X-Files, vent'anni dopo le paranoie e le teorie del complotto sono diventate realtà. Frank Spotnitz al Roma Fiction Fest

Cospirazioni, alieni, agenzie governative. Una musica che è diventata leggendaria, frasi come “I want to believe” e “The truth is out there” che rappresentano lo spirito del tempo, di quegli anni Novanta dominati da teorie del complotto e di governi ombra. Sono passati vent’anni dall’esordio di X-Files sul piccolo schermo e il suo peso nelle narrazioni contemporanee è sempre forte.

“La serie è nata dall'esigenza di spaventare la gente, di dargli qualcosa su cui riflettere e avere i brividi”, racconta Frank Spotnitz, autore e produttore di X-Files, ospite al Roma Fiction Fest in questi giorni in corso nella Capitale. “Negli anni Novanta la televisione era rassicurante, non c’era niente che facesse paura. Noi abbiamo iniziato a porre domande”.

X-Files ha cambiato l’approccio alla televisione: in nove stagioni (1993-2002) e due film (1998, 2008) ha rivoluzionato il linguaggio televisivo, dando spazio a protagonisti complessi e tormentati, non monolitici nelle loro figure. Mulder e Scully, interpretati magistralmente da David Duchovny e Gillian Anderson, hanno rappresentato le prime incarnazioni del dubbio, dell’incapacità di avere certezze e convinzioni in una realtà di cui non si può avere minimamente il controllo. X-Files così ha affrontato l’ignoto riuscendo a introdurre, oltre i casi di puntata in cui si affrontava il paranormale, riflessioni sulla fede e la scienza, sul valore della memoria, sulla trasparenza che i cittadini devono aver garantita dai propri governi.

X-Files ha dominato l’immaginario collettivo degli anni Novanta, influenzando le produzioni successive: due esempi eclatanti su tutti sono Fringe, serie ideata da J.J. Abrams (Alias, Lost), e Breaking Bad, pluripremiata serie conclusasi proprio ieri sera in America e firmata da Vince Gilligan, uno degli sceneggiatori di punta di X-Files.

La serie ha anche aperto le strade alla community in un periodo storico dove internet era agli albori e i social network come Facebook e Twitter ancora non esistevano. “Nel 1996, ogni venerdì sera dopo la puntata controllavo internet per sapere cosa diceva la gente sullo show. Specialmente mi interessava conoscere le opinioni sugli episodi mitologici”, spiega Spotnitz. “C’erano dei forum con tanti fan iscritti che seguivano perfettamente la serie, riunendosi in maniera spontanea senza operazioni di marketing dietro. Ciò ci ha incoraggiati a continuare: volevamo sempre migliorare. Era una sfida con noi stessi”.

La storia di X-Files comunque non è ancora finita: in cantiere c’è un terzo film. Spotnitz chiarisce i motivi dei tanti tentennamenti sulla produzione di una nuova pellicola con protagonisti gli agenti Mulder e Scully: “Io e Chris Carter, lo showrunner della serie, abbiamo in mente da anni una storia per mostrare a che punto siano arrivati questi personaggi. Stiamo aspettando così tanto perché dopo l’11 settembre il clima negli Stati Uniti è cambiato. Quella paranoia, che era centrale in X-Files, è diventata reale: la gente veramente non ha più fiducia nelle istituzioni e nei governi”.

 
 
FONTE: Huffington Post (ITA)

 

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