Le fanfic di X-Files
Questione di speranza
Mulder scrive una lettera a Scully dopo tre mesi chiedendole perdono.Pubblicata il: 26/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: PG, da leggere con i genitori
Genere: ANGST, MRS/RSM
Sommario: Mulder scrive una lettera a Scully dopo tre mesi chiedendole perdono.
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***
Tre mesi nei quali non sospettai che la distanza facesse tanto male.
Bastò solo una telefonata per sapere dove si sarebbe diretto.
"Vado a cercarla" mi disse con voce rotta. "Non importa se è una menzogna, se è la verità, se è un ma trappola, o se è uno scherzo…"
Non ero nessuno per lasciarlo senza fede.
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Non ero nessuno per tradire la sua fiducia.
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Aprii la porta ed osservai decisamente l’uomo che stava fermo di fronte a me.
Capii immediatamente. Era lui. O meglio era di lui. Il primo segno di vita dopo tre mesi confusi. La presi come se mi bruciasse le dita. Il postino dovette pensare che ero pazza, poiché alcune lacrime esplosive uscirono dai miei occhi e qualcosa di simile ad un singhiozzo di dolore quando finalmente l’ebbi tra le mie mani.
Una lettera. Ringraziai Dio per questo.
Era sicuro, era vivo. L’avevo sempre saputo, perché la sua assenza l’unica cosa che aveva provocato in me era stato di sapere che era più vivo che mai…dentro di me.
Un allegro ciao occupava il primo rigo. Allora capii che stava bene e per quello che pareva anche felice o almeno così sembrava. Non osai continuare a leggere né le successive righe né le successive pagine, che erano piene della sua calligrafia disordinata ed ansiosa. Avevo paura, paura che si fosse dimenticato di me.
Un fuoco incominciò a bruciare nel mio petto. Sembrava rabbia, rabbia perché per tutto questo tempo era stato bene, mentre io passavo i tre mesi più infelici, disperati, tristi, dolorosi e solitari della mia vita. Stupido, scemo, insensibile!...poi scoppiai piangere. Era a prima volta che piangevo, perché avevo sempre avuto la sicurezza che sarebbe tornato, che era vivo, che non mi avrebbe abbandonato.
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Feci un sogno un sogno in aereo. Sognai Samantha. I suoi capelli ondulati le cadevano sulle spalle e mi sorrideva. Era alla fine di un sentiero verde, circondato da nuvole. Potei vedermi mentre dormivo nell’aereo. Samantha si avvicinò lentamente, con la passività di chi non aspetta niente; quando finalmente arrivò fino a me mi baciò sulla guancia e mi mise qualcosa in tasca.
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Desiderai che la risposta fosse dentro quei fogli.
“…la nostra priva volta è stata in un caffè. Io l’aspettavo ad un tavolo che stava in un angolo e che guardava la strada, per la prima volta sono stato puntuale, estremamente puntuale. Il nostro appuntamento era alle 9:30, ed io l’aspettai dalle 8:00, ti saresti sorpresa al vedermi. Ed è stato allora quando ho pensato che il tempo si era fermato, che niente era cambiato. Una ragazza dalla carnagione bianca, lunghe trecce castane ed il naso rosso per il freddo attraversava la strada diretta al caffè dove aspettavo. Mi strofinai le mani senza sapere se ero diventato definitivamente pazzo, o in realtà era una delle tante Samantha che vagavano per il mondo…si è avvicinata a me come se mi avesse conosciuto da una vita. E’ Samantha, ho pensato, deve essere lei, avevo fiducia che fosse lei…
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Tremavo quando ho messo piede a terra. Sapevo quello che mi aspettava, ero arrivato a conoscerla così bene, che sapevo quale sarebbe stata la sua reazione. Un destro sulla mascella era il meno che m’aspettavo. Ma sapevo anche che lei avrebbe compreso le mie ragioni. Tutto quello che avevo fatto è stato per lei, tutto quello che facevo è per lei…
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Mai avevo pensato che la lontananza mi avrebbe fatto tanto male. Poi dalle parole così piene di vita capii la nuova fede che guidava il tuo cammino. Capii che avevi ritrovato qualcosa che non avevi mai pensato di riavere, la speranza.
“Ora sono io quella che l’ha persa.
Ti supplico per un poco di speranza.”
“…lei mi ha parlato di te…tutti i giorni lo faceva ed i suoi occhi si riempivano di luce. Mi ha detto anche che un giorno saresti tornato, e che ci avresti trovato e saremmo stati una famiglia completa."
- Questa è stata la prima cosa che mi ha detto. E’ una bambina magica Scully, dovresti conoscerla. Per questi tre mesi non ha fatto altro che riempire la mia vita di sicurezza, d’amore, di giochi, di ricordi che io non ho mai avuto e che non ho mai pensato d’avere. Con la dolcezza della sua età è riuscita in quello in cui non sono mai riuscito da solo: dimenticare e perdonarmi. Ora sento nel mio cuore una super dose di calma, finalmente posso dormire la notte senza avere incubi, non ho più paura di dormire Scully!, e tutto grazie a lei. Mi ha raccontato della sua vita, mi ha regalato i ricordi che con pazienza e amore le aveva dato sua madre come il più prezioso dei tesori. Mi ha raccontato come Samantha aveva conosciuto suo marito, tutto ciò che ha amato fino a che una morte fugace ed intempestiva la portò via alla fine tre mesi fa.
- Samantha è morta una settimana prima che io conoscessi mia nipote, Cate è il suo nome, bello, vero? Anche se non ci credi non ho sentito pena per la sua morte, non l’ho sentita perché quello che stava davanti a me era più reale e veritiero di qualsiasi Samantha che avessi potuto conoscere. Lei era reale e per la prima volta anch’io mi sono sentito reale e parte di qualcosa di così bello…”
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Appena aperta la porta capii che Scully era stata qui. I miei pesci erano ancora vivi, i mobili erano puliti, il mio frigorifero aveva latte fresco, come se in questi tre mesi qualcuno si fosse incaricato di ricordare a questo piccolo spazio, che non era stato abbandonato, che sarei tornato e tutto sarebbe stato come prima. Ma niente sarebbe tornato ad essere come prima, di questo me ne sarei incaricato io stesso…
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Continuai a vivere con il dolore in carne viva. - Non pensai mai che la tua assenza mi avrebbe fatto tanto male. Non pensai mai che non averti era morire.
“…ti starai chiedendo che cosa ho fatto in questi tre mesi. In poche parole ti posso dire che ho vissuto, vissuto una vita che veramente mi appartiene, vivendo accanto ad un’illusione infantile a cui ho dato forma per tutti questi anni di colpa e di dubbi, accanto ad un’illusione vera, accanto ad un sogno diventato realtà. Cate ha solo 12 anni, ed è la bambina più bella, amorosa ed affettuosa che abbia mai conosciuto (starai ridendo di me e cercando un bavaglino) ma parlando obiettivamente è così. Dopo il nostro primo incontro, nel caffè, le nostre vite si sono unite, come se non fossero mai state separate. La prima cosa che le ho chiesto, è stata che mi chiamasse Mulder, la qual cosa non è stata necessaria perché bastava che mi chiamasse zio. La seconda cosa che ha fatto Cate è stata chiedermi notizie dei suoi cugini. Non ho saputo cosa risponderle. Allora lei è rimasta a guardarmi con le pupille verdi molto aperte e sorridendomi ha detto: "sono sicura che c’è una candidata molto bella che ti aspetta a Washington, zio”
- Ho potuto solo sorridere anch’io. Questa ragazzina è padrona di una sicurezza che io non ho mai avuto, anche se l’ostentavo, era parte della sopravvivenza giornaliera…
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Mi coricai nel mio letto ed un profumo conosciuto rallegrò i miei polmoni. L’immagine delicatamente distesa, persa tra le lenzuola bianche del mio ”piccolo oblio”. Anche lei era stata qui, come nella mia cucina, nel mio salotto, con i miei pesci e nel mio bagno. - Non mi aspettavo niente di meno da te, Scully.
- Ho le braccia aperte per abbracciarti.
- Ogni notte, tutte le notti in cui non sei stato qui. Perché non c’è stata notte in cui io non abbia pensato a te.
“…Starai pensando che ho trascorso i tre mesi migliori della mia vita, ma non tutto è stato così facile, tutto ha il suo prezzo…
- A volte avevo voglia di scappare. Comprare un biglietto per Washington e tornare da te. Ma ho scoperto che scappare era la cosa più codarda che potevo fare e sarebbe stato qualcosa che non ti sarebbe piaciuto. Ma veramente volevo scappare. Le prime tre settimane erano state troppo intense, troppo…felici. Avevo paura di pensare alla felicità, avevo paura di vivere la felicità, volevo scappare. A poco a poco ho pensato che stavo vivendo in paradiso, tra nuvole troppo morbide, che se ci cadi sopra ti sostengono ed il colpo non è così doloroso, in realtà non fa male niente, al contrario. Così era la mia felicità. Ma quando arrivavo al mio appartamento (ho dovuto affittare un appartamento ammobiliato, l’hotel non entrava nel mio bilancio), sapevo che avevo qualcosa in sospeso. Durante il giorno ero troppo occupato nel mio paradiso, per preoccuparmi di mettere i piedi sulla terra ferma.
- Quando lasciavo Cate a casa sua camminavo per le strade vuote della grande città. Sulla strada verso il mio appartamento c’era un belvedere, si potevano vedere tutte le luci della città, e ancora più in là. Nel fondo blu scuro delle notte potevo vedere te. Mi sentivo troppo romantico, troppo poca cosa per pensare di stare accanto a te. Poi scendevo per la strada ed incominciava ad apparire gente. Questo mi dava fastidio. Durante questi mesi sono arrivato ad un tale grado d’intimità con me stesso che la gente mi dava fastidio (starai pensando che non è poi così strano). Finalmente arrivavo al mio appartamento sentendo più che mai la mancanza del mio divano e non mi rimaneva altra scelta che coricarmi sul letto per continuare a pensare a te. In quelle notti mi sono reso conto del buono di ciò che stavo vivendo, ma mi sono reso conto anche di quello che non ho mai vissuto, di quello che non ho mai osato dirti, dei baci che non ti ho mai dato. Anche così continuavo a cercare motivi per poter continuare a stare separato da te…”
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La prima cosa che feci fu di mettere la fotografia di Cate e Samantha sul mio comodino. Non capii mai come questa foto era arrivata nella mia tasca. Forse fu la magia di Cate, forse Samantha in sogno. “Desidero dormire ogni notte vedendo i loro volti felici. Ora entrambe mi daranno la forza di iniziare una nuova ricerca, la più importante di tutte, trovare la mia vita”
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- “…ho pensato che il tempo sarebbe trascorso veloce. Avevo tre mesi prima che Cate andasse via insieme a suo padre in una nuova casa, in Scozia. E’ stato allora quando ho pensato a cosa avevo lasciato dietro di me: Il mio appartamento, il mio ufficio e la cosa più importante….te.
- Volevo stare con te, desideravo più di qualsiasi cosa al modo dividere questi tre mesi con te. Ho sentito la tua mancanza tanto, tanto, tanto che arrivava a fare male. Ma tu eri l’unica cosa che mi poteva tener lontano da lei. Sapevo di non poter vivere questi tre mesi distante da te, sapevo che come sempre sarei stato vigliacco e mi sarei rifiutato di vivere quello che dovevo vivere, quello che sempre ho desiderato vivere, fosse anche solo un sogno di tre mesi. Ed è stato allora quando ho deciso di eliminarti dalla mia mente, non ci sarebbero state telefonate, non ci sarebbero state lettere, perché se qualche volta avessi osato fare il tuo numero di telefono o scrivere il tuo nome, non avrei resistito. Mi sono immaginato senza di te. Ho immaginato di non ascoltare la tua voce vellutata di notte che mi chiedeva di dormire, m’immaginai senza di te…questo è il prezzo che devo pagare, e so che ho corso un grande rischio.
- Di notte non posso dormire più, non per paura degli incubi, ma perché immagino cosa stai facendo e pensando…di me. Di me e della mia improvvisa assenza.
- Malgrado questo spero che tu mi perdoni, che comprenda e che abbia fiducia in me, perché io confido solo in te.
- F.W.Mulder
(spooky)
- “No il tempo non trascorre nè veloce nè lento. Semplicemente è come deve essere e le ore sono ore, come i minuti ed i secondi. A cosa stavi pensando Mulder, che stavi pensando?”
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Misi la chiave nella serratura e qualcosa mi parve diverso. Potei verificarlo appena misi piede nell’appartamento. Una giacca di pelle nera occupava il divano e subito sotto una piccola valigia. Il mio cuore incominciò a battere troppo in fretta per non sentirlo. Le mie gambe divennero gelatina non potei lasciare il pomo della porta, era l’unica cosa che mi sosteneva. Quando riuscii a fare un passo, almeno fino al divano, un impulso irriverente mi fece prendere in mano la pelle scura che mi era tanto mancata ed assorbire un odore conosciuto. - Mulder.
- Era il suo odore, era Mulder, Mulder, Mulder.
- La seconda cosa che mi venne in mente fu che non mi ha chiamata per accoglierlo, per andarlo a prendere all’aeroporto. La terza che pensai fu che se non l’aveva fatto era forse perché non aveva desiderio di vedermi.
- Non permisi che venisse fuori il quarto pensiero. Come quando ho avuto tra le mani per la prima volta i fogli infiniti della sua lettera, le lacrime esplosero.
- Era la seconda volta che piangevo con tanto dolore.
***
La luce proveniva dal salotto. Non mi spaventai perché sapevo chi era ed ovviamente non un ladro. La vidi con le lacrime che inondavano le sue guance. Le mie lacrime fecero la stessa cosa dentro di me. Mi fermai sulla cornice della porta solo per osservarla.
- No Mulder il tempo non trascorre veloce, il tempo è come deve essere, niente di più e niente di meno.
- Ho preteso di sfidare le leggi della fisica, ma non ci sono riuscito.
Cercai di scherzare. Lei sorrise solamente e girò lo sguardo verso di me. Corsi accanto a lei e l’unica cosa che potei fare fu di prendere il suo viso tra le mani e chiederle perdono.
- Perdonami, perdonami, perdonami.
- Supplicai. Era l’unica cosa che sapevo dire in quel momento. Poi ci guardammo per un secondo. Prima di averla davanti a me credevo di aver dimenticato quello che mi dicevano le sue pupille azzurre. Grazie a Dio non l’avevo fatto. Continuava a stare con il viso tra le mie mani umide per le lacrime, e la baciai, con un dolce sfiorare di labbra.
Con la paura della prima volta. - Poi la serenità di questo primo momento divenne una marea senza freno e non potemmo smettere di baciarci, in tutti i modi che potemmo immaginare, sognare e scoprire.
Assaporai il cioccolato, il sale, l’acido e perfino l’amaro.
E quando l’immaginazione dei baci finì, demmo spazio alle carezze crescenti che dettero calore alla notte fredda che si approssimava dalla finestra.
Accarezzai il calore del sole, la profondità del mare, la porosità della sabbia.
Assaporai e accarezzai la felicità, l’amore ed il piacere.
Scoprii un nuovo pezzetto di cielo dentro di me, un pezzetto dolce, caldo, appassionato, il mio pezzetto di cielo azzurro.
*** - L’odore del caffè appena fatto mi svegliò nel modo più bello che avessi mai sognato. Per qualche momento mi fece credere che stavo sognando.
Non stavo nel mio letto, non indossavo i miei vestiti, per meglio dire stavo senza i miei vestiti, e mi accompagnava, mi allietava e agitava una sensazione di felicità, una sensazione che avevo dimenticato tre mesi prima. Cercai tra le lenzuola disordinate qualcosa che coprisse il mio recente pudore. Dando uno sguardo per la stanza mi resi conto che i miei vestiti stavano perfettamente ordinati su una sedia. Non ricordavo d’averli lasciati in quella posizione. Cominciai a ricapitolare la notte precedente cercando di riportare ricordi alla mia mente; ricordavo lacrime, qualche parola che chiedeva perdono, baci dolci e poi tutti i miei ricordi erano gemiti, di piacere, di tempeste, di lampi inaspettati, di luce, di calma e sfrenatezza.
Un bacio sulle labbra mi ricordò tutto quello che non avevo ricordato.
Mulder.
Il nostro primo bacio della nostra prima mattina insieme.
Mulder solo con i pantaloni, io avvolta solo in un lenzuolo. Sorrise con la malizia che lo caratterizza.
- Ancora non mi hai risposto - disse un poco più serio. Non mi piacque il suo tono di voce. Potei solo sollevare un sopracciglio.
- Mi perdoni?
- Prima non avevo pensato al perdono. Nemmeno avevo messo in questione questa parola, perdono.
- Decisi che non dovevo perdonarlo. E’ vero che erano stati tre mesi, dolorosi, troppo dolorosi, ma non volli continuare a pensare a ciò che era successo, detti spazio a ciò che era importate: lui stava accanto a me. Decisi che non ero nessuno per togliergli la speranza, la sua fede. Allora lo guardai e cercai d’imitare il suo sorriso di prima.
- Cosa sei disposto a fare per ottenerlo?
Si avvicinò lentamente fino a me, con un mezzo sorriso sulle labbra, troppo sexy per i miei gusti.
- Posso fare quello che vuoi - disse sedendosi accanto a me, toccandomi con la punta delle dita un ginocchio che sporgeva tra le lenzuola. Un colpo elettrico mi percorse dalla fibra dei capelli fino alla punta dei piedi.
Un invito irriverente, un invito stile Mulder.
- Allora….voglio… - feci un gesto con la mano per invitarlo ad avvicinare di più il suo viso al mio. Finchè i nostri nasi si stavano quasi sfiorando.
- …voglio che mi prepari la miglior colazione del mondo e che me la servi qui, nel letto.
- E che cosa le piacerebbe mangiare, signorina - Scherzò, con tono amabile.
- Mi basta una cosa sola.
- Quale?
- Tu.
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