Gillian Anderson, universalmente nota per la decennale presenza in “X-Files” nel ruolo dell’agente Dana Scully, ha appena ritirato l’Excellence Award al RomaFictionFest 2012 (6° edizione, 30 settembre-5 ottobre) in occasione della presentazione di “The Great Expectations”, miniserie targata BBC ispirata all’omonimo romanzo di Charles Dickens (“Grandi speranze”). Fin dalla prima puntata si può intuire la sua straordinaria versatilità nell’interpretazione del ruolo di Miss Havisham, spettrale nobildonna intrappolata in un passato infelice e nel castello fatiscente. Lì tutto è rimasto bloccato al giorno delle mancate nozze, quando, abbandonata sull’altare, è stata condannata all’eterna infelicità. Spenta, vuota, fredda: la Anderson colpisce nel segno il “cuore” del personaggio, di cui va fiera, nonostante la difficoltà di prestare il volto ad un’icona della letteratura richieda sempre una dose supplementare di coraggio. L’episodio, grazie anche ad una splendida fotografia, rispecchia l’assenza di colori, speranze e sogni nell’animo dei protagonisti e conferma ancora una volta l’eccellenza della serialità britannica.
Qual è stata la sfida più grande in “The Great Expectations”?
Miss Havisham è un personaggio iconico e complesso, anche perché il pubblico che conosce il romanzo ha un’idea ben precisa di chi sia questa donna e di come l’ha immaginata nella sua mente. Inoltre manca la consequenzialità nel girare le scene, tipica di un film: il ruolo vive una totale disintegrazione.
Le è costato sacrificare la sua bellezza per dar vita a Miss Havisham?
Affatto! Credo che siano altre le fatiche richieste da questo lavoro, come a teatro, dove devi incanalare moltissime energie da indirizzare al pubblico e che poi ti tornano indietro.
A proposito di scambio di energie con il pubblico, a Roma vive due genere di emozioni. La prima riguarda la consegna dell’Excellence Award, la seconda un incontro con i suoi fan che da tutta Italia sono accorsi per vederla.
L’Excellence Award, l’ho detto durante la premiazione, è davvero bello e apprezzo moltissimo questo riconoscimento, soprattutto perché attesta il lavoro fatto con BBC, che avalla la mia scelta di vivere a Londra e non negli Stati Uniti proprio per cercare di selezionare le proposte di qualità. Stare sul palco per questo è totalmente diverso dal condividere emozioni con i fan. Alcuni fan italiani sono persino venuti fino a Londra per vedermi a teatro e ormai li riconosco!
Sono i fan del sito Beyondthesea.it, gli stessi che sono volati fino a New York per vedere a teatro David Duchovny, suo partner in “X-Files”
Sì, è incredibile! Mi piace questa parte del lavoro, anche se fino a qualche tempo fa avevo giurato a me stessa che non avrei mai partecipato ad incontri del genere, invece sono stata al Comic Con di San Diego per festeggiare i dieci anni dalla fine della serie come segno di ringraziamento al pubblico per la lealtà che mi ha sempre dimostrato. Dai fan ricevo una vibrazione meravigliosa: incontrarli, come allo speciale Meet & Greet organizzato al RomaFictionFest proprio con loro, mi permette di associare un volto ad un’emozione.
Le “grandi speranze” di cui parla nella miniserie di Dickens ce le ha anche lei su se stessa?
Pretendo sempre molto da me stessa. Ultimamente mi sono chiesta: cosa ci aspettiamo dagli altri? E cosa loro si aspettano da noi? Credo che Dickens si riferisca a quello che la società si aspetta da noi, anche se esiste una discrepanza enorme tra ciò che viene richiesto ai ricchi e ai poveri. Questo è l’aspetto più “strappacuore” della storia.
Ha già diretto un episodio di “X-Files” in passato, vorrebbe tornare dietro la macchina da presa?
Sì, mi piacerebbe e sto già lavorando ad un paio di progetti anche per quanto riguarda la sceneggiatura. Ci sto investendo tanto e spero che questo impegno mi permetta in futuro di essere coinvolta a più livelli, non solo interpretativo, anche se comunque sarebbero binari paralleli rispetto alla carriera d’attrice.
Che idea si è fatta sullo stato di salute della tv?
Non saprei dirlo perché non guardo la tv. So che ci sono telefilm di primo livello come “Homeland”, “Breaking Bad” o “West Wing” ma tutto qui. La tv cambia come cambia il mondo, ma ora ci sono aspettative maggiori - sempre per restare in tema - nei confronti del piccolo schermo. Fono a dieci anni fa non era concepibile che un attore di cinema volesse lavorare in una serie, invece ora in molti sgomitano per un ruolo nel piccolo schermo. La qualità è cresciuta notevolmente e, per fortuna, anche la varietà.