Ospite della manifestazione romana, lo sceneggiatore e regista ripercorre nella masterclass a lui dedicata i primi passi della storica serie americana di cui ricorre il ventennale nel 2013.
Ogni celebrazione artistica ha la sua importanza ma i vent'anni di X-Files rappresentano molto più di una semplice "commemorazione" tra fan o amanti del sovrannaturale. Nata nel 1993 per volontà di Chris Carter, sbalordito dal fatto che nella televisione dell'epoca non esistesse un prodotto in grado di spaventare il pubblico, le vicende di Mulder e Scully hanno rappresentato, a posteriori, la conquista di una nuova frontiera per quanto riguarda l'architettura della narrazione e l'evoluzione di una TV sicuramente più classica nel linguaggio come nella forma. A raccontare questa era pre HBO, lontana anni luce dalla "filosofia" dello streaming, è lo storico sceneggiatore Frank Spotnitz, ospitato dal RomaFictionFest per fare un punto su quella lunga avventura capace di portare il piccolo schermo verso un futuro impensabile. " Rendiamoci conto che stiamo parlando di anni in cui ITunes e i DVD ancora non esistevano - racconta con entusiasmo - anche internet e la sua infinita comunità era in fase di sviluppo e noi la seguivamo con grande interesse. Ad esempio, io ero particolarmente incuriosito dall'opinione degli spettatori soprattutto riguardo agli episodi a stampo mitologico. Certo, non è una cosa sempre positiva da fare, ma avevo una vera passione per i gruppi di discussione dei fan. Spettatori a parte, però, quello che ci spingeva ad osare giorno dopo giorno era una forte competitività con noi stessi. La vera sfida era fare sempre meglio, sempre di più nel tentativo di creare una televisione capace di rimanere nella memoria delle persone."
Ad un anno dall'inizio della serie, Spotnitz si unisce al gruppo di sceneggiatori nonostante la sua apparente immaturità artistica. Infatti, pur desiderando da sempre entrare nel mondo delle produzioni cinematografiche come autore, fino a quel momento si era dedicato al giornalismo, trascorrendo sette anni a Parigi come corrispondente estero. Nonostante l'esperienza incredibile, però, sente di non voler dedicare tutta la sua vita a questa professione. Così, tornato a Los Angeles e iscrittosi alla scuola di regia, incontra Carter, pronto a scommettere tutto su di lui e sulla sua fantasia capace di coniugare l'indagine poliziesca con il sovrannaturale. Un azzardo riuscito, visto che a lui si deve l'intera costruzione della mitologia come l'introduzione della cospirazione governativa e degli alieni. "I mie anni come reporter mi hanno aiutato molto nell'attività di autore. Come? Innanzitutto perché sapevo come reperire velocemente notizie in una realtà che ancora non aveva a disposizione internet. Poi perché l'allenamento alla scrittura chiara e sintetica mi aveva abituato a individuare gli elementi essenziali, eliminando tutto il resto." A parte questa attitudine giornalistico, nota anche a Carter per aver lavorato come freelance, il team di X-Files ha tratto ispirazione dalla cultura dei B-movie, dai romanzi, da vecchi film e dalla cronaca tenendo sempre bene in mente il suo scopo: spaventare e scioccare lo spettatore. "Secondo me Chris ha avuto il merito di creare un format narrativo praticamente perfetto. L'elemento vincente è stato mettere a confronto un personaggio scettico ed uno incline a credere a tutto. Inoltre l'aspetto emotivo tra loro due cresce sempre di più. A quel punto si creano una serie infinita di plot da poter sviluppare, anche diversi da quelli che avremmo pensato all'inizio."
Dunque, il segreto di questa serie televisiva capace di tenere incollati al piccolo schermo il pubblico americano e non solo, si baserebbe tutto su un giusto mix tra personalità dei personaggi, tensione erotica ed un perenne stato di pericolo amplificato dalla natura misteriosa e incomprensibile degli eventi. Il tutto, anticipando di quasi dieci anni il mood paranoico in cui gli Stati Uniti sono caduti all'indomani dell'attacco alle Torri Gemelle. "Non so se sia mai andato in onda in Italia, ma esiste uno spin off in cui vengono progettati molti dirottamenti - spiega Spotnitz - dopo l'11 settembre l'idea di essere stati su quell'onda di pensiero mi ha fatto sentire male poi, però, mi sono anche arrabbiato pensando a come il mondo fosse impreparato a tutto questo. Eppure la nostra generazione, ossia quella degli anni settanta, è cresciuta vivendo una costante paranoia. Era l'epoca del Vietnam e del Watergate. Uno stato d'animo che il miglior cinema di quegli anni, come I tre giorni del Condor e Tutti gli uomini del Presidente hanno riportato fedelmente."
Una grandezza ormai svanita, quella del grande schermo, visto che per Spotnitz la televisione è riuscita a diventare territorio di sperimentazione. "Sono sincero, non amo l'industria cinematografica. Tutto è troppo politico e disfunzionale. In questa realtà gli autori si sentono sempre più miserabili, visto l'importanza relativa attribuita alle loro idee. La TV, invece, è sempre più aperta al nuovo e al futuro. Anzi, credo che non sia mai stata migliore."E, se a dirlo è il co-creatore di X-Files e del nuovo successo