ROMA - Che i giornali si stupiscano ancora del successo di X-Files Alberto Abruzzese, sociologo, autore di un libro su mostri e vampiri, proprio non lo capisce. Lui, che guarda appena può le avventure di Dana Scully e Fox Mulder confessando che "gli piacciono molto", non esita a definire la serie televisiva "un vero fenomeno di culto". A cosa si deve secondo lei l'enorme successo dei due agenti dell'Fbi che indagano su alieni e fenomeni paranormali? "Al fatto che sono studiati bene i personaggi, le storie, l'ambiente. La serie, che è stata di culto sin dall'inizio, propone modificazioni della fantascienza tradizionale e mostra i marziani che sono un po' dentro di noi". E' possibile che piaccia perché non c'è mai il lieto fine, le prove raccolte vengono distrutte, i due agenti ostacolati? "Certo, perché al finale ormai logoro della soluzione positiva si è sostituita l'incertezza che è un elemento tipico della cultura di oggi. E poi c'è Internet". In che senso Internet? "X-Files è una delle serie che è entrata di più in rete. Su Internet ci sono molti siti di vari telefilm e gli estimatori parlano tra di loro, si scambiano impressioni, mandano posta ai due attori. X-Files, insomma, diventa comunicazione, codice, lingua privata". Dunque nessuno stupore di fronte alle migliaia di persone in fila davanti alle due sale a Roma e Milano? "Assolutamente no. Può stupirsene solo la grande stampa dove le 'tribù' non compaiono mai. I giornali si accorgono di loro solo quando i fan - invece di guardare il telefilm alla televisione - accorrono nelle due sale per le maratone. E allora, improvvisamente, si scopre la tribù". Non le pare che la serie stia diventando un po' più truculenta? "Beh, noi amiamo il cinema truculento. In genere però i telefilm sono 'controllati', per evitare proteste, ma quando una serie 'sfonda' capita che sfugga a questi controlli". Non ci resta che aspettare Millennium, l'ultima creatura dell'inventore di X-Files. Avrà successo? "Credo proprio di sì".