò finalmente, gli sembrò che la voce gli tremasse leggermente a causa della rabbia repressa.
-Chiaro. Sicuramente ti aspetti che io ti accompagni in ospedale per vedere questo Daniel Waterston e ringraziarlo personalmente per tutto quello che ha fatto per te. Spiritualmente parlando, chiaro- aggiunse dando un'enfasi particolarmente ironica all'ultima frase.
Scully restò di stucco. Che aveva voluto dire Mulder con questo" spiritualmente parlando"? perché le sembrava che quelle parole nascondessero qualcosa di più di un'insinuazione maliziosa?
-Come puoi fare dell'ironia su questo?- esclamò- E' la mia vita, Mulder. Per te è facile vivere senza mettere in discussione quale sia il tuo ruolo o cosa ti resta da fare , perché hai le idee chiare e degli obiettivi concreti. Ma per me non è così. Non puoi immaginarti ciò che è farsi strada in un mondo a cui senti di non appartenere, cercando di convincerti ogni giorno che le scelte che hai fatto sono quelle giuste e che non hai sbagliato strada. E' molto duro desiderare una sicurezza che non puoi avere, Mulder. Ma io voglio questa sicurezza.
Fox Mulder guardò la sua compagna senza sapere cosa dirle. I suoi espressivi occhi da gatto si socchiusero lentamente in un gesto inequivocabile di frustrazione, e li diresse verso la moquette del pavimento perché Scully non potesse leggerci la delusione. Con tutta la serenità di cui fu capace, si dedicò ad analizzare in silenzio le parole che aveva appena sentito, cercando si valutare obiettivamente la gravità che implicavano. Una sfilza d'idee ognuna meno incoraggiante dell'altra incominciò ad esercitare un'orribile pressione nella sua testa fino a che senti il pulsare del sangue nelle tempie. Dopo tutti quegli anni, tutti qui casi risolti o da risolvere, le malattie, i rapimenti, la fiducia cieca e la lotta condivisa per tanto tempo, l'agente speciale Scully gli aveva confessato che era stufa di tutto. Che non era stata mai bene al suo fianco. E che in qualche modo non si era mai sentita al suo posto in quel mondo. E glielo diceva ora. Caro diario, due punti. Oggi Scully mi ha detto che questi sette anni insieme a me sono stati i peggiori della sua vita. Mulder respirò profondamente, si strofinò il collo con un gesto molto calmo creando piccoli remolini nei capelli della nuca e finalmente sollevò molto lentamente gli occhi per fissare Scully.
-Perché non mi avevi raccontato questo fin'ora?"- mormorò con un filo di voce.
Lei prese fiato come se stesse per rispondergli, ma si fermò non trovando una risposta convincente. Sospirò.
-A che scopo?- disse finalmente- Ti accecano tanto le tue ossessioni personali che non te n'è mai importato.
-E' una menzogna- ruggì Mulder- Se non ti trovi bene a lavorare con me, voglio saperlo. Credo d'avere il diritto di saperlo. Quello che mi fa male, Scully, è che in tutti questi anni non hai avuto abbastanza fiducia per dirmelo.
Scully si morse le labbra pentita d'avergli rimproverato la passione per il suo lavoro. In realtà poteva capire perfettamente che lui si sentisse in qualche modo ingannato per non averlo messo al corrente di come lei si sentiva. Ma l'unica cosa che Scully pretendeva era di non intromettersi tra lui e la sua crociata, di non essere un impedimento in una ricerca che costava loro tanti sforzi. All'inizio aveva creduto che sarebbe stata capace di sopportare stoicamente; per i primi anni, la ricerca di Samantha le sembrò qualcosa di troppo importante per concedersi il lusso di un ruolo da protagonista. Mulder è preso da ciò che è accaduto a sua sorella, pensava. Non ha bisogno che io gli racconti la mia vita, ha bisogno solo di appoggio. E per alcuni anni lei era stata capace di darglielo, di vivere per lui e per i suoi XFiles, di andare e venire investigando su casi assurdi, facendo autopsie interminabili, prendendo aerei per attraversare il paese da uno stato all'altro a tempo di record, di seguirlo fino al Circolo Polare Artico per salvargli la vita, di mentire per lui a tutti i suoi superiori giocandosi la vita, di andargli dietro fino ad un campo di grano sperduto nel deserto del Texas, sfidare il destino e Dio sa che cos'altro per continuare al suo fianco quando sarebbe stato più prudente abbandonarlo. Ma tutto ha un limite. E sette anni erano un limite sufficiente per prendere in considerazione certe cose come che cosa stava facendo lì e che cosa voleva fare della sua vita. Aveva trentasei anni. Non era una giovinetta con tutto il futuro davanti. E era stanca di vivere così in fretta che qualsiasi futuro era per lei presente, solo presente e ancora presente.
-Non lo capisci- mormorò in un sussurro- non puoi capirlo.
Mulder sembrava agitato, impaziente. Fisso su di lei il suo sguardo pieno di un'angoscia che sfiorava la disperazione.
-Allora spiegamelo.
Spiegami, Scully. Dimmi perché in tutto questo tempo sei stata capace di soffrire l'inimmaginabile a causa mia e non ti sei mai lamentata. perché dici d'aver riposto in me tutta la tua fiducia e invece non puoi raccontami le tue frustrazioni personali. perché non mi lasci essere partecipe di esse, non mi lasci fare qualcosa di buono per rendere migliore la tua vita invece di soffocarla ancora di più. perché è dovuto arrivare un tuo vecchio amante per restituirti il senso dell'orientamento che avevi perduto. perché quello non sono stato io.
Scully sentì che improvvisamente i suoi occhi stavano diventando umidi. Diavolo. Le accadeva sempre la stessa cosa. Se lei era così fredda, se dalla più tenera età aveva saputo controllare e nascondere i suoi sentimenti, non capiva perché ogni volta che lei e Mulder discutevano su temi strettamente personali le lacrime si presentavano con una puntualità britannica. L'impotenza la fece sbuffare e diventare ancora più nervosa.
-Mulder, non ti sto lasciando al margine della mia vita. Solo sono arrivata ad un punto in cui mi rendo conto che...bene, che ho anche altre aspirazioni; ho domande da rispondere a me stessa e posso farlo solo io- si fermò un momento per riprendere fiato e calmare il tono della voce. Poi concluse gravemente- Che ti piaccia o no, la gente si evolve interiormente, Mulder. E anch'io mi evolvo.
Mulder cercò di assimilarne mentalmente il significato. Per quanto fosse suonato filosofico, non era sicuro se le riflessioni della sua compagna rispondevano ad un vero momento di stanchezza personale o ad una semplice scusa per poter dirgli che era stanca di lui e dei suoi casi irrisolti." E' sabato, e non mi dispiacerebbe fare un bagno, Mulder" Si. Era chiaro. L'idea dell'abbandono lo divorò internamente e lo consumò fino al punto che perse la nozione della diplomazia, e le sue labbra si aprirono semplicemente senza riflettere per obbedire alla parte più primitiva del suo cervello, che gli ordinava di parlare per ferire.
-Allora se consisterà nel rifiutare ogni investigazione che ti propongo e nel dedicare più tempo a te stessa mettendo da parte gli XFiles, personalmente non mi piace la tua evoluzione, Scully.
Non ebbe bisogno di nemmeno mezzo secondo per pentirsi d'averlo detto. E anche se non si fosse reso conto da solo che quel commento era eccessivo, gli occhi della sua compagna glielo avrebbero fatta notare. Forse Scully preferiva spesso nascondere le sue emozioni, ma in determinati momenti il suo sguardo azzurro, distante e scientifico si trasformava in un brulichio di sensazioni che uscivano irrimediabilmente fuori raccontando tutto quasi gridando. Almeno per Mulder, che la conosceva abbastanza da saper leggere nei suoi occhi quando questi glielo permettevano abbassando la guardia in un attimo di distrazione.
Come ora.
Se c'era qualcosa al mondo per cui Fox Mulder poteva arrivare a disprezzarsi anche più di quanto lo facevano i suoi superiori, questo era far piangere Scully. Non piangere a calde lacrime, né gemere come una bambina, nemmeno singhiozzare. Il pianto di Scully era l'immagine silenziosa di due occhi arrossati forza di lottare per contenere l'umidità che li annegava, era il disegno della frustrazione e dell'impotenza che vincevano la battaglia con l'orgoglio e l'amor proprio, era un battere di ciglia costante come un tic e un labbro inferiore che tremava e una gola ardente che ingoiava saliva.
Come ora.
Congratulazione, agente Mulder. C' è riuscito un'altra volta. Forse con un poco di fortuna, dopo questi sette anni di vacche magre arriveranno altri sette anni di abbondanza nei quali qualche volta, e che non costituisca un precedente, apporti un poco di felicità nella vita della sua compagna invece di confusione e di profonda depressione. Solo forse.
-Mi dispiace- Le parole di Mulder inondarono l'appartamento con tanta risonanza che sembrò che avessero avuto anche un eco.- Scully, mi dispiace. Perdonami.
Trascorsero alcuni istanti in un silenzio sepolcrale in cui se qualcuno avesse potuto tagliare con delle forbici la tensione che si respirava, questa sarebbe partita sparata come un palloncino che si sgonfia improvvisamente. Scully aveva la vista fissa in qualche punto della figura di Mulder, forse la sua spalla destra, perché le risultava più facile così che portarla su qualche altro punto del corpo di lui che l'avrebbe fatta sentire più fragile, e sopratutto perché non voleva guardarlo in faccia. Non si sentiva capace. Cercò di contenere il movimento quasi convulso delle sue palpebre perché sapeva che sbatterle serviva solo a dare libertà alle lacrime che combattevano per uscire alla luce. Non c'era niente di più frustrante del fatto che la persona che considerava la sua altra metà non volesse comprendere le sue preoccupazioni personali. Invece, Mulder aveva detto" mi dispiace" e lei non aveva voglia di discutere. Lo guardò con occhi stanchi e le labbra si piegarono in una smorfia appena percettibile che pretendeva essere qualcosa simile ad un sorriso forzato.
-Torna a letto, Mulder- sospirò- Hai bisogno di dormire.
Si girò e incominciò a dirigersi verso la porta con l'unico pensiero di uscire di lì al più presto possibile per evitare una situazione scomoda, ma prima che potesse rendersene conto sentì Mulder avanzare verso di lei con solo due enormi e agili falcate, avvertì una presenza alle sue spalle e sentì una voce grave, roca, disperata, supplicare in un sussurro soffocato e quasi impercettibile:
-No.
La voce gli tremò come se stesse sul punto di rompersi, come se le corde vocali si fossero contratte per gridare violentemente e invece fosse uscito solo un accenno di pianto, come se la sua stessa frustrazione gli avesse dato sufficiente forza per aprire un buco nello stomaco e soffocare il grido. Scully rabbrividì a sentirlo e prima che potesse reagire avvertì come se una forza brutale le comprimesse tutto il braccio destro obbligandola a girarsi.
Verso di lui.
Verso i suoi occhi.
Il viso di Mulder era la perfetta incarnazione del caos e del disordine interno. Tutta la serena autosufficienza di cui aveva fatto mostra minuti prima seguendola fino alla porta era scomparsa di colpo per lasciar al suo posto solo confusione e rabbia contenuta. Scully sentiva ancora sul suo braccio la pressione con cui la mano di Mulder l'aveva afferrata fino ad averla di fronte a sé, ma quello che la spaventava non era l'apparente violenta reazione del suo compagno. Ciò che la spaventava, e allo stesso tempo la intossicava come una droga, era il maremoto di sensazioni che poteva leggere nei suoi occhi. Il viso si era trasformato di nuovo in una smorfia indescrivibile capace di riflettere ogni tipo di contraddizioni. Il sudore che scivolava dall'alto delle tempie fino al limite della mascella e il ritmo agitato del suo respiro si presentavano come segni inequivocabili di una determinazione rabbiosa a non permetterle di uscire dall'appartamento, e invece la tristezza che emanavano i suoi occhi sembrava chiedere, pregare, supplicare disperatamente.
"No", aveva detto. No a cosa? Non voglio tornare a letto? Non ho bisogno di dormire? Non volevo ferire i tuoi sentimenti? No, a cosa?
-Non andare via, Scully.
Mulder fisso Scully negli occhi e lei poté notare la lieve vibrazione dell'alito di lui battere contro le sue guance mentre sussurrava:
-Non andare via. Per favore.
Si domandò quante volte aveva avuto bisogno di chiederle che non andasse via e invece il suo amor proprio o semplicemente la fiducia cieca nelle sue possibilità non glielo avevano lasciato dire. Quante volte, Dio mio, quante volte si era seduto nel buio della sua casa dopo un giorno di lavoro e si era sentito così solo che aveva dovuto fare un vero sforzo per non cedere alla tentazione di prendere il cellulare e fare in modo che le sue dita facessero pressione su un tasto, un solo tasto con il numero memorizzato, che portasse di nuovo fino al suo orecchio quella voce familiare e confortante che diceva "Scully". Quante volte era caduto nella disperazione sapendo che l'aveva vicina ma che lei non aveva bisogno di lui con la stessa angoscia e questo lo faceva diventare l'individuo più solo del mondo; quante volte aveva desiderato confessarle che lei era il suo salvagente e che voleva che rimanesse con lui per sempre; quante volte aveva dovuto trattenere la voglia di pregarla e supplicarla e chiederglielo in ginocchio, sempre cercando di convincersi che lui era capace di risolvere i suoi problemi e le sue ossessioni senza l'aiuto di nessuno. Senza dirle, "non andare via". Bene. Ora glielo stava detto.
E chissà per quale inopportuna ragione, farlo gli produsse un aumento eccessivo di adrenalina che gli scosse tutte le terminazioni nervose, gli riempì le vene di un fuoco che sembrava dirigere tutto il flusso sanguigno verso le tempie e gli fece sentire un fischio sordo, insistente e fastidioso nelle orecchie finchè perse completamente il controllo della situazione. In quel momento incominciava a non essere se stesso. Aveva la vaga sensazione di star dicendo quello che pensava e non pensando quello che diceva, come se al posto dei semi di girasole avesse fatto il pieno di whisky.
Gli occhi di Scully ballavano nervosamente senza sapere dove posarsi.
-Mulder...
Lui le aveva già lasciato il braccio, ma Scully non fece il minimo movimento per allontanarsi. Fuori, la pioggia continuava a canticchiare la sua monotona canzone anche se i tuoni erano cessati, e una calma soffocante inondava la stanza. Faceva caldo. Molto caldo. Le tracce del sudore che scivolavano sulla barba mal rasata di Mulder sembravano a loro volta gocce di pioggia che scorrevano a rallentatore, e Scully cercò di concentrarsi su di esse perché le sembrava l'unico modo di non pensare a niente. Non pensare ,Dana. Sopratutto non guardarlo negli occhi, Dana.Hai bisogno di pensare a qualcosa di mondano, banale e freddo. Qualcosa di scientifico. La tavola degli elementi. Idrogeno. Ossigeno. Molecola di acqua. Andiamo bene, Dana. La trasformazione molecolare dell'acqua. Condensazione. Vapore. Pioggia. Continua così, Dana, andiamo bene. Gocce di pioggia. Gocce di sudore. Il sudore di Mulder. Mulder. Accidenti, maledizione. Il sudore e Mulder non formavano precisamente la combinazione più rilassante del mondo, ma assolutamente il contrario. E specialmente se lo aveva così vicino da poter sentire il suo respiro e il calore corporeo che emanava da lui. Odorava di semi di girasole.
-Io non mi rifiuto di accettare che tu ti evolva, Scully- disse- lo accetto- E solo che...mi piacerebbe che preferissi evolvere con me.
Mi piacerebbe che noi due crescessimo insieme interiormente ponendoci le domande e dandoci le risposte, mi piacerebbe averti prestato più attenzione quando ho sentito che eri confusa, mi piacerebbe essere stato io e non Daniel Waterston a farti sentire una Scully nuova e più matura. Mi piacerebbe che quando scoprissi nuovi orizzonti nella tua vita mi portassi per mano e non mi lasciassi qui ancorato, affogando nelle mie paranoie.
Scully lo guardava con un miscuglio adorabile di stupore e tenerezza, e attraverso i suoi occhi azzurri capì che tutta la rabbia era svanita nel nulla quando aveva sentito le sue parole. Mulder si schiarì la gola leggermente prima d'aprire la bocca per continuare a parlare, ma la mancanza di controllo dentro di lui era così grande che la voce gli uscì fuori spezzandosi in un filino appena udibile:
-Una volta mi hai detto che non volevi abbandonare questo nè fare il medico perché sentivi che il tuo posto era qui, con me- la guardò con una intensità sconosciuta e si avvicinò finchè pochi centimetri lo separarono da lei- Ricordo ancora queste parole, è come se avessi bisogno di sentirmele dire tutti i giorni continuamente.
Le parole risuonavano nelle orecchie di Scully con una gravità inusitata e improvvisamente gli occhi tornarono a inumidirsi per la voglia di piangere.
-Continuamente,Scully.
-Ed io ti assicuro che continuerai ad avermi qui per ripeterle sempre quando tu lo voglia. - rispose lei con un balbettio vacillante.
Per la prima volta, Scully aveva la sensazione che era Mulder il vulnerabile, il debole; ma allo stesso tempo, lei stessa si sentiva come una marionetta senza protezione davanti a lui, esposta al suo sguardo, alla sua psicanalisi, al turbine delle sue parole; stordita sotto l'effetto dell'odore inebriante di Mulder che la drogava e la faceva rivivere in ugual misura. Lo stesso odore che aveva imparato a memorizzare con l'andar del tempo. L'odore che veniva fuori dai suoi vestiti e dai capelli e da ogni punto del suo collo. Quello che emanava la sua mano quando l'avvicinò alle guance di lei per regalarle una lieve carezza mentre mormorava stancamente:
-Allora, perché mi sento come se ti stessi perdendo?
Era stata solo una fugace impressione o era vero che anche gli occhi di Mulder si stavano inumidendo? Mulder lo Spettrale, Mulder l'Inaccessibile, Mulder il Solitario. L'avevo visto piangere altre volte, come quando morì la madre e lui si rifiutò d'accettarlo, o come quando trovarono il vecchio diario di Samantha ed appena ebbe la forza di sfogliarlo. Ma non aveva mai pianto per paura di perderla. Due occhi verdi socchiusi per la tristezza la guardavano con uno scintillio umido che cresceva sempre di più, e Scully si rese conto che aveva davanti a lei il Mulder vulnerabile, il Mulder abbandonato , quello che appariva e scompariva per opera di magia come se fosse una cometa che si lascia vedere sporadicamente e non torna ad affacciarsi prima che siano passati innumerevoli settimane, mesi, anni. Apri il tuo cuore per me, Mulder. Digli che mi lasci entrare e dopo m'ingoia come un buco nero, perché è l'unico posto dove mi sento al sicuro da tutto e da tutti.
In un gesto di tenerezza, si strinse a lui e l'abbracciò.
All'inizio Mulder reagì con un certo stupore e retrocesse anche di qualche millimetro, ma dopo l'incertezza iniziale accettò apertamente il calore della sua compagna e l'avvolse con le sue braccia. . Poco a poco incominciò a sentirsi inondato dal suo profumo mentre le accarezzava la schiena e immergeva il viso nel collo di lei, e tra pensieri e riflessioni incoerenti la scena si fece particolarmente familiare:Scully che lo lasciava al margine della sua vita, e lui che le chiedeva di non farlo, un abbraccio. Molto, molto familiare. La sensazione di déjà vu si impossessò di lui immediatamente. Mi darai un bacio in fronte , Scully? Se prendo il tuo viso tra le mani e ti obbligo a guardarmi negli occhi, piangerai in silenzio? Oserò non tenere conto del protocollo e ignorare che noi due lavoriamo solamente insieme?
Solo lavoro. Solo cameratismo. Amicizia, forse.
In fondo, tutto era perfettamente logico. La storia di Daniel Waterston, il desiderio di Scully di rendere stabile la sua vita, come diceva lei, " rimanere quieta un momento". Di fatti l'unica cosa strana e soprannaturale del fatto era che non fosse accaduto prima, qualcosa che Mulder imputava alla pazienza eroica che la sua compagna aveva avuto con lui. Nel suo egoismo e nel carattere spesso più infantile che maturo, l'idea gli risultava assolutamente intollerabile, ma i fatti stavano lì. Doveva accadere. Che cosa ci si può aspettare da una relazione per sette anni monopolizzata dall'inseguire omini grigi e subire rapimenti .Un tira e molla che non si risolve mai, un flirtare sommerso che non va oltre delle semplici allusioni, conversazioni nelle quali la cosa più forte che si può sentire è" ehi, alludi?". Se lo guardava da una prospettiva moderatamente ottimista pensandoci con calma era anche possibile che nei primi anni fosse riuscito ad esercitare in qualche modo una certa attrazione su Scully. Assolutamente, era possibilissimo. Malgrado il linguaggio freddo, scientifico e per niente corporale che entrambi usavano, a volte le cose erano cosi assolutamente chiare che Mulder era tornato a casa più di una volta inorgoglito dal suo potere di seduzione maschile. In alcune occasioni i tentativi di Scully di reagire con indifferenza davanti al suo ammiccare erano risultati così infruttuosi che Mulder si era permesso di fantasticare su un sacco di diverse possibilità ognuna più accattivante dell'altra. Sì, nei primi tempi le cose erano molto diverse. Invece, alcune insinuazioni non erano sufficienti quando un giorno dopo l'altro Mulder si permetteva di commettere lo stesso errore: lasciarsi andare completamente alla sua crociata e dimenticate tutte le preoccupazioni personali della sua compagna. Ripetendo questo per più di un lustro. Tempo più che sufficiente per far perdere l'interesse a chiunque. Mulder non sapeva cosa frullava esattamente nella testa di Scully, ma la logica più elementare suggeriva che probabilmente si era stancata di lui. Che diavolo, Dana Scully era una donna in carne e ossa e ad una donna, almeno questo supponeva Mulder, non basta flirtare due o tre volte la settimana per giurare platonica fedeltà per sette anni. Non le basta un uomo che non è capace di ingoiare il proprio orgoglio per dirle ciò che sente. Un uomo che ha tanta paura di abbattere questo muro chiamato solo" siamo-solo- colleghi- di -lavoro" che preferisce non farlo pur sapendo che perderà in questo modo. Almeno Daniel Waterston aveva cercato di farlo con più coraggio di lui, questo si doveva riconoscere ad onor del vero. E invece quest'idea fusa con l'immagine di Scully abbracciata ad un letto d'ospedale lo riempiva d'angoscia e lo amareggiava e lo faceva morire di rabbia.
Immerse il viso nella chioma rossa e aspirò profondamente come se cercasse di registrare a fuoco il momento per poterlo ricordare per sempre prima di perderla. In qualche modo quel profumo così genuinamente Scully riuscì a intossicarlo abbastanza da fargli perdere quel poco di regione che gli rimaneva; si avvicinò al volto di lei e sfiorandole leggermente la mascella, aprì le labbra per farle scivolare nell'orecchio poco a poco, come un serpente, un sussurro supplicante:
-Non andartene con lui.
L'eco di quelle parole perdendosi nel fondo dell'orecchio fece si che Scully s'incendiasse dentro sentendo come la peluria del corpo si rizzasse per l'agitazione. Improvvisamente faceva molto, moto più caldo. Il contatto del petto nudo di Mulder contro le sue mani, sul collo, anche sul suo addome attraverso i vestiti, cominciò a bruciarle ogni terminazione nervosa con pungenti scintille di fuoco. E immediatamente la paura di bruciarsi fu sostituita di colpo dalla paura di desiderare intensamente di continuare a bruciarsi
"Non andartene con lui". Le aveva sussurrato" non andartene con lui".
Molto probabilmente qualsiasi persona normale avrebbe dato alla frase il giusto significato che aveva letteralmente, né più né meno. Ma tra loro il contesto era sempre stato diverso. In un linguaggio criptato," Ho fiducia in te" significava" ho bisogno di te", " Lo stai prendendo come qualcosa di personale" voleva dire" sei gelosa" Mi sorprendi" era " mi fai diventar pazzo", e " Non andartene con lui" poteva significare...in teoria poteva significare tutto quello che Scully voleva perché non ricordava che Mulder avesse detto mai qualcosa di così esplicito. Erano come centomila confessioni tutte insieme e nessuna in realtà.
Le braccia di Scully si strinsero con ancora più forza al corpo di Mulder in un atto quasi istintivo. Nessuno dei due diceva niente, ma i loro respiri si unirono in uno stesso ritmo con tanta agitazione che era come se stessero comunicando attraverso di essi. Mulder rispose accarezzando la nuca di lei con una dedizione quasi malata e baciandola poi. Quello era l'unica cosa che mancava perché tutti i sensi di Scully si lanciassero in tutte le direzioni a velocità della luce e nel caos più assoluto.
Avevano attraversato la linea.
In modo così facile. Improvvisamente.
E per la prima volta nessuno dei due si fermò ad attraversarla. Ma al contrario. Il disordine interno e l'eccitazione di sapere che entrambi stavano abbattendo di mutuo accordo la fino ad allora insuperabile barriera che incoscientemente avevano costruito per anni, e ancora di più, la certezza assoluta che bene o male dopo di quello non si poteva tornare indietro, fece si che Scully tremasse infilando allo stesso tempo le unghie nella schiena nuda sotto le sue mani. Mulder reagì con una passione violenta che lei non sarebbe stata mai capace d'immaginare. La strinse contro il suo petto, ed emise un lieve suono gutturale che voleva sembrare gemito roco e inarticolato e cominciò a baciare furiosamente le vene che marcavano palpitanti il collo di Scully mentre le sue mani si perdevano sotto la maglietta verde giocando a curiosare come serpenti furtivi.
Ancora concentrata a cercare di non perdere il controllo della situazione, Scully soffocò un gemito che non volle farsi scappare; ma il leggero tocco della mani di Mulder sulla sua schiena , all'altezza dell'ombelico, si fece troppo insistente per impegnarsi ad ignorarlo. E contrariamente a quello che si aspettava, non arrossi né si sentì colpevole quando l'istinto e l'umidità la sorpresero. E Mulder le stava toccando solo la schiena. Evitando la tentazione d'immaginare le reazioni che avrebbero potuto arrivare a provocarle altri atti meno innocenti di Mulder, si lasciò andare all'impulso riflesso di scoprire che sapore avevano le gocce di sudore che scivolavano da punto esatto in cui i capelli di Mulder incominciavano a confondersi con la barba mal rasata. Avevano il sapore della passione, dell'ossessione malata, dell'oscurità, di segreti nascosti. Di Mulder.
I loro visi cominciarono a muoversi leggermente sfiorandosi con le guance, come se cercassero di incontrasi l'uno di fronte all'altro. Arrivarono ad un punto in cui i loro aliti s'incrociavano e mescolavano producendo una droga potente e sconosciuta. Mulder prese tra le mani il profilo di porcellana della sua compagna e socchiudendo gli occhi la guardò intensamente. Stiamo attraversando la barriera ,Scully. Quello che mai pensavamo sarebbe successo sta accadendo. E ne siamo testimoni insieme. Per un attimo pensò al tempo che era trascorso da quando le sue labbra non davano una bacio vero, e quando finalmente li ebbe a scarsi due centimetri dalla bocca di lei e i loro respiri agitati si confusero in uno, fu preso da un tremito nervoso misto ad una stilettata di timore. Sentì che le dita gli tremavano quando fece scivolare il pollice sul labbro inferiore di Scully muovendolo dolcemente. Era il momento. L'ora della verità. Aveva paura di sbagliare, di non farlo nel migliore dei modi. Di non rispondere alle aspettative che probabilmente Scully si era create. Pensandoci freddamente, era solo un bacio, la cosa più facile e innocente del mondo; ma Mulder era un maledetto impertinente perfezionista e nelle sue segrete aspirazioni aveva sempre saputo che , quando fosse arrivato il momento, avrebbe fatto in modo che non fosse un semplice bacio. Avrebbe fatto in modo che fosse qualcosa di speciale, indimenticabile, portentoso, e certamente, tutto tranne che innocente. Avrebbe fatto in modo che fosse quanto più possibile simile ad un'opera d'arte. In sette lunghi anni, quella era la prima vera opportunità che gli si presentava per mandare al diavolo una volta per tutte gli ostacoli, i pregiudizi e gli impedimenti morali che gli avevano proibita di fare quel passo, dichiararsi ufficialmente schiavo di Scully e fare con lei tutte le cose che gli era permesso fare solo nei sogni. Ora o mai più, Mulder.
Quando socchiuse la bocca permettendo alla sua lingua di cercare disperatamente quella di Scully, s'incontrò con lo sguardo della sua compagna traboccante d'insicurezza e mancanza di convinzione. Come se non volesse continuare.
Non ci fu bisogno di nient'altro. Solo una frazione di secondo per leggere la domanda negli occhi di Mulder, e un'altra frazione di secondo per riflettere, e bruscamente Scully si era separata da lui lasciando tra il suo viso e quello del suo compagno una distanza più che prudente. E tutto, assolutamente tutto, era accaduto in poco più di mezzo minuto.
Lì stavano . Gli agenti federali Mulder e Scully, identici nel modo di pensare e sentire.
Indecisione pura.
Condannati a non dare mai ragione al destino.
Scully abbassò lo sguardo come se in un gesto di colpevolezza si rifiutasse di guardare Mulder. Se l'avesse fatto, si sarebbe incontrata con un'espressione che era tutto un poema, perché il viso lui diceva tutto in quel momento.
Scrutandola con occhi confusi che sembravano che stavano facendo mille domande tutte insieme, Mulder era il ritratto vivo della frustrazione:
perché ora?perché io? perché questo capita solo a me?
Per un secondo gli sembrò anche di veder volare un'ape. La qualcosa , dall'altra parte, finì di convincerlo che la faccenda si stava trasformando in una specie di paranoia per lui. Sembrava come se il destino si fosse impegnato a mettere in pratica tutta la sua crudeltà contro di lui, mandando all'aria tutti i tentativi fatti di avvicinarsi a Scully in quei sette anni." Se c'è te freddo in questa borsa, potrebbe essere amore, Scully" " Mi dispiace, Mulder, è birra"; "Scully, sposami" " speravo in una risposta più utile, Mulder"; " Non so se voglio fare questo da solo, Scully" " Ahi, mi ha punto un'ape"; "Scully, ti amo" " Diamine...quello che mancava!"
E ora questo. Senza dubbio, il destino si era accanito contro lui.
Dio. Erano stati così vicini. Così vicini. Si rese conto che fino quel preciso istante non era stato mai tanto lucidamente cosciente di quanto la desiderasse e fino a che punto aveva bisogno che accadesse. E sapeva che mai avrebbe avuto di nuovo un'occasione cosi chiara come quella. In un gesto di profonda meditazione, si portò la mano alla mascella e si grattò l'incipiente barba producendo un "ras-ras" sussurrante e assordante allo stesso tempo. Osservò furtivamente Scully.
Per la prima volta dalla sua reazione inaspettata la dottoressa Scully aveva sollevato lo sguardo da terra per guardarlo. Ed era evidente che non stava a suo agio. Era stata così vicina da attraversare la linea che era ancora spaventata. Mentre tentava di riprendersi dall'agitazione che ancora le scuoteva le vene e le incendiava il petto, cercò di capire se ad un certo punto erano arrivati a baciarsi; in realtà non era sicura, ma intuì che in un impeto d'incoscienza le sue labbra avevano sfiorato intenzionalmente quelle di Mulder, provocando dentro di lei una serie di reazioni sconosciute e spasmi di piacere che le annebbiarono completamente. Questo era accaduto giusto prima che il senno ritornasse nella sua mente ponendole mille domande diverse in cui "dopo" era la parola chiave. E improvvisamente la paura s'impossessò di lei e si fermò. Non è che Scully non desiderasse con tutte le sue forze Mulder; al contrario, il poco che aveva provato di lui era stato sufficiente per lasciarle come biglietto da visita alcuni segni di umidità che erano la prova irrefutabile della disperazione del suo desiderio. Quelle che la spaventavano erano le conseguenze. Il giorno dopo. Era " e ora che succede?". Per indifferente e fredda che apparisse la dottoressa Scully, anche lei fantasticava. Anche lei faceva sogni, ed in essi Mulder la consumava e lei lo divorava, e tutto era magnifico e perfetto come in un film. Ma la vita reale non era un film. La vita reale era il dubbio di chiedersi se l'intesa sarebbe stata perfetta come aveva immaginato, era il dormire insieme e svegliarsi il giorno dopo avendo forse troppe cose di cui parlare, era arrivare al lavoro aprire la porta dell'ufficio e in contrarsi con l'uomo che la notte precedente le aveva fatto gridare il suo nome....o no. La vita reale era un mucchio di conseguenze, domande e indecisioni. Era affrontare la biforcazione inevitabile che offriva due alternative incompatibili tra loro; continuare con quello che avevano incominciato e lasciarlo perdere come un incidente isolato che doveva succedere quasi naturalmente. E se lo avessero portato avanti, avrebbero dovuto far fronte ad un cambiamento di vita e di abitudini. Non era la prima volta che Scully pensava di trovarsi in un caso, seduta in macchina con Mulder sorvegliando una casa, o interrogando un sospetto, o facendo un'autopsia, o appoggiata alla scrivania dell'ufficio davanti ad una sfilza interminabile di diapositive, e improvvisamente uno di loro dicesse qualcosa come" questa notte sei stato incredibile" L'idea la terrorizzava: Era arrivata a familiarizzare tanto con gli XFiles, i seminterrati bui, impegnative investigazioni e con una relazione così seria con Mulder che le risultava semplicemente impensabile includere determinate frasi nei loro dialoghi di tutti i giorni. Si era fermata anche a porsi domande in più di un'occasione su sciocchezze del calibro di" se finalmente lui l'avrebbe chiamata Dana, o se lei si sarebbe abituata a chiamarlo Fox invece di Mulder". Era arrivata a sentirsi ridicola al pensarci, e invece non aveva mai potuto smettere di divagare su tutte le conseguenze che racchiudeva il fatto di rompere la barriera professionale che la separava da Mulder. Iniziare una nuova storia con l'agente speciale Fox Mulder poteva arrivare ad essere perfetto o forse un completo disastro. E naturalmente una vita in comune con lui non implicava rompere con tutto ciò a cui si erano abituati in sette anni, ma il fatto avrebbe costituito in se stesso qualcosa di così importante, così drastico, che in ogni caso la paura di intraprendere l'avventura era troppo forte.
Ti abbraccerò, Mulder. Lascerò che tu mi baci. Andremo nella tua camera da letto ed io ti confesserò tutte le cose. Tutto ciò che mi sono sempre proibita di dirti E poi, che cosa accadrà?
Scully abbassò lo sguardo e sbuffò nervosamente, senza sapere da dove incominciare. Il suo compagno stava a meno di due metri da lei e la guardava fissamente. Ebbe la sensazione che forse lui non capiva, che forse cercava una spiegazione.
-Mulder...
Senza aspettare che lei continuasse, Mulder puntò i suoi occhi da gatto su di lei e mormorò:
-Lo so. Anch'io ho paura.
Ho paura di perderti se cerco di averti. Ho paura di avvicinarmi troppo a te e fare in modo che tu ti allontani. Ho paura di raccontarti tutto quello che ho accumulato sulle mie labbra da quando siamo insieme in questo, e so che quanto più tempo passa senza dirtelo più difficile mi risulterà farlo. Al principio le cose non erano così complicate come ora. Ho appreso ad analizzare incoscientemente ognuna delle tue reazioni, e per qualche ragione so che ti ho vicina perché non ti ho mai detto niente, e questo mi fa sentire ancora più paura. Ma oggi qualcosa è accaduto, Scully. E anche se non me lo hai detto con le parole, so che a te succede lo stesso. Anche tu hai paura? Anche tu cerchi di non cadere nella tentazione d'immaginare come sarebbe tutto? Anche tu ti svegli di notte domandandoti io a che sto pensando? Domandandoti fin dove tu m'importi? Non vuoi saperlo, Scully?
Nessuno dei due osò dire niente. Stavano uno di fronte all'altro nella stessa stanza con troppe parole che ardevano nella gola, e invece nessuno dei due disse niente. Scully sentiva solo come se gli occhi curiosi ed esigenti di Mulder stessero ancorati in qualche punto preciso del suo corpo e in tutti allo stesso tempo, esplorando con lo sguardo ogni centimetro che non poteva esplorare con le mani. Divorando con l'anima quello che non poteva divorare fisicamente. Ad un tratto, tutto si presentava davanti a lei sotto forma di domande." E se ci fosse solo un'opzione?", " e se lungo la strada ricevessimo segnali di cui dovremmo tenere conto?"
Qual è l'opzione, Mulder? Che cosa posso dirti? Che dico a me stessa?
La sensazione si fece così opprimente che Scully cercò di respirare con forza per non soffocare nei suoi stessi dubbi. Quello che è fatto, è fatto. Ma tecnicamente non era successo niente di definitivo tra loro ed esisteva ancora la remota possibilità di comparire il giorno dopo in ufficio, accettare un nuovo caso inspiegabile e farsi in quattro per risolverlo fino a che tutti e due non avessero dimenticato quello che era successo. Esisteva ancora una piccola scappatoia per tornare alla routine di tutti i giorni ed evitare di prendere drastiche decisioni; almeno per ora.
Era questo quello che voleva?
Sentiva ancora lo sguardo di Mulder fisso su di lei, ma cercando di non prestargli attenzione incominciò a girarsi lentamente e camminare verso la porta. Mentre andava piano, molto piano, poteva sentire gli occhi di Mulder come una presenza scura dietro di lei. Nessuno parlò. Finalmente arrivò fino al pomo della porta e lo afferrò facendolo girare dolcemente. I secondi sembrarono allungarsi incredibilmente come se tutto scorresse a rallentatore, e lei credette sentire una vocina dentro che diceva" parlami, Mulder. Non lasciarmi andare via" Ma in questo decimo di secondo e in tutti quello che vennero poi, facendo trascorrere il tempo e allungandolo fino all'infinito, Mulder rimase in silenzio. Sapeva che continuava a guardarla a pochi metri da lei, ma non la supplicò né le chiese di rimanere.
Alla fine, la porta si aprì completamente, lei attraversò la soglia in silenzio e si lanciò nell'oscurità del corridoio chiudendo dietro di sé la porta con il numero 42.
Chiudendola ai suoi dubbi, all'insicurezza, alla vita, a Mulder.
E mentre avanzava con passo indeciso verso l'ascensore, il silenzio e la voglia di piangere la seguirono.
All'altro lato della porta, Mulder era rimasto quieto, in piedi, come se aspettasse il suo ritorno o come se non si fosse ancora reso conto che lei non stava più lì. Passarono vari minuti finchè alcuni pensieri coerenti incominciarono a passarli per la testa. Domandandosi se forse veramente avrebbe dovuto lasciarla andare. Tu sei andata via, Scully, ma io nemmeno ho fatto e detto niente per evitarlo.
Incominciava a capirlo.
Le api non hanno colpa, Scully. La colpa l'abbiamo noi due.
Alexandria, VA.
Washington D.C.
2:47 a.m.
Quando arrivò in strada aveva smesso di tuonare ma pioveva ancora molto forte. Scully si mise a correre verso la macchina, che era parcheggiata a qualche metro dal portone di casa Mulder, e aprì la porta con le dita tremanti. Il rumore secco nel chiuderla portò con se, un minuto dopo, una calma rinfrescante. Ci fu silenzio; la carrozzeria della macchina e i vetri dei finestrini riuscivano ad isolare in parte il frastuono dell'acquazzone e Scully respirò profondamente sentendosi invasa da un'insperata capacità di ragionamento. Si guardò i vestiti. Bene, nella corsa verso la macchina non si era bagnata tanto. Le gocce di pioggia cadevano con forza sul parabrezza inondandolo d'acqua, e ad un tratto le ricordarono le gocce di sudore che qualche minuto prima aveva leccato dalla tempia di Mulder fino alla mascella. Un brivido le percorse la schiena da sopra a sotto come conseguenza diretta dell'eccitante ricordo.
Mulder.
Diavolo. Chi avrebbe detto a lei, Dana Katherine Scully, che quel tipo strano dagli occhi curiosi, con un grande naso ed enormi piedi, quel paranoico con l'aspetto da intellettuale che un giorno assolato di marzo la guardò dalla sua scrivania, attraverso gli occhiali, traboccante di sospetto, si sarebbe trasformato sette anni dopo nell'elemento fondamentale dell'immenso schema della sua vita. Chi le avrebbe detto che un certo Fox Mulder avrebbe occupato i suoi giorni, le sue notti insonni, le sue riflessioni e perfino i suoi sogni. Che quello sguardo che il primo giorno le sembrò leggermente sexy e forse impertinente avrebbe mandato la sua frequenza cardiaca a livelli insospettati. Che quel tipo si sarebbe convertito per lei in principio e fine. Alfa e omega. Nel l'uomo della sua vita, detto in una parola. Si sentiva anche sdolcinata al pensarlo.
C'era stato un tempo che aveva pensato che Jack Willis, un suo vecchio istruttore, era l'uomo della sua vita; un'altra volta aveva pensato che un certo Ethan Minette era la sua anima gemella; e ancora prima era stata convinta che Daniel Waterston era l'uomo con cui voleva passare il resto della sua esistenza.
Come si sbagliava.
Bastavano solo due parole" Fox Mulder", per convincerla che nessuna delle sua storie precedenti aveva avuto significato per lei. Che se veramente c'era un destino e questo destino voleva portarla da qualche parte, l'aveva portata fino a lui. Che la sua altra metà, quella che la completava e la realizzava, non era un'anima gemella ma una personalità completamente opposta alla sua, capace di frustrarla, di farla infuriare e di farla felice in parti uguali. E aveva tardato sette anni a capirlo.
Come aveva potuto tardare sette anni?
Portò la mano verso la chiave del contatto per mettere la macchina in moto, ma si fermò. Malgrado la pioggia aveva coperto i vetri con grandi tende d'acqua, Scully poteva ancora scorgere la facciata della casa di Mulder attraverso il finestrino. Lassù, all'altro della lastra di vetro che tante volte era stata segnata con una X fatta di nastro adesivo, lui stava probabilmente pensando all'accaduto. Alcuni metri e una scala lo separavano da lei. Così vicini, così lontani.
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Appartamento di Fox Mulder
3:01 a.m.
Era stato un quarto d'ora in piedi, giusto sotto la cornice della porta del soggiorno e con le braccia appena alzate come se la stesse sostenendo. Nella stessa posizione da quando Scully aveva abbandonato l'appartamento portando con se il terremoto. Se non fosse stato perchè le braccia incominciavano a non rispondergli, nemmeno si sarebbe accorto che erano vari minuti che stava in quella posizione.
Pensava. Pensava a cosa aveva potuto far male.
L'espressione di Scully era stata tutta un omaggio all'insicurezza, ma era convinto che appena pochi secondi prima, a giudicare dalla sete con cui l'abbracciava, le era piaciuto come a lui. Di questo non aveva il minimo dubbio. E anche se sentiva inaspettatamente vergogna se ci pensava, immaginò che anche lei si era resa conto che lì giù, nei pantaloni, l'eccitazione del momento aveva lasciato un'evidenza più che palese. Per una frazione di secondi si domandò perchè quello l'aveva beccato in un inconsistente pantalone di un pigiama estivo e non in buoni jeans rigidi. Si domandò perchè il dettaglio non gli era mai importato minimamente con altre donne ma davanti a Scully lo faceva sentire come un adolescente. Insicurezza maschile , pensò. Immagino che sia normale che quando stai con una donna che t'interessa veramente. Quando stai con qualcuno così maledettamente razionale come la dottoressa Scully, che al posto di interpretare come tutti il significato di una erezione ti ordinerebbe un esame alla prostata. Per qualche strano motivo lui aveva sempre immaginato che la dimostrazione del suo inconscio potenziale l'avrebbe fatto sentire molto più sicuro davanti a lei. Non era così.
Ma anche con tutto ciò, l'esperienza era stata completamente nuova e senz'altro così stimolante come aveva sempre immaginato che sarebbe stata. Sì, effettivamente aveva immaginato la stessa situazione in un'infinità di occasioni e con un'infinità di varianti. Una volta era lui che prendeva l'iniziativa, altre volte era lei che appariva nelle sue fantasie con il camice bianco e la mascherina, mormorava" vediamo cosa abbiamo qui, signor Mulder" e gli faceva una visita così completa che lui finiva col supplicarla in ginocchio. Visitami, dottoressa. Paranoico? Ossessionato? Malato? Immaginazione troppo sviluppata? Sì. Definitivamente, sì a tutto.
Era strano verificare come il passare del tempo aveva cambiato le cose da quando aveva conosciuto Scully. Era un mattino gradevole, quasi primavera, e lei era apparsa nell'ufficio con una cartella, un vestito abbottonato fino al collo, un diplomatico sorriso e i capelli molto più lunghi. Veniva carica d'illusioni, di voglia di affrontare le maggiori sfide professionali della sua vita. E Mulder ricordava che all'inizio gli era sembrata una come tante: leggermente attraente, poco affidabile e troppo preoccupata per la sua carriera.Certamente assolutamente chiusa al paranormale e così composta come appena uscita da un collegio di suore. Sì, era curioso vedere come il passar del tempo aveva cambiato la sua prospettiva delle cose facendolo soffermare sempre più sulla professionalità di lei, la brillante intelligenza, il suo giocare pulito, l' onestà, l' integrità e interezza, lo sguardo, il tocco della sua mano, la consolazione del suo abbraccio, il viso di porcellana, le labbra, l' intenzionalità del gioco delle sopracciglia quando le inarcava, il sussurro della gonna contro le calze quando si sedeva accavallando le gambe e risvegliare in lui la curiosità maschile di sapere cosa poteva accadere se avesse aperto il vaso di Pandora. Leggermente attraente? No. Ogni volta che lo guardava con il suo sguardo franco e profondo, Scully era una bellezza fatta di marmo e cristallo. Come se non fosse do questo mondo.
Sono qui, rossa. Fammi tuo.
"Ding"
Il suono dell'ascensore che si fermava al suo piano lo fece sobbalzare. Erano le tre del mattino di un martedì, giorno di lavoro, e non aveva idea di quale dei suoi vicini poteva star tornando a casa in quel momento. A meno che non fosse...No. Impossibile. Si affrettò a scartare l'idea non perchè fosse impensabile ma perchè gli sembrava la miglior autodifesa davanti ad una possibile delusione. E invece, i passi che risuonarono fermi e sicuri si avvicinavano sempre più....sembravano tacchi... Finalmente si fermarono di colpo davanti a lui, all'altro lato della porta, proiettando la loro ombra attraverso la fessura inferiore. A pochi metri, Mulder osservava in attesa cercando di prepararsi per una scampanellata o alcuni tocchi familiari alla porta. Quando sentì che stavano introducendo la chiave nella serratura del suo appartamento , di cui teoricamente solo la sua compagna aveva una copia, il cuore gli fece una capriola e il ritmo delle sue pulsazioni partì sparato verso limiti fisicamente inimmaginabili.
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Mentre camminava decisa verso la porta dell'appartamento, Scully si era sentita incredibilmente leggera come se galleggiasse in una nuvola. Abitualmente quel corridoio era lungo, ma questa volta no. Appena qualche passo e già stava davanti al numero 42, immersa in una gradevole e confusa sensazione di ubriachezza profonda.Le sue divagazioni nella macchina, le avevano prodotto un effetto simile ad una droga, e quando si convinse che era passato tempo sufficiente perchè Mulder fosse tornato a letto, aprì lo sportello e si lanciò nella la pioggia per correre di nuovo verso la casa.
Mentre introduceva la chiave si sentì leggermente stordita, come se il logorio di rimuginare mille e una congettura su Mulder e i suoi sentimenti verso di lui l'avesse fatta smettere di essere se stessa. In realtà la sua mano si diresse verso la serratura in maniera incomprensibile, senza chiederle coscientemente il permesso. Forse Mulder stava già in camera sua, riposando sul letto anche se non aveva ancora preso sonno, e non voleva obbligarlo ad alzarsi bussando alla porta. In fondo pretendeva solo di entrare per vederlo. L'unica cosa che voleva era guardarlo un'altra volta. E quando fosse stata lì...bene, non si era fermata a pensare alle conseguenze. Quando riuscì ad aprire ed attraversare la soglia, la sorpresa di vederlo in piedi di fronte a lei la lasciò fuori combattimento.
Mulder la vide entrare con la giacca sbottonata e la maglietta per metà fuori dalla cintura della gonna. Era come un'apparizione. All'inizio i due rimasero immobili, soprafatti dalla sorpresa di trovarsi uno di fronte all'altro. Dopo, senza dire niente, lei avanzò di alcuni centimetri e chiuse la porta dietro di sé ingoiando saliva. Aveva il capelli bagnati per la pioggia, cadevano sulla sua fronte in ciocche rosse più scure del solito, appiccicandosi umidi alle guance, nascondendo parzialmente il suo sguardo azzurro. Per qualche motivo legato alla sua immaginazione iper-sviluppata e iper-suggestionata, a Mulder sembrò provocantemente erotico.
-Scully- disse semplicemente, e lei si commosse come se al posto del suo nome le avesse fatto mille diversi complimenti diversi.
Una delle cose più adorabili e allo stesso tempo sensuali di Mulder era il modo in cui pronunciava il suo nome. Quando faceva un commento scherzoso, quando discuteva con lei in una conversazione filosofica, quando pretendeva insinuare qualcosa con un allusione maliziosa, quando la cercava gridando in un campo scuro di mais sotto gli elicotteri neri in mezzo al deserto del Texas. Sapeva pronunciarlo come nessun uomo l'aveva mai pronunciato, dando alla sua voce una cadenza morbida e roca ogni volta che la chiamava; era solo il suo cognome, ma lui faceva in modo che suonasse diverso, caldo e spaventosamente femminile. "Scully" diceva, ed era come se fosse stato il suo unico nome per tutta la vita, con una complicità familiare che era riuscita a farle dimenticare il nome Dana fino al punto che si meravigliava quando qualcuno la chiamava così. Non voleva più " Dana". Voleva Scully, solo Scully. Pronunciato dalla voce di lui.
Avvicinarsi a lui finchè si sfiorarono quasi le costò solo cinque brevi passi vacillanti. Dopo gli prese la guancia con la mano, lo attrasse a se per obbligarlo a mettersi alla sua altezza e senza aprire la bocca lo baciò. Con calore. Con sincerità. Con un infinità di giuramenti di lealtà eterna.
Riempimi con la tua oscurità, Mulder lo Spettrale.
Le sue labbra rimasero chiuse su quelle di lui come se pretendessero imprimere loro un marchio di proprietà. I due visi giocavano a muoversi e a sfiorarsi tra loro con carezze irraggiungibili, ma le labbra continuavano a essere unite come se Scully fosse puro ferro e Mulder una calamita. Quello non era più un flirtare tra colleghi, non era un'insinuazione in una macchina, nè uno scherzo insolente su uno scoglio, nè un'allusione su una panchina di Home. Non era un abbraccio di conforto tra amici, nè un bacio rubato nel 1939 con "sinistro" compreso, nemmeno era un bacio fugace per celebrare l'Anno Nuovo. Quello andava ovviamente più in là, e la sensazione di sapere che stava rispondendo con tutte le sue forze ad un bacio iniziato da Scully fece sì che Mulder si sciogliesse dentro e che sentisse le vene del collo sul punto di scoppiare. Per questo quando lei si separò staccandosi, lui la trattenne prendendola per la vita senza darle il tempo di reagire. Scully si vide allora improvvisamente trascinata da un turbine di forze che non voleva farla andar via. , e tra respiri affannati, centimetri di pelle che bruciavano al tatto, movimenti impacciati e suoni ansiosi, s'incontrò con la lingua di Mulder che accarezzava la sua, obbligandola con dolce esigenza ad aprire le labbra e permettergli di entrare. Si strinse a lui con tutta la forza di cui era capace. Si strinse contro il corpo di lui con tanta intensità che la frizione incominciò a farle sentire le conseguenze più immediate di quel bacio. Le mani di Mulder erano scese dalla vita e erano scivolate con una curiosità provocante fino a zone più rotonde, indugiando intenzionalmente sulla lampo della gonna.
Il fuoco corporeo che incominciava a consumarle il ventre si fece troppo forte e Scully si lasciò scappare un gemito. Tutto quello di cui Mulder aveva bisogno per dimenticare i suoi complessi d'adolescente e impiegare tutta la forza che aveva nelle braccia per attrarla contro di sé collocandola nel posto esatto." I fianchi prima delle mani, agente Scully". Il brivido istintivo del fragile corpo di lei gli confermò che aveva incontrato il posto giusto. Come per un riflesso reciproco, lei smise di accarezzargli la nuca e diresse le mani verso il pantalone ocra. Ad un tratto Mulder si staccò leggermente, la guardò con gli occhi pieni di futuro, di mutuo impegno e di speranze rinnovate, e prese il viso di lei tra le mani con tanta delicatezza come se fosse fatta di burro e avesse paura di distruggerla con la sua ansia.
-Dimmelo- disse solamente, e per il tremito della sua voce sembrava che dalla risposta dipendesse la sua vita.
Scully lo guardò a sua volta. Disegnò sulle labbra uno di quei sorrisi impercettibili cosi abituali in lei, un sorriso che racchiudeva un'intima allegria traboccante e allo stesso tempo la maturità necessaria per comprendere e accettare le conseguenze del cammino che stavano incominciando a percorrere. La barriera era rotta. Si strinse a Mulder con un'ansia contenuta e mormorò gravemente:
-Ti amo.
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Appartamento di Fox Mulder
5:13 a.m.
La pioggia era cessata. Al suo posto, la luna si affacciava timidamente tra le nuvole e tingeva la stanza di un morbido e pallido azzurro, formando giochi di luce ed ombra in ogni più piccola angolo delle pieghe del lenzuolo. L'unico suono che si poteva sentire era il respiro profondo e grave di Mulder, che giaceva sul lato sinistro del letto con l'espressione angelica di un bambino che si è appena addormentato. Al suo fianco Scully rimaneva sveglia malgrado il sonno e la stanchezza l'avevano tentata per vari minuti in cui il peso delle palpebre le sembrò molto più grande del solito. Invece , la sensazione era cosi asfissiante che dormire sarebbe stato impossibile da qualsiasi punto di vista. Quello che era accaduto era semplicemente troppo importante.
Meditava. Mille idee sconnesse si incrociavano nella sua mente da un buon tratto.
Forse per Mulder il fatto in sé non era stato nessuna avvenimento storico e per questo dormiva come un angioletto, ma la questione era che per lei era sto qualcosa di veramente drastico. Era andata a letto con il suo compagno. Dopo tanti anni di cameratismo, investigazioni notturne e sorveglianze, semplicemente era accaduto. In realtà Scully aveva sempre saputo che sarebbe successo prima o poi, ma si rese conto che forse non era preparata per assimilarlo malgrado che sette anni erano, senza dubbio, tempo più che sufficiente per farsene un'idea.
Lei e Mulder erano andati a letto insieme.
Quanto più ci pensava, più sconvolgente le sembrava. La poca lucidità che le rimaneva dopo l'animata discussione di quella note era anche così sufficiente per farle rendere conto dell'importanza del fatto. Di che, qualsiasi cosa facessero a partire d'allora, ci sarebbe stato un prima e in un dopo di quello. Erano le cinque del mattino e mancavano solo poche ore per attraversare la porta dell'ufficio con un cartellino d'identificazione appeso al bavero della giacca, prendere tra le mani una cartellina , aprirla per memorizzare le informazioni che avrebbe trovato nel fascio di carte, appoggiarsi alla scrivania davanti al proiettore delle diapositive e aspettare che Mulder, Dio mio, lo stesso Mulder che questa notte l'aveva portata in posti nemmeno remotamente immaginabili, le spiegasse una nuova storia su un ritrovamento di escursionisti in un bosco della Virginia o il caso di un tipo con poteri di telecinesi. L'idea non era facile da digerire.
Lei cosa avrebbe fatto? Salutarlo con un semplice" buongiorno"? Rivolgergli qualche sguardo speciale? Sorridergli? Che cosa gli avrebbe risposto quando lui, con il suo particolare inquietante umorismo, le avesse fatto una domanda del tipo" come hai dormito questa notte"?
O avrebbe scelto d'ignorare tutto e agire come se non fosse accaduto niente?
E invece era accaduto. Avevano dormito insieme. E forse lei non era ancora pronta per dividere qualcosa di così intimo con Mulder.
E bene, non era questo che voleva? Non era questo ciò che aveva desiderato in segreto, anche senza rendersene conto, per tanto tempo di silenzio e conformismo? Ogni volta che uno dei due era in pericolo e l'altro accorreva a salvarlo, non si sentiva invasa dall'adrenalina per averlo di nuovo vicino in una situazione estrema?Non erano state milioni le volte da quell'istante fugace nel corridoio del suo appartamento, in cui aveva pregato incoscientemente perchè si ripetesse un'opportunità simile senza la frustrazione inopportuna di una puntura d'ape? Quando lui mostrava sintomi evidenti d'attrazione verso un'altra, quando apparve Diana Fowley e l'influenza che esercitò su Mulder fece si che traballassero le fondamenta della suo rapporto con lui, quando li vide mano nella mano nell'ospedale, non si sentì impotente? Non desiderò essere Diana Fowley per un momento? Non l'invidiò e non l'odiò per quello?
Perchè ora improvvisamente aveva paura? Forse non era questo ciò che stava aspettando da sempre?
Girò lentamente la testa e guardò Mulder. Stava lì con lei; era stato lì per sette anni, aspettando, come lei. E appena due ore prima, le aveva aperto il cuore per la prima volta senza nessuna reticenza. Non ad una persona qualsiasi. A lei. E le aveva confessato tutte le cose.
La cosa importante non era il fatto in se stesso, ma le conseguenze; la cosa veramente confortante non era nemmeno il sollievo di constatare che le sue paure di prima erano infondate e che effettivamente avevano dimostrato una compatibilità quasi perfetta in tutti i sensi; la cosa confortante era che a partire da questo momento tutto sarebbe cambiato per loro ed invece le cose più importanti sarebbero rimaste inalterate. Se Mulder era diventato da tempo la sua pietra angolare, ora lo sarebbe stato molto di più; e poteva avere la certezza assoluta che le anche rappresentava la stessa cosa nella sua vita.
Con un movimento cauto scostò leggermente le lenzuola per non svegliarlo e si alzò. Il materasso ad acqua ballò con un dolce ondeggiare sotto il suo peso facendo un suono gorgogliante quando appoggiò i piedi per terra, ma Mulder non si mosse. Scully prese la maglietta e la gonna e si diresse in bagno.
Il rubinetto gocciolava insistentemente con un tic tac monotono, stanco. Si guardò allo specchio e vide davanti a lei una Scully nuova , irriconoscibile e cambiata. La luce fioca del bagno rifletteva nello specchio, dall'angolo interno dell'occhio all'inizio delle guance, delle occhiaie enormi e una pelle più pallida del solito. Mancanza di sonno, tra le atre cose. E l'angoscia provocata da una riflessione smisurata. Nelle sessantatre ore precedenti, Scully aveva fatto fronte alle meditazioni più profonde della sua vita, ponendosi dilemmi cruciali domandandosi se il cammino percorso era quello che dal principio era destinata a percorrere o se al contrario era stata lei a scegliere, indovinando o sbagliando. Forse c'era qualcosa di vero nelle due scelte. Se qualcosa era risultato chiaro, quasi ovvio in quei tre giorni, era che le scelte erano state esclusivamente sue, che lei era la prima e l'ultima responsabile delle direzioni che aveva preso la sua vita e che in quel momento le cose erano come dovevano essere. Come dal principio erano destinate ad essere.In qualche modo lo sentì.
Pensò alle tante volte che si era rimproverata per aver lasciato la Medicina per entrare nel FBI contro i desideri di suo padre, e come anni più tardi, al di là del cancro, del rapimento, della sua crociata contro il mondo, si rese conto che era nata per essere agente federale. Come ora. La sensazione era esattamente la stessa. In alcune occasioni lavorare con qualcuno come Mulder la faceva sentire impotente e inutile, ma dopo sette anni gli XFiles erano il centro della sua vita, come lo erano stati per Mulder prima che l'assegnassero al dipartimento per essere la sua compagna. Ora quegli XFiles erano di tutti e due. E tutti e due avevano sofferto continuamente e avevano perso persone care, ma si erano conquistati reciprocamente con fiducia e affetto. L'idea si era presentata chiara, diafana e meravigliosamente nitida.
Io ho te, Mulder.
Chiuse gli occhi, ispirò profondamente e tornò ad aprirli. Più in là delle occhiaie, la Scully dello specchio traboccava serenità e una maturità sconosciuta. In solo tre giorni aveva acquisito un aplombe e una sicurezza che non era riuscita ad ottenere in tutti gli anni precedenti della sua vita, come se il mettere in discussione le sue decisioni e riconsiderare la sua relazione con Mulder avessero fatto di lei una donna nuova.
Si abbottonò il reggiseno senza fretta e si mise la maglietta con un gesto misurato e tranquillo. Mentre tirava su lentamente la cerniera lampo della gonna si rese conto di aver dimenticato di mettersi le calze. Non aveva importanza. In ogni modo, la pioggia e le pozzanghere erano riuscite a rovinarle quasi completamente qualche ora prima.
Il rubinetto gocciolava, implacabile.
Dana Scully rivolse di nuovo lo sguardo allo specchio mentre ritoccava meccanicamente i suoi capelli rossi, con meno cura del solito. Sotto le ciglia arcuate in un'espressione indecifrabile, gli occhi distillavano una luce azzurra nuova e cristallina che cancellava quasi completamente l'effetto scuro delle occhiaie. Le labbra si contrassero in un gesto impercettibile che non arrivava ad essere un sorriso, ma che racchiudeva fiducia in se stessa e soddisfazione contenuta.Le gocce d'acqua incominciarono a risuonare nel lavabo con maggior lentezza, una dopo l'altra, molto piano,come se tardassero un'eternità da che uscivano dal rubinetto fino a che scoppiavano contro la ceramica. E di nuovo questa strana e incomprensibile sensazione che sembrava allungare il tempo fino all'infinito. Improvvisamente l'atmosfera si fece cosi spaventosamente leggera che Scully poteva quasi vedere i suoi pensieri condensati nell'aria della stanza.
"Il tempo è fatto di momenti...momenti che definiscono il sentiero di una vita costantemente così come la conducono verso la sua fine. Ci fermiamo qualche volta ad esaminare questo sentiero, ad analizzare le ragioni per cui succedono tutte le cose?"
Qualche volta lei si era fermata, come ora, a considerare le scelte e decidere quale era quella giusta? Non era meravigliosa la forza che pulsava dentro di lei con una sicurezza inusitata riempiendola di convinzione, dicendole per la prima volta che quella sì era la scelta giusta?
Una notte con Mulder poteva essere una porta aperta, un punto interrogativo, un XFiles. E poteva essere l'inizio di tutti gli inizi. L'origine e la causa di tutte le cose.
Io, Dana Katherine Scully, mi dichiaro una donna nuova a partire da ora.
Più matura, più forte. Più sicura di se stessa. Una donna che avrà bisogno di molto tempo per assimilare quello che è successo, ma per la prima volta non lo negherà nè cercherà nessuna scusa.
Chiuse con cura la porta del bagno ed entrò di nuovo in camera da letto per raccogliere la giacca, che stava arrotolata ai piedi del materasso ad acqua. Muder continuava a dormire un sonno profondo, avvolto parzialmente nelle lenzuola che non riuscivano a nascondere la sua figura atletica ed enorme. Le sembrò cosi spaventosamente attraente, anche addormentato, che ebbe paura. Di perderlo, di arrendersi a lui senza rimedio, di non saper orientare la relazione verso una nuova prospettiva.
Respirò profondamente e s'incamminò verso la porta dell'appartamento per uscire . Erano poco più delle cinque del mattino e stava per abbandonare il luogo dove lei e Mulder si erano confessati tutto, ma la nuova dimensione delle cose l'obbligava a farlo. Il giorno dopo sarebbe arrivata in ufficio e non sapeva ancora come avrebbe reagito davanti al suo compagno, ma c'era tempo per questo. Tutti e due avevano molto, molto tempo davanti. La nuova Scully aprì la porta con il numero 42 attraversò la soglia con la certezza che , finalmente, si era scontrata con il suo destino.
Con la certezza che c'è un motivo perchè accadano tutte le cose.