Le fanfic di X-Files

Tu già lo sapevi

Vignetta da Milagro
Autore: Scu
Pubblicata il: 26/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: G, per tutti
Genere: MRS/RSM, VIGNETTE
Sommario: Vignetta da Milagro
Note sulla fanfic: E’ il secondo racconto che scrivo su quest’episodio. E’ strano ma non ho letto molto su Milagro, a me sembra che dica molto, ma è anche vero che accadono molte cose e che forse non c’è molto da aggiungere. L’ho scritto questa notte, dopo aver studiato per un esame. Era da molto che non mi accadeva di scrivere un racconto di getto.

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Lì stava. Inquieto e nervoso, guardando come i medici dell’ambulanza si prendevano cura di Scully. Aveva insistito per chiamarla anche se Scully non era ferita, voleva assicurarsene. Forse non era ferita fisicamente, ma non c’era bisogno dell’opinione di un medico per indovinare la sua crisi emozionale.
La tensione accumulata negli ultimi giorni era scoppiata al momento di risvegliarsi da quell’incubo in cui le strappavano il cuore.
No, decisamente non poteva stare bene. Per quanto lo ripetesse, non l’avrebbe convinto. E se per caso ci fosse ancora qualche dubbio, il ricordo del suo disperato abbraccio pulsava sulla sua spalla.
Tutto quel maledetto caso era una pazzia. La stessa pazzia di gelosia incontrollabile che aveva sentito mentre leggeva il manoscritto di Padgett. Quando era arrivato all’ultima pagina, il tremito delle sue mani rivelava l’impatto che quelle scene nella sua mente. Non le avrebbe più dimenticate. Non avrebbe mai potuto dimenticare quell’uomo. Era rabbia quello che sentiva, intima ed infinita. Mentre guardava Scully, si domandava dove era venuto meno. In quale momento aveva smesso di guardarla di vederla. Non era nemmeno più sicuro d’averla vista qualche volta. No. Annullò il pensiero. Era quell’assillante gelosia che lo attanagliava da quando tutto era iniziato che parlava. No.
Il suo appartamento era pieno di gente ed il mormorio continuo non lo lasciava pensare con calma. Tutto ciò di cui aveva bisogno ora, era calma…si, e smettere di sentire la parola “innamorata” nella sua mente. Rimbombando come una campana che da l’ora costantemente.

- Mulder.

La sua voce suonò molto debole, spenta, stanca e angosciata. Troppo bassa.

- Che ti hanno detto?

Domandò lui, conservando nella parte più profonda della sua mente la rabbia e la delusione che sentiva.

- Che posso andare a casa.

Lui annuì senza avere dubbi.

- Andiamo, ti porto io.

E Scully non protestò, né fece di no con la testa, né fece sfoggio della sua autosufficienza ancora una volta.
In macchina ci fu silenzio. Si collocò su di loro e li lasciò senza forza. Comunque, non c’era molto da dire. Già avevano parlato per loro, già avevano persino scritto per loro. Già era pubblico e notorio.
Mulder ripensò alla gelosia che sentiva. E malgrado fosse cosciente ed adulto ed intelligente…quella sensazione si era istallata alla bocca dello stomaco e minacciava di non lasciarlo respirare.
Silenzio completo nell’ascensore, e nel corridoio e all’entrata dell’appartamento di lei. Silenzio anomalo per loro, scomodo.
Ugualmente silenzio quando la porta si chiuse dietro le loro spalle e nessuno dei due si scompose.
Mulder sedette sul divano, si lasciò cadere. Crollò. Rimase quieto mentre sentiva il tintinnio della doccia. Appoggiò per un istante la testa allo schienale e senza volerlo, ma avendone bisogno, s’immerse nel suono dell’acqua. Ed immediatamente, la sua mente immaginò Scully nuda e avvolta nel vapore.
Strinse i pugni ed i denti e la rabbia gli salì fino in gola. Dire che non comprendeva come era successo, era mentire a sè stesso. E nemmeno serviva la questione della circostanze. Quell’uomo stava lì molto tempo prima che incominciasse tutto. Si era trasferito nel suo palazzo. Aveva pianificato tutto per seguirla, per conoscerla. E l’aveva fatto sotto il suo naso. E per di più lo aveva fatto attraverso lui. Mettendo a nudo tutte le sue paure ed i suoi bisogni. Scoprendo una Scully che lui desiderava solo in sogno.
Quando aprì gli occhi, Scully lo guardava. Avvolta nell’accappatoio e con i capelli bagnati. Sulla sua pelle s’intuiva il vapore dell’acqua calda che qualche secondo prima l’aveva percorsa.

- Mulder.

- Resterò a dormire qui, Scully.

Lei non gliel’aveva chiesto, ma la sua risposta fu tagliente.
Scully annuì leggermente. E si perse nella sua stanza.
Mulder si tolse le scarpe e si sdraiò sul divano. Non c’era più niente da dire.
Bugia. C’erano milioni di cose da dire, ma loro non parlavano, loro assumevano solo i fatti senza materializzarli in parole, perché non era necessario.
Con gli occhi spalancati e guardando il tetto, si sentiva come un cane da guardia. Appostando chi si avvicinava a lei. Era questo il motivo per cui stava lì?
Sì, era gelosia. Gli avrebbe strappato il cuore lui stesso e dopo il fuoco avrebbe bruciato tutti i segreti che aveva rubato a Scully. E a lui.
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Non cercò di resistere, di negarlo, di rifiutarlo. Si alzò e socchiuse la porta della camera di Scully. Entrò e si sedette per terra, in un angolo. Lo stesso che in cui l’aveva aspettata tempo addietro, tra la precauzione ed il desiderio. Al limite della sua volontà.
Lei dormiva, ma solo a tratti. Si svegliava e cambiava posizione. E sospirava profondamente. Mulder era lì, millimetri dal perdere il controllo. E non era la prima volta che entrava nella sua stanza di nascosto. Né nella sua casa.
I mesi che seguirono il fatidico giorno in cui lei l’aveva chiamato in ospedale per raccontarle che era malata di cancro, dire che era stato un inferno di silenzio e di rifiuto, era poco. “Se non vuoi chiedermi di stare con te, ti mentirò per starci”. Quando tornava a casa all’alba, con una sensazione assurda e bruciante, l’idea di sentire la fredda canna della sua pistola sulle tempie, gli dava conforto.
Questa notte, lei non era malata, non sarebbe morta, non se ne sarebbe andata né si sarebbe dimessa…, questa era la differenza fondamentale, decisiva, che faceva la situazione unica e nuova. Stava seduto a terra a sorvegliarla. Domandandosi come nascondere la luce del sole con le mani.
Passò lì due ore finchè il sonno lo vinse.
I suoi occhi si aprirono, ma non vide niente. Oscurità.
Oscurità ed un’ombra, oscurità ed una sagoma. Oscurità e lei.
Lo guardava, seduta nel letto.

- Scully.

Lei accese la luce del comodino.

- Mulder, cosa fai?

- Niente...continua a dormire.

Andò fin dove stava e si chinò di fronte a lui.

- Mulder…che succede?- la sua voce era dolce. Molto dolce.

- Non potevo dormire…-rispose.

Si sedette accanto a lui. Sul pavimento di moquette della camera di Scully, tutto sembrava tiepido ed accogliente. Si domandò come sarebbe stato stare nel letto di lei.

-E’ la tensione- dichiarò sicura.

No, è gelosia.
Non si guardarono, i loro occhi erano persi in qualche punto della stanza. I respiri, tenui e ritmici, lì, per terra.

- Mulder…-lei stava per parlare, a cominciare una conversazione in sospeso. Necessaria.

Ma lui si rifiutò di parlare.

- Non devi dire niente…va tutto bene.

- Ma Mulder, è evidente che…

- Sono qui…- la guardò- seduto con te al buio. Non vuoi sapere quello che sta passando nella mia testa, Scully.

Lei lo osservò, attentamente, ricevendone uno sguardo fermo.

- Le tue domande torturano più te, che chi deve rispondere ad esse.

- Le domande sono il prodotto dei dubbi.

Lei strinse le labbra, sembrò pensare che forse aveva ragione e non voleva sapere cosa stava accadendo. Ma si mostrò coraggiosa.

- E i dubbi della sfiducia.

Mulder pensò di sottometterla ed obbligarla a sopportare un bacio possessivo. Ma lui non era quel genere di uomo, di quelli che marcano le loro donne perché tutti sappiano che appartengono a loro. No, lui si siede ed aspetta che gli diano una pugnalata, è questo a cui è abituato. Ma Scully non porta nessun pugnale nascosto nelle calze.

- Già hai dubitato una volta, non commettere due volte lo stesso errore- Lei si alzò dicendo questo.

- La paura è libera- Rispose.

E la gelosia.

Lei si girò.

- Paura? Di cosa hai paura?

Lui negò con la testa, stordito.

-Voglio solo rimanere qui….Scully, in silenzio, vedendoti dormire. Credi che sia possibile?

Ma lontano dall’essere un complimento, lo disse come un’esigenza.

- Immagino che sei così, no? E’ il tuo modo di fare le cose, ed io lo sapevo.

- Lo sapevi, maledizione…Scully. Lo sai.

Quando tornò a mettersi nel letto ed appoggiò la testa sul cuscino guardandolo, Mulder si tranquillizzò.
Scully seppe che non sarebbe stato lì al mattino. L’avrebbe chiamata per tenere una conversazione casuale e tranquilla. Le avrebbe domandato se stava bene, e lei avrebbe risposto di sì. E quando si sarebbero rivisti in ufficio, tutto sarebbe stato di nuovo normale.
Ma prima di addormentarsi Scully si fece un’altra domanda. Mentre guardava i suoi occhi nell’oscurità, si domandò se la gelosia sarebbe stata lì al mattino. E dal fondo dai suoi appetiti, quel posto in cui Padgett era riuscito ad arrivare, desiderò avidamente che così fosse.
Mulder si domandò la stessa cosa.
E si rispose.
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